Il Ceo della Posta Roberto Cirillo si esprime sui salari
LUGANO - La funzione di un presidente della direzione della Posta è ben diversa da quella di un portalettere, è quindi giusto che guadagni anche oltre dieci volte di più: è l'opinione del Ceo dell'azienda postale Roberto Cirillo, che torna anche sulle polemiche suscitate dalle sue dichiarazioni sull'orario di consegna dei giornali.
«Non ho problema a parlarne», afferma il dirigente in un'intervista pubblicata oggi da La Domenica, in relazione alla remunerazione (822'000 franchi nel 2022) che riceve in quanto numero uno dell'impresa federale. «Il mio stipendio è lo stesso dall'inizio, il contratto non è cambiato di una virgola e prevede una parte variabile», aggiunge il manager in carica dall'aprile 2019. «Non credo che il mio ruolo debba essere remunerato come quello di un postino, il rapporto è di 1 a 15, non 1 a 300, mi sembra corretto».
All'intervistatore che gli chiede se, a differenza del consigliere federale Ignazio Cassis, legga i giornali, Cirillo spiega che li consulta online. «Ho cinque abbonamenti a giornali svizzeri e internazionali», afferma. «Inizio all'alba e vado avanti a sprazzi nel corso della mattina, poi la sera in treno: sono quello che si dice un lettore forte».
«Sono un grande sostenitore del diritto all'informazione e penso sia una questione fondamentale, di cui la politica deve occuparsi seriamente. Ma non deve essere relegata a un problema operativo, a carico della Posta». Ecco quindi la proposta di eliminare il limite delle 12.30 per la consegna dei quotidiani: un'idea avanzata questa settimana a mezzo stampa (intervista al Blick) che ha suscitato diverse reazioni, in particolare in Ticino, cantone che ha ancora due quotidiani.
«Nel resto della Svizzera le assicuro che il problema è meno sentito», afferma il 52enne laureato in ingegneria meccanica presso il Politecnico federale di Zurigo e che parla fluentemente cinque lingue. «E infatti in altre regioni, dove le consegne del mattino vengono eseguite dagli editori o da spedizionieri privati, non c'è stata la stessa reazione».
Secondo il dirigente il limite per la consegna della stampa, introdotto nel 2021, comporta uno sforzo organizzativo. «I turni di lavoro e le risorse umane vanno gestite di conseguenza e questo si traduce in un costo che, con il passare del tempo, ha sempre meno senso».
«La politica deve decidere cosa fare, non con la distribuzione dei giornali ma con l'informazione, e avere un piano a lungo termine. Non si può continuare a mettere un 'cerotto' tramite la Posta su una questione importante come questa che - sono il primo a dirlo - è cruciale in un sistema democratico», argomenta l'intervistato. «Non è compito della Posta mettere 'cerotti', soprattutto quando questi costano un centinaio di milioni all'anno di perdite. Non fa parte del nostro mandato».
E ancora: «Siamo un'azienda di proprietà della Confederazione che deve autosostenersi finanziariamente. La Posta deve ottimizzare i servizi ed evitare sprechi, reinvestendo gli utili nel servizio pubblico». Utili come quello dell'anno scorso (295 milioni) «per un'azienda con un fatturato di 7 miliardi non sono niente, le assicuro: dobbiamo reinvestirli costantemente per rinnovarci».
Da quando lei è al timone - insiste il cronista - crede che l'opinione degli svizzeri sul servizio postale sia migliorata? «Purtroppo no. Il servizio è migliorato ma la gente è legata a un'idea vecchia della Posta», risponde il Ceo. «C'è una discrepanza. Accettare i cambiamenti non è facile». Passerà alla storia come quello che voleva togliere i giornali dai bar? «C'è questo rischio. Ma passerò anche come quello che ha introdotto l'e-voting in Svizzera, la posta elettronica e la scheda elettronica del paziente. A un certo punto uno deve decidere per cosa vuole passare», conclude il manager.