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Condannata per aver diffamato Zali

La colpa della 53enne a processo, secondo la giudice, «non può essere considerata lieve».
Ti-Press / Samuel Golay
Condannata per aver diffamato Zali
La colpa della 53enne a processo, secondo la giudice, «non può essere considerata lieve».

BELLINZONA - È stata condannata a 30 aliquote giornaliere di 30 franchi l’una (per un totale di 900 franchi), sospese per un periodo di prova di due anni (oltre a una multa di 180 franchi), la donna accusata di ripetuta diffamazione nei confronti del consigliere di Stato Claudio Zali e della sua compagna all’epoca dei fatti, la granconsigliera Simona Genini.

La condanna - La 53enne è stata invece assolta per il reato di ingiuria. Assente giustificata, questa mattina in Pretura Penale, potrà ora impugnare la sentenza in appello. Si tratta della pena richiesta dal procuratore generale Andrea Pagani.

Il senso di rivalsa - «Il fil rouge che lega le varie accuse è il senso di rivalsa dell'imputata verso un uomo che amava e che non la considera più», così ha sentenziato la giudice Elettra Orsetta Bernasconi Matti, nel giustificare la condanna in Pretura Penale a Bellinzona per i fatti avvenuti tra l'aprile e l'agosto dello scorso anno. «Senso di rivalsa che ha fatto emergere anche durante il dibattito».

«Meri fini egoistici» - «La colpa non può essere ritenuta lieve», ha spiegato la giudice, sottolineando la spregiudicatezza della donna nell’esporre giudizi di valore diffamatori, «senza curarsi delle conseguenze e per meri fini egoistici».

I post su X e Facebook - Riguardo i post sui social media X e Facebook nei quali, tra il 2023 e il 2024, la donna accusava Zali di essere «un picchiatore» e di aver preso «già tre querele» - riferendosi a lui come «un famoso politico ticinese» -, per la giudice il collegamento con il consigliere di Stato era evidente («le espressioni degli scritti sono lesive dell'onore»). «Agli occhi dei follower il riferimento a Zali era chiaro. Gli altri politici menzionati non hanno mai ricoperto la carica di consigliere di Stato. Aveva già fatto riferimento a “politico violento” in altri post, esternazioni nelle quali ritorna costantemente».

La paura di perderlo - «Non si hanno sentenze di condanna contro Zali per lesioni. Ci sono due querele poi ritirate, ma non c’è la prova che il passo indietro sia dovuto alla paura per la propria incolumità oppure per una remunerazione in denaro». Secondo la giudice avrebbe agito solo per «il timore di perdere l’uomo che amava».

Email diffamatori? - L'imputata aveva inoltre inviato alcune mail ad dei funzionari cantonali e al quotidiano la Regione allegando dei post pubblicati da un'altra ex partner di Zali (da lui denunciata per stalking) che prendevano di mira lui e la compagna, scrivendo «abusatore di donne indifese» e «una delle tante abusate da Zali». Un comportamento che secondo la giudice «oltre all’intento di fare maldicenza» non aveva «interesse pubblico».

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