Franco Boroni, 65 anni, ha ingaggiato un'interminabile battaglia legale. E nel frattempo è logorato dal mal di denti
AGNO - Franco Boroni avrebbe poco da ridere, di per sé. Ma comunque non può farlo. Da quattro anni affronta una causa legale interminabile: nell'attesa non può masticare, suonare il sax, né parlare troppo a lungo. Se gli capitasse di sorridere della propria sorte, sentirebbe subito una fitta dolorosa alla mascella.
«È una lunga storia». Il 65enne di Agno si è rivolto agli avvocati nel 2017, a seguito di un'operazione dentaria. Il suo incarto è su una scrivania (o in un cassetto) della Pretura di Lugano, in attesa di una decisione.
Tutto è iniziato nell'estate 2015. Boroni masticando si rompe un ponte. Si rivolge a un dentista della regione, che gli propone di asportare dieci denti e realizzare due protesi: una per la mascella superiore, l'altra per quella inferiore. «Mi sono fidato» racconta il 65enne. «Ho acconsentito al trattamento, non immaginavo cosa mi attendesse».
Il risultato è disastroso. Le protesi presentano «una distanza di quasi un centimetro dalla gengiva» si legge in un resoconto redatto dalla Commissione arbitrale della Società ticinese dei dentisti (Sso), a cui Boroni si è rivolto nel 2017. Nel frattempo il 65enne si è fatto realizzare un secondo paio di protesi "riparatrici", dallo stesso professionista: ma «anche queste erano difettose, mi si sono staccate dopo un'ora» racconta. «Le ho immediatamente restituite, e mi sono rivolto a un avvocato».
Inizia una causa privata. Ma il "mal di denti" di Boroni – che beneficia dell'invalidità – diventa anche un affare pubblico: è il Cantone, tramite lo Ias, a pagare la prestazione mal fatta. Il 65enne e il suo avvocato hanno presentato un esposto (tuttora pendente) alla Commissione di vigilanza sanitaria. «Lo Stato ha pagato per una prestazione ridicola, che mi ha causato solo danni» protesta il paziente.
I legali del dentista "incriminato" si sono opposti alla richiesta. Contattati, non commentano la vicenda e si limitano a sottolineare che «sul caso è ancora attesa una perizia giudiziale». La palla passa dunque agli esperti incaricati dalla Pretura. Che dovranno stabilire se, effettivamente, sussistono gli estremi per un risarcimento.