La replica del primario di Ematologia dello IOSI sull'esplosione dei costi: «Tagliare il numero di ospedali e usare più biosimilari»
BELLINZONA - È di qualche giorno fa il nostro articolo sulle possibili anomalie rintracciate all'interno del sistema sanitario svizzero da Carlo Gambacorti-Passerini, direttore del reparto di Ematologia dell'Ospedale San Gerardo di Monza. Le sue osservazioni erano nate in relazione all'ennesimo rincaro dei premi di cassa malati. Georg Stüssi, primario Ematologia Istituto oncologico della Svizzera italiana (IOSI) ha deciso di fare chiarezza.
«Innanzitutto - afferma Stüssi a tio/20 Minuti - a livello mondiale, il nostro sistema sanitario è uno dei migliori. Questo perché garantisce ai pazienti accesso rapido a terapie innovative. In particolar modo nell’ambito delle malattie tumorali, assicurando la migliore presa a carico di questi malati. Un buon sistema che tuttavia crea costi. Ne siamo consapevoli. Anche perché tra i responsabili dell’aumento della spesa sanitaria ci sono proprio le terapie moderne che costano sempre di più».
Dottore, in Ticino si prescrivono pochi farmaci generici, è così?
«All’Istituto oncologico della Svizzera italiana (IOSI) lo facciamo regolarmente per tutti i pazienti, anche per quelli affetti da leucemia mieloide cronica (CML). Tanto è vero che negli ultimi dieci anni non ho mai impostato un nuovo piano terapeutico con un farmaco “di marca”».
Allora perché sembra esserci una certa resistenza da parte dei medici?
«Il nostro è uno tra i cantoni più virtuosi nell’uso di farmaci biosimilari. Questo grazie a un’iniziativa promossa dall’Ente ospedaliero cantonale (EOC). Ci stiamo muovendo in questa direzione. Non nascondo comunque che, da un certo punto di vista, la Svizzera sia indietro rispetto ad altri Paesi nella loro implementazione. Ma il problema di fondo è che i generici qui costano spesso di più rispetto ad altri Paesi. Un problema che va affrontato dalla Confederazione».
Essendo la Svizzera il Paese delle industrie farmaceutiche, queste fanno pressione sui medici affinché prescrivano un farmaco piuttosto che un altro?
«Come tutte le ditte, indipendentemente dalla provenienza svizzera o meno, hanno un interesse commerciale a vendere i farmaci».
È stato fatto notare che in Ticino non esiste un vero centro specializzato nelle malattie ematologiche rare o non frequenti, come la CML, è davvero così?
«Esiste, ed è lo IOSI. D’altro canto, c’è da dire che la CML è una patologia particolare e che il suo trattamento avviene quasi esclusivamente ambulatorialmente. È quindi necessaria una rete di gestione capillare sul territorio, presente nel nostro cantone. Tra oncologi si discute caso per caso, in modo da assicurare l’ottima presa a carico dei pazienti».
Le casse malati sono spesso accusate di non fare egregiamente il proprio lavoro e di guardare al proprio tornaconto economico, privilegiando il rimborso di farmaci costosi piuttosto che controlli necessari, indicati dalle linee guida internazionali. È un modus operandi che si verifica spesso?
«Non è così. Controllano molto dettagliatamente l’indicazione dei farmaci costosi e anche l’utilizzo di generici. Inoltre, i controlli clinici per la CML vengono eseguiti seguendo i protocolli come si fanno in altri Paesi. Ques'ultimo aspetto non viene discusso con l’assicurazione malattia, vengono rimborsati senza problemi».
Ci sono ostacoli da parte delle assicurazioni malattia?
«Raramente capita che una cassa malati chieda motivazione in relazione a una certa analisi genetica. Ma una volta documentate le ragioni viene accettato».
Che cosa si può fare per ottimizzare i costi?
«I costi per il trattamento dei tumori sono sicuramente elevati. D’altro canto si deve tenere in considerazione lo sviluppo in questo settore a favore dei pazienti. Globalmente in Svizzera si sta già lavorando per ridurre la spesa. Senz’altro bisogna diminuire il numero di ospedali, maggiore rispetto ad altri Paesi. E poi, come detto, si deve affrontare la questione riguardante i costi dei generici: una situazione che non ha soluzioni facili».
Essere un Paese piccolo è un limite per la sanità?
«Non essendo un Paese con 60 milioni di abitanti e questo a volte lo è, ne siamo consapevoli. Per questo per noi è importante collaborare tra i diversi centri presenti sul suolo nazionale, per quanto concerne le malattie rare e non solo. Una prassi all’ordine del giorno».