Parla il 23enne che la sera del tragico incidente che ha portato alla morte di una 17enne si trovava alla guida dell'auto.
LUGANO - «Non facevo quei giri per mettere in pericolo altre persone. So che c'era un rischio, ma lo facevo anche perché c'erano gli altri che mi spingevano a farlo». Si giustifica così il 23enne portoghese oggi alla sbarra alle Assise criminali di Lugano per il caso dello schianto di Grancia che lo scorso 12 febbraio 2021 ha portato alla morte di una 17enne del Luganese.
Stando all'atto d'accusa quella sera il giovane, allora 20enne, ha infatti utilizzato la strada situata dietro il Centro Lugano sud quale circuito/pista da corsa: sfrecciava a velocità sostenuta, arrivando a toccare i 100 chilometri orari, ed effettuava manovre pericolose che hanno portato al tragico incidente. Oggi, tra le varie ipotesi di reato, il 23enne deve rispondere di omicidio intenzionale per dolo eventuale, subordinatamente omicidio colposo. A bordo della vettura, lo ricordiamo, c'erano anche due 16enni e un 19enne, tutti rimasti feriti.
«Prendevo velocità e sentivo l'adrenalina» - «Per noi era un'abitudine fare sosta a Grancia: chiacchieravamo e facevamo un giro in auto», racconta l'imputato, ammettendo che il percorso effettuato quella sera, tra dossi, avvallamenti e chiusini, «l'ho fatto almeno sette volte». Per il giovane quelle corse erano «come fare bungee jumping»: «Prendevo velocità e facevo slalom tra i dossi artificiali. Lo facevo per toccare quel picco di adrenalina, arrivare a uno stato di eccitazione». «E perché allora non ha fatto bungee jumping? Così se per caso si spezza la corda ci va di mezzo solo lei?», l'ha incalzato il giudice Amos Pagnamenta.
«Non potevo immaginare che accadesse questo» - «Sapevo che c'era un dosso», continua il 23enne, «ma essendo che in altre occasioni l'avevo preso alla stessa velocità non potevo immaginare che accadesse una cosa del genere». E, riguardo al ribaltamento dell'auto: «Ero a conoscenza dei rischi che prendevamo, ma pensavo che se mai qualcosa fosse andato storto sarebbe stato qualcosa di senz'altro meno gravoso». Gli sbandamenti, aggiunge invece, «li facevo perché così ci facevamo due risate. So che oggi è brutto da dire».
Voleva riavere la patente - Il giovane, è emerso in aula, aveva ottenuto la patente di guida appena un anno prima dei fatti. A sorprendere è anche il fatto che in seguito all'incidente il 23enne, attualmente studente universitario, abbia tentato di riottenere la patente facendone richiesta allo psicologo del traffico. «Era un modo per affrontare il passato, l'ho fatto per cercare di voltare pagina. Inoltre averla sarebbe comodo in futuro», afferma al riguardo.
In merito a un'eventuale espulsione, il 23enne afferma infine che «anche se non sono considerato cittadino, per me la Svizzera è il mio stato d'origine e la mia casa». L'imputato precisa però che ha intenzione di «accettare le conseguenze di questo processo»: «Non sono io a dovermi giudicare».