Ecco come ci si deve comportare e le possibili cause.
Il 15% circa dei bambini sino a 15 anni di età soffre di sonnambulismo, un disturbo del sonno che non è una malattia e, generalmente, svanisce progressivamente senza conseguenze. L’unico aspetto di questo disturbo che richiede particolare attenzione è la messa in sicurezza del sonnambulo: bisogna, cioè, assicurarsi non si faccia accidentalmente del male. Il sonnambulismo è un fenomeno che si verifica dopo più di un’ora dall’addormentamento, non ha particolari conseguenze e non richiede terapie o interventi particolari. I bambini soggetti a risvegli notturni agiscono come se fossero realmente svegli e nel proprio ambiente domestico si muovono senza problemi, conoscendo la dislocazione di mobili e ambienti.
Il fenomeno può risultare pericoloso se si verifica in ambienti sconosciuti dei quali il piccolo non ha memorizzato i particolari e, per questo, potrebbe farsi del male. Il sonnambulo non percepisce la voce di chi lo chiama e per questo non si sveglia. Ed in realtà non serve nemmeno svegliarlo, basta solo accompagnarlo nel suo giro prima che torni spontaneamente a letto. Se mamma e papà si ritrovano a gestire il sonnambulismo del proprio figlioletto, non devono preoccuparsi perché anche se la situazione ha dei risvolti particolari, non rappresenta un motivo per cui allarmarsi. A proposito: la leggenda che definisce estremamente pericoloso svegliare un sonnambulo non ha alcun fondamento di verità.
Alle origini del problema c’è una componente ereditaria, quindi è probabile che nella stessa famiglia più soggetti soffrano di sonnambulismo, ma per maggior sicurezza, soprattutto dei genitori, può essere utile il consulto con uno specialista affinché verifichi anche lo stato emotivo generale del piccolo ed escluda altri problemi. I genitori dovranno riferire al medico i dati dei risvegli notturni come orario e durata, ed anche le condizioni dell’interessato il mattino seguente: stanco e nervoso o sereno e riposato, per capire se abbia risentito dell’episodio oppure no. Sarà solo il pediatra, dopo accurata analisi della situazione, a stabilire la necessità o meno di una polisonnografia per verificare cosa accade durante il sonno notturno, mentre un’eventuale terapia farmacologica sarà prescritta solo se gli episodi di sonnambulismo sono ripetuti e se costituiscono pericolo per il piccolo.
TMT (ti.mamme team)