Il presidente della Società Ticinese Apicoltori: «Possibile un aumento dei costi».
L'invito resta comunque a consumare miele locale: «Rispetto ai mieli d’importazione è certamente più "vivo"».
LUGANO - Il maltempo, quest'anno, ha tarpato le ali alle api che, non potendo raccogliere il nettare, non hanno potuto impollinare i fiori. Conseguenza? Quest'anno di miele, in Svizzera, se n'è raccolto poco. I dati forniti da apisuisse parlano chiaro: il raccolto medio primaverile è stato di 1,9 chili per colonia. Per fare un confronto, solitamente se ne raccolgono 11,2 chili. È andato leggermente meglio il raccolto estivo medio: 5,3 chili contro i 18,7 chili dell'anno precedente.
Miele d'acacia: «poco e niente» - Il Ticino tutto sommato se l'è cavata, ma gli apicoltori della Svizzera italiana non possono comunque cantare vittoria. «Non siamo usciti con le ossa rotte, ma è stato comunque un anno negativo», ammette Davide Conconi, presidente della Società Ticinese Apicoltori (FTA).
Anche alle nostre latitudini, infatti, le arnie hanno subito le conseguenze delle gelate primaverili: «Il raccolto sulla robinia, che permette la produzione di quello che comunemente è chiamato miele di acacia, è stato praticamente inesistente. È venuto a mancare un miele importante dal punto di vista commerciale e fondamentale in quanto "calcio d'inizio" della stagione riproduttiva delle api».
L'handicap ha costretto gli apicoltori a correre ai ripari: «Hanno dovuto nutrire in modo intensivo le colonie per non rischiare di perderle». Questo succedaneo del cibo vero ha permesso a malapena il loro sostentamento: «Al posto dei melari, adibiti a raccogliere il miele, si vanno a inserire delle scodelline con all'interno dello sciroppo zuccherino. Ovviamente le api non possono vivere un anno intero a sciroppo di zucchero, che resta alimento povero di nutrienti».
In estate bene, ma non benissimo - Contrariamente a quanto accaduto in svizzera interna, in Ticino la stagione estiva ha permesso di tamponare le perdite subite in partenza: «Durante la fioritura del tiglio o del castagno le condizioni meteo sono state più generose. Così si è salvato quello che è il raccolto principale del Ticino, anche se non è stato comunque eccellente. A nord delle Alpi, invece, le cose non sono andate altrettanto bene proprio perché questa grande fioritura di tigli e castagni non c'è».
Miele più caro - Tutto ciò, inevitabilmente, andrà ad incidere sul costo del miele: «Soprattutto presso la grande distribuzione, che ha contratti con grandi distributori e che registrerà un calo delle forniture - suppone il presidente di FTA -. Immagino che il piccolo produttore, che vende direttamente al privato, preferirà sobbarcarsi i costi mantenendo inalterato il prezzo del prodotto per mantenere inalterato il rapporto di fiducia e di amicizia con il proprio cliente».
Per Conconi, il prodotto locale resta comunque da privilegiare: «Quando si trovano nei supermercati dei mieli a basso costo, si deve considerare che questi arrivano dall’estero e subiscono diverse lavorazioni prima di finire sugli scaffali. Il miele ticinese, ma anche quello svizzero - quindi con una filiera corta - è in sostanza un prodotto più "vivo", preferibile dal punto di vista organolettico».
A fare la differenza del prezzo, poi, anche la qualità di miele prodotto: «Non sono tutti uguali. Penso al miele di rododendro, che si raccoglie in montagna, è raro e molto soggetto alle condizioni meteo. Ovviamente il suo costo non potrà essere lo stesso di un miele d’acacia o di castagno».
In tutto ciò, la protagonista resta l’ape, che non se la sta passando benissimo negli ultimi anni: «Si tratta di una specie che fatica ad adattarsi al cambiamento climatico, così come alla cementificazione e all’uso di pesticidi chimici. Una specie che, ma ormai lo sappiamo tutti, va tenuta in seria considerazione e va protetta».