Sono 229 i progetti fermati da opposizioni in Ticino. Claudio Zali: «Vogliamo garantire i diritti dei cittadini»
Ma la Commissione delle telecomunicazioni sollecita i Cantoni. Marco Romano: «Ticino in grave ritardo, ostaggio di una minoranza»
BELLINZONA - La "g" maiuscola in 5G sta evidentemente per "grane". O "gabole". Opposizioni, petizioni e ricorsi non mancano di accumularsi per ogni antenna progettata o potenziata: ne sanno qualcosa all'ufficio tecnico di Magliaso, subissato quest'estate da oltre trecento firme contrarie a un progetto presentato da Swisscom. E in quello di Belfaux (FR) dove ai residenti ostili si è unito nientemeno che il cittadino Alain Berset.
Grane e gabole in tutta la Svizzera, ma soprattutto ticinesi. Nel nostro Cantone sono 229 le domande di costruzione ferme per opposizioni, secondo dati della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni (Ctt) del Consiglio nazionale. Con il 53 per cento di richieste approvate «siamo uno dei cantoni che procedono più a rilento» lamenta il membro della Ctt Marco Romano.
Alcune antenne sono sulla carta da anni: 67 domande di costruzione pendenti risalgono al 2020, altre 60 a prima. Dopo lo scoppio della pandemia i numeri calano lievemente (52 nel 2021, 50 quest'anno) ma il ritardo resta «preoccupante» secondo Romano. «È chiaro che c'è una paura politica nell'approvare i progetti. Questo per colpa una minoranza rumorosa che rischia di causare un danno alla maggioranza dei cittadini e allo sviluppo del territorio».
Le decisioni sui singoli progetti sono dei Comuni, ma anche il Cantone è chiamato in causa. In primavera la Confederazione ha raccomandato di semplificare le procedure edilizie (riducendo il margine d'opposizione). Il governo ticinese ha risposto picche. I numeri del ritardo non fanno vacillare il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali: «Ci sono tante opposizioni? Vuol dire che è un tema sensibile. La nostra priorità - commenta - è tutelare i diritti dei cittadini in base alla legge edilizia». Le preoccupazioni sanitarie non c'entrano, assicura il ministro: «Non è compito nostro dire se le antenne fanno male, spetta semmai alla Confederazione». "G" come "garantismo". Ma non come "governo".