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«Nessun sopralluogo, la vittima l'abbiamo incontrata casualmente»

CANTONE«Nessun sopralluogo, la vittima l'abbiamo incontrata casualmente»

15.12.21 - 13:05
La versione degli Ignorato sul fatto di sangue nel garage di via Valdani
Ti Press (archivio)
«Nessun sopralluogo, la vittima l'abbiamo incontrata casualmente»
La versione degli Ignorato sul fatto di sangue nel garage di via Valdani

LUGANO - Il giorno precedente era stato fatto un sopralluogo per determinare i movimenti della vittima. Poi il 27 novembre 2015, il delitto: Pasquale Ignorato e il figlio di 29 anni sono entrati in azione nel garage sotterraneo di via Valdani a Chiasso per uccidere il fiduciario Angelo Falconi.

Questa è la ricostruzione fatta dalla procuratrice pubblica Marisa Alfier, che ipotizza, in via principale, il reato di assassinio nei confronti dei due imputati da oggi a processo davanti a una Corte delle Assise criminali di Mendrisio, riunita a Lugano e presieduta dal giudice Marco Villa.

La versione degli imputati - Ma i fatti sarebbero andati diversamente, come dichiarato dagli Ignorato nel corso dell’inchiesta e confermato oggi in aula. «Non abbiamo atteso Falconi». L’incontro con il fiduciario sarebbe infatti stato «del tutto casuale». E il padre lo avrebbe avvicinato e avrebbe iniziato a discutere con lui. Animatamente, con tanto di insulti.

Spunta un tubo metallico - Il fiduciario avrebbe quindi aperto il bagagliaio della sua auto per prendere un tubo metallico. Pasquale si sarebbe sentito provocato e, dopo essere stato colpito almeno una volta all’avambraccio, sarebbe riuscito a impossessarsi dell’arma per difendersi.

Il ruolo del figlio - Soltanto in quel momento sarebbe dunque intervenuto il figlio, che avrebbe tentato di dividere i due. Ma dopo un ulteriore colpo alla testa, la vittima avrebbe cominciato a perdere sangue. E il padre avrebbe invitato il figlio ad andarsene. Il 29enne sarebbe dunque scappato. «Io ho solo cercato di dividerli, è l’unico contatto che ho avuto con loro» spiega il giovane.

Il padre Pasquale avrebbe quindi continuato a colpire il fiduciario. E dopo un ultimo colpo alla nuca, si sarebbe allontanato. «Quando me ne sono andato, era in ginocchio ed era ancora vivo». Ma secondo la polizia scientifica e il medico legale, gli ultimi colpi sarebbero stati inferti quando la vittima era a terra inerme. «Di quella sera - aggiunge allora il padre - il primo colpo ce l’ho ben impresso e la reazione di Falconi, e non mi aspettavo che reagisse, tutto il resto è buio. Il risultato finale non era nelle mie intenzioni».

Un sopralluogo? «Stavo riempiendo il tempo» - Non ci sarebbe quindi stata premeditazione, secondo la versione fornita dai due imputati. Eppure la sera prima il figlio si trovava nei pressi della rampa del parcheggio sotterraneo dello stabile in cui si trovava l’ufficio del fiduciario. Una presenza, la sua, durata oltre un’ora, come si evince dalla videosorveglianza situata in loco. «Stavo riempiendo il tempo nell’attesa di incontrare poi degli amici» spiega in aula il 29enne. «Non ho visto nessuna auto uscire, non stavo facendo un sopralluogo».

A chi apparteneva il tubo? - I due imputati insistono sul fatto che, quella sera del 27 novembre 2015, il tubo metallico era spuntato dal baule dell’auto del fiduciario. Tuttavia diversi testimoni hanno affermato, in corso d’inchiesta, che il fiduciario non avrebbe mai tenuto simili attrezzi nella sua vettura e non avrebbe nemmeno avuto motivo di farlo. Per ogni attività di bricolage, ricorreva «sistematicamente» a un’altra persona. Inoltre non è chiaro come Pasquale sia riuscito a impossessarsi del tubo.

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