L'associazione in difesa dell'autogestione parla di disinformazione e punta il dito contro il Municipio: «Svilita l’esperienza socioculturale che da anni dà vita a quel luogo»
LUGANO - «Come associazione che difende il principio dell’autogestione non possiamo che biasimare il Municipio e la maggioranza del consiglio comunale per come stanno gestendo il futuro del sedime dell’ex macello!». Così Bruno Brughera, Portavoce di AIDA, associazione in difesa dell'autogestione.
«Hanno scelto di mettersi muro contro muro senza capire che questa contrapposizione farà male a tutti - prosegue Brughera in una nota stampa -. La fuga in avanti del sindaco Borradori, che ha annunciato l’imminente disdetta della convenzione, non fa che peggiorare le cose». Per AIDA infatti, se c’era un filo che teneva legate le due parti, ora non c’è più niente, «solo rabbia e frustrazione».
«Tempo fa - prosegue ancora Brughera -, il vicesindaco Bertini rassicurava i giovani liceali sulla volontà di dare loro l’opportunità di frequentare il centro autogestito». «Non sarà certo l’istituzione di una commissione speciale come quella annunciata a risolvere ora il problema - aggiunge -. È sconcertante che vi siano inseriti solo dipendenti del comune e rappresentanti del cantone (e dove la presenza di un poliziotto non ha ragione di esistere) senza cercare di coinvolgere gli attuali inquilini e contemplare la partecipazione di rappresentanti della società civile».
Per AIDA, inoltre, quanto fatto fino ad ora è stata solo disinformazione. «Si sono usati dei pretesti per denigrare la vera essenza di questa esperienza autonoma, facendo credere all’opinione pubblica che ci fosse una situazione di violazione permanente della legalità, che andava ripristinata il prima possibile. Sintomatica l’esternazione del vicesindaco che plaude all’esito della votazione in consiglio comunale dicendo: abbiamo ridato il macello ai luganesi! Già perché chi gestisce e frequenta sono degli usurpatori venuti da chissà dove...».
AIDA non nasconde che una parte delle argomentazioni del Municipio – lo stato fatiscente degli stabili e l’urgenza di un restauro – poggi su basi oggettive, «ma l’altra parte – la necessità di offrire ai cittadini nuovi spazi di carattere culturale e sociale escludendo però l’autogestione – svilisce e nega proprio l’esperienza socioculturale che da anni dà vita a quel luogo».
L'associazione si mette quindi a disposizione per mediare, ma teme che «il generale irrigidimento delle posizioni, inasprito dalla posizione assunta dalla città, non lasci veri spazi di manovra».