Spiegati i motivi per i quali l'azienda chiude la sede di Stabio per trasferirsi in Italia
STABIO – Sta facendo le valigie ed è sul punto di tornare a casa. Il problema è che non si sta parlando di un viaggiatore comune, stanco di un periodo trascorso all'estero, bensì di un'azienda. Del marchio italo-americano Tom Ford, nello specifico, che dal Ticino - da Stabio - si trasferirà in Italia.
Comunicata martedì ai dipendenti, la chiusura è arrivata perché, a livello strategico ed economico, una sede nella Fashion Valley non era più conveniente. E nulla c'entrano, almeno così ci hanno assicurato, tassazione e affini.
L'addio, dunque, quale motivazione ha? Prima i numeri: «A Stabio erano sotto contratto venti dipendenti, di cui tre manager», hanno spiegato i vertici aziendali.
Venti persone che hanno ricevuto un'amara comunicazione. «A dodici è stato offerto il trasferimento, otto invece non saranno ricollocati e hanno ricevuto una comunicazione di fine rapporto - ci spiegano -. Stiamo in ogni caso aiutandoli nella transizione verso una nuova occupazione».
Ma cosa ha spinto realmente Tom Ford a decidere di lasciare il Ticino? «I motivi sono differenti e non hanno nulla a che vedere con la tassazione» è la risposta che forniscono i vertici. Una delle ragioni sarebbe legata alle tempistiche: « Per cominciare, tutto quanto veniva prodotto nell'hub svizzero era distribuito in Italia e i tempi per rifornire i punti vendita negli ultimi anni si erano molto allungati. Spostandoci nella vicina Penisola questi tempi saranno abbattuti: per raggiungere i negozi impiegheremo generalmente 4-10 giorni lavorativi in meno».
Un secondo aspetto riguarda le esportazioni dei prodotti di lusso: «L'Unione Europea, l'Italia nel nostro caso, ha accordi vantaggiosi con Paesi come il Giappone, la Corea e il Canada. Questi accordi non sono ovviamente applicabili quando la merce parte dalla Svizzera».
Ma un fattore economico c'è: «Il terzo e ultimo fattore che ci ha spinti a decidere di chiudere lo stabilimento di Stabio riguarda lo spostamento della merce non preferenziale - chiamiamola così - che subisce dazi doganali quando importata in Svizzera ma non quando arriva in Italia. Quindi noi eravamo costretti a fare una doppia operazione doganale, importando prima in Italia e poi trasferendo il tutto oltre confine. Senza la sede ticinese le spese relative a questa seconda operazione saranno risparmiate».