Il Parlamento approva il rapporto di minoranza. Aldi (Lega): «Nessun dialogo con i molinari»
BELLINZONA / LUGANO - Il tema, approdato sui banchi del Gran Consiglio dopo 12 anni, era di quelli “scottanti”: la strategia da adottare nei confronti dell'autogestione luganese. Nel concreto, il Legislativo era chiamato a decidere quale dovesse essere il ruolo del Governo cantonale.
«Responsabilità politica» - Con 42 voti a favore, il Parlamento ha approvato il rapporto di minoranza e, di conseguenza, respinto la mozione di Tiziano Galeazzi (UDC) in cui si chiedeva all'esecutivo di attivarsi per trovare una soluzione “ticinese". «Chiedo un po’ di responsabilità politica - ha commentato Galeazzi nel presentare la mozione - il Cantone non deve regalare nulla. Si tratta di una pianificazione, utile magari in futuro»
«Soluzioni concrete e realistiche» - La mozione aveva originato due rapporti. Uno, relatrice Laura Riget (PS), firmato inizialmente dalla maggioranza della commissione Sanità e sicurezza sociale (PS, PLR, Verdi e Più Donne) accoglieva «parzialmente» i contenuti della mozione e invita palazzo delle Orsoline «ad avanzare soluzioni concrete, realistiche e attuabili entro un arco temporale ragionevole». E per soluzioni, sottolineava il rapporto, si intendeva sia il luogo che «le condizioni necessarie affinché i promotori di questo tipo di realtà possano operare a favore dei loro obiettivi». Per Danilo Forini (PS), al netto delle diverse sensibilità, «il tema sollevato ha rilevanza a livello cantonale: non è solo una questione luganese».
«Nessun dialogo con i molinari» - Quello di minoranza, invece, scritto dalla leghista Sabrina Aldi, condivideva le conclusioni del messaggio governativo, sottolineando come non fosse «compito dell'ente pubblico forzare un gruppo di persone che ha dimostrato ripetutamente di non aver nessuna intenzione di intavolare discussioni o mediazioni» per «trovare un accordo». Per Aldi «è imbarazzante chiedere al Governo di tenere una “porta aperta”. Nessun dialogo con i molinari e con chi rifiuta le regole di convivenza civile». La granconsigliera leghista in aula ha ricordato che «il dialogo presuppone il rispetto reciproco e la volontà di trovare soluzioni condivise, elementi che in questo caso sono totalmente assenti».
Vitta: «Ruolo sussidiario» - Dal canto suo, il presidente del Consiglio di Stato Christian Vitta ha confermato la propria apertura «per cercare una soluzione e collaborare. Di contro, abbiamo indicato che l’autogestione è un’esperienza localizzata sul territorio e che si è sviluppata nel luganese. È un aspetto importante, in antitesi a quanto scritto nella mozione. Il nostro ruolo dev’essere sussidiario».
La storia (parlamentare) - Da un punto di vista parlamentare (e non solo), la vicenda legata all’autogestione luganese ha una gestazione lunga e complessa. Nel 2012, una mozione firmata dai deputati Fabio Schnellmann, Gianrico Corti e Roberto Badaracco (oggi vice sindaco della città sul Ceresio) chiedeva al Cantone di «fare la sua parte», trovando una «soluzione definitiva» riguardo al CSOA, individuando «spazi definitivi adeguati, con tutte le normative del caso»
Nove anni dopo - Il documento, rimasto a lungo nei cassetti e ripescato nella primavera del 2021, produsse un rapporto a quattro mani firmato da Galeazzi e Raoul Ghisletta (PS), che venne ritirato poi nel giugno di quello stesso anno (pochi giorni dopo la demolizione di una parte dell'ex Macello) dai firmatari su garanzia che il Consiglio di Stato si sarebbe adoperato per cercare un mediatore e una possibile sede. Fu a quel punto, solo una manciata di giorni dopo, che lo stesso deputato democentrista presentò la mozione discussa oggi.