Per l’avvocato Elio Brunetti, il figlio di 29 anni «non ha avuto nessun ruolo attivo» nell’uccisione del fiduciario
LUGANO - Diciannove anni per Pasquale Ignorato. Sedici e mezzo per il figlio. È una condanna per assassinio quella chiesta dall’accusa nei confronti dei due imputati - Pasquale Ignorato e il figlio di 29 anni - a processo per il delitto di via Valdani. Ora tocca però alla difesa.
«Per il mio assistito, la notte del 27 novembre 2015 è stata un incubo e ora si trova costretto a rispondere di azioni non sue» esordisce dunque l’avvocato Elio Brunetti, difensore del 29enne accusato di assassinio. «I fatti accaduti quel giorno hanno avuto un epilogo terribile per il fiduciario. Un epilogo che pesa sulla coscienza del giovane».
«Non c’era nessun coltello» - Nell’intento di dimostrare l’estraneità del 29enne dai fatti, il difensore si china in particolare sull’ipotizzata presenza di due armi: l’accusa sostiene, infatti, che oltre al tubo metallico usato dal padre Pasquale, ci sarebbe stato anche un oggetto tagliente. Un oggetto, quest’ultimo, che tuttavia non è mai stato ritrovato.
«Il confronto delle perizie non dimostra in alcun modo che il giovane fosse in possesso di tale arma, in quanto nessuna delle ferite riscontrate può essere stata inferta da un’arma da punta e taglio» afferma Brunetti. «Ma sono tutte compatibili con la spranga». In ogni caso, «la presunta ferita da taglio non è stata letale».
L’avvocato non risparmia critiche all’operato degli inquirenti, che hanno «liberato la salma» della vittima dopo «le prime e superficiali conclusioni» del medico legale. Una decisione, questa, che «ha precluso alla difesa di avvalersi di un mezzo di prova». Ma due perizie successive, basate sulle fotografie scattate durante l’autopsia, «hanno fortunatamente permesso di confermare che le ferite non erano da arma da punta e taglio».
Ignaro delle intenzioni del padre - Quella sera - spiega l’avvocato - il giovane aveva previsto di uscire con degli amici, «non era minimamente a conoscenza dei piani del padre», che gli aveva però chiesto di stare con lui e di accompagnarlo al parcheggio. Il motivo? Voleva fare «un dispetto» alla moglie, con cui aveva in precedenza avuto una discussione, «nascondendole l’auto». Il giovane «ha semplicemente obbedito».
L’incontro «casuale» - Una volta arrivati nel parcheggio, i due si trovavano a bordo dell’auto quando il padre Pasquale ha visto sopraggiungere il fiduciario. E ha invitato il figlio ad aspettarlo, mentre lui sarebbe uscito con l’intenzione di parlargli per chiedere una proroga del contratto di locazione che era stato disdetto. Una questione, questa, su cui il 29enne non sarebbe nemmeno stato al corrente.
Il sangue e la fuga - Il giovane ha sentito delle grida all’esterno dell’auto. Ed è sceso dalla vettura, per tentare di dividere i due litiganti. Ma quando il padre ha colpito una seconda volta il fiduciario, sul volto di quest’ultimo ha iniziato a scorrere del sangue. Il 29enne è andato «in panico» ed è fuggito. «Non ha avuto nessun ruolo attivo». E la sua permanenza nel garage è durata «al massimo un paio di minuti», come rilevato da una ricostruzione effettuata in seguito. Una testimonianza confermerebbe, inoltre, che quando il giovane si è allontanato, la vittima era ancora viva.
Ma se lui non ha colpe, per quale motivo si è rifugiato in Italia e ha poi seguito il padre fino in Campania? «È stata una scelta sbagliata, dettata da comprensibile paura e dallo shock per quanto successo» osserva il legale del giovane.
L’intervento di Elio Brunetti proseguirà alle 13.45.