«Mi auguro che le strutture sociosanitarie impongano comunque la mascherina», così il medico cantonale Giorgio Merlani.
BELLINZONA - Il Ticino si lascia indietro anche le ultime misure pandemiche. Da oggi nelle strutture sociosanitarie la mascherina non è più obbligatoria. E anche i dati settimanali sui casi Covid non saranno più pubblicati. Annunciate oggi dal Dss, queste novità stanno già facendo discutere: Tio/20minuti ne ha parlato con il medico cantonale Giorgio Merlani.
Dopo la revoca di quest’ultima misura possiamo considerarci, almeno a livello ticinese, a tutti gli effetti fuori dalla pandemia?
«No. La pandemia è globale, quindi la sua fine potrà essere stabilita solo dall’OMS. In ogni caso non mi aspetto che arrivi un giorno in cui si dirà “oggi è finita”, sarà un processo graduale. È però vero che, a differenza di quanto accade in Cina, in Ticino la situazione è più stabile. Tengo poi a sottolineare che nelle strutture sociosanitarie la mascherina non verrà abbandonata, semplicemente non è più legalmente obbligatorio metterla».
Negli ultimi anni alle prime avvisaglie di tosse o raffreddore sospettavamo di avere il Covid e andavamo a testarci. Oggi può essere considerato eccessivo?
«Secondo le analisi delle acque reflue il Coronavirus circola ancora in modo abbastanza importante. Rimane dunque ancora molto probabile che chi presenta sintomi adesso abbia effettivamente il Covid. Quello che però va capito è che poco cambia: anche altri virus, come l’influenza o l’RSV, sono contagiosi e possono avere conseguenze nefaste, soprattutto tra i più vulnerabili. Il principio, Covid o meno, è dunque lo stesso: se si hanno sintomi bisogna evitare il contatto con altre persone, stare a casa e curarsi. È importante che il presenzialismo a tutti i costi, che prima della pandemia poteva essere percepito come positivo da un datore di lavoro, ora si guardi in modo negativo».
A cosa possiamo attribuire l’importante calo dei contagi riscontrato nelle acque reflue e quello delle ospedalizzazioni? Si può finalmente parlare di immunità di gregge?
«È probabile che la variante al momento in circolo abbia esaurito un po’ la sua forza. Tra infezioni e reinfezioni, vaccinazioni e richiami, non è più in grado di contagiare grossi numeri. Siamo diventati più resistenti, quindi non ci ammaliamo o ci ammaliamo in forme blande. Questa è però la situazione attuale: se dovesse arrivare una nuova variante potrebbero crearsi nuove ondate e il discorso cambierebbe. Quindi no, non possiamo dire di aver raggiunto l’immunità di gregge».
Teme che l'aumento dei casi in Cina possa rappresentare un pericolo anche per noi?
«Il virus circola anche qui, quindi non è l’arrivo di un turista cinese positivo che porterebbe la situazione epidemiologica a peggiorare. La variante che sta circolando in Cina, inoltre, è Omicron, con la quale noi abbiamo già avuto a che fare. Quello che mi preoccupa è che la popolazione cinese conta circa un miliardo e mezzo di abitanti: l'accelerazione delle infezioni potrebbe quindi far apparire nuove varianti. In Cina il tasso di vaccinazione è però basso, è quindi probabile che se sul loro territorio dovesse emergere una nuova variante, quest'ultima sarebbe già coperta dai nostri vaccini».
I dati relativi ai contagi non saranno più aggiornati. Questo perché, dato che i test non sono più gratuiti, non sono da considerare attendibili. Quelli riguardanti ospedalizzazioni e decessi verranno ancora pubblicati?
«Sì, ospedalizzazioni e decessi continueranno a essere pubblicati e lo saranno finché saranno considerati interessanti dal punto di vista numerico e comunicativo. Per quanto riguarda invece i contagi, da oggi verrà riportato un dato settimanale sulla prevalenza del virus nelle acque reflue. Un link rimanda inoltre ai dati raccolti dall’UFSP».
La mascherina resta raccomandata per i professionisti della sanità e i visitatori delle strutture sociosanitarie, di questo passo sarà raccomandata per sempre?
«Non credo che sarà raccomandata per sempre, tutto dipende dall’andamento epidemiologico, dalla maturità del sistema e dalla responsabilizzazione delle persone. A partire dalla prossima stagione fredda le mascherine verranno probabilmente tenute solo in situazioni e contesti particolari, come nel contatto con pazienti oncologici e nei reparti isolati».
Pensa che gli ospedali, le cliniche e le case anziani sceglieranno di continuare a imporre la mascherina al personale?
«Me lo auguro. Non ne saranno felici tutti gli operatori sanitari, ma mi aspetto che la situazione resti pressoché invariata senza che debba essere il medico cantonale a imporre la mascherina con lo spauracchio della direttiva e di una possibile sanzione. L’auspicio è che le strutture dicano comunque al personale “tenete la mascherina” e che i dipendenti stessi continuino di loro iniziativa a portarla. Ritengo che questo sia assolutamente sensato e adeguato, almeno fino a marzo. Non escludo che con l’avvento della primavera il tutto venga alleggerito e che vengano emesse delle raccomandazioni specifiche a reparti o tipologie di ospiti particolarmente vulnerabili».
Che differenza c’è, quindi, tra la direttiva che è stata in vigore fino a ieri e la raccomandazione attuale?
«Siamo passati da un obbligo legale a un caldo invito. Di fatto la differenza è molto sottile. Da un lato questo cambiamento è da ricondurre al fatto che la situazione epidemiologica non è più tale da giustificare il mantenimento di un obbligo, dall’altro lato però la misura viene comunque fortemente consigliata. E questo non solo dall’Ufficio del medico cantonale, ma anche dalle norme della buona pratica clinica e dall’evidenza scientifica».