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Si chiama Primula ed è Miss 144

La "veterana" del numero d'emergenza (che compie 30 anni) si racconta: «Soffro per i bambini che stanno male. Dura gestire gli insulti»
Foto di Mikel Preqi/ Tio.ch
Si chiama Primula ed è Miss 144
La "veterana" del numero d'emergenza (che compie 30 anni) si racconta: «Soffro per i bambini che stanno male. Dura gestire gli insulti»

TENERO/ BELLINZONA - Da 23 anni lavora in ambulanza. Da ben 15 fa anche l'operatrice telefonica del 144. Nel giorno in cui ricorre il 30esimo anniversario (ieri, il 14.4, ndr. ) del numero dell'emergenza sanitaria, la 53enne Primula Pulga può essere simpaticamente definita come una specie di "Miss 144". Il suo sorriso e i suoi modi di fare colpiscono. Fanno sentire accolti.

È forse questa la dote principale richiesta a chi risponde alle chiamate presso la Centrale comune di allarme di Bellinzona?
«Di certo serve tanta pazienza. E tanta capacità di comunicare. Io ricordo ancora i primi tempi, erano durissimi per me. Dall'altra parte c'era magari gente che perdeva la calma e tu dovevi mantenere la lucidità, l'empatia ma anche il sangue freddo».

Per la metà del tuo tempo lavorativo continui a fare la soccorritrice sul campo per il SALVA, nel Locarnese. Più complicato essere in azione o stare al telefono?
«Oggettivamente stare al telefono. Perché sul campo tu hai la possibilità di agire. Di fare. Hai sott'occhio la situazione. Al telefono non vedi. Ti basi su quello che ti dice la persona che ha chiamato. A volte ti senti impotente».

Quali sono umanamente le situazioni che più ti colpiscono?
«Quelle in cui sono coinvolti bambini. Quando mi chiama una mamma disperata perché il bimbo si è fatto male seriamente provo sempre un grande senso di solidarietà».

"144, dove mando l'ambulanza?" È la prima frase che dice una persona come te quando risponde a una chiamata. Ma c'è stata una volta in cui proprio non l'hai mandata l'ambulanza?
«Beh sì. Una persona che aveva il gesso al braccio era caduta. E ci aveva chiamati per segnalarci che il suo gesso si era crepato nell'impatto col pavimento. In certe situazioni bisogna essere davvero zen».

C'è anche chi vi insulta?
«Chiaro. Quando una persona è in emergenza è anche facile che perda le staffe. Occorre essere bravi a incassare, senza replicare in maniera brusca».

Chi vi chiama spesso si innervosisce di fronte alla sfilza di domande che ponete.
«È importante sapere che quelle domande le poniamo prima di tutto per capire che protocollo usare. Se uno mi dice che il paziente fatica a parlare, posso immaginarmi il protocollo dell'ictus. Se magari non respira bene, c'è un altro protocollo. Ma non è finita qui».

Ecco. Chiariamo.
«Dobbiamo fare in modo che i soccorritori che giungono sul posto abbiano più informazioni possibili sul paziente. E questo permette anche di guadagnare tempo prezioso. Dopo poche domande di solito l'ambulanza parte già. E se ci sono dettagli importanti sul caso in questione i soccorritori li ricevono in tempo reale».

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