Educa di più un provvedimento severo o l’esempio di una regola rispettata?
Sentirsi in colpa è una prerogativa delle mamme e si palesa tipo grillo parlante, tutte le volte che si concedono un po’ di lettura invece di giocare con le proprie creature o che comprano qualcosa per sé invece che per il nano succhiaenergie di casa e, ovviamente, ad ogni punizione comminata all’unno in miniatura che pratica disastri tra le mura domestiche. Ci sta, il senso di colpa è quasi fisiologico, ma se nelle prime due ipotesi basta ripetersi che una mamma appagata «funziona» meglio, in caso di punizioni, al senso di colpa si aggiunge la domanda ancestrale che mette in discussione tutto: ma le punizioni servono? Interrogarsi sui vantaggi e gli svantaggi delle punizioni è normale, soprattutto considerando quella che dovrebbe essere la loro valenza educativa e la discriminante che rappresentano nello sviluppo psicologico equilibrato dei piccoli. Ma alla fine la risposta qual è? I pedagogisti sono abbastanza concordi nel ritenere le punizioni inutili e, soprattutto, tutt’altro che educative. La minaccia di un provvedimento severo contro un comportamento errato crea paura nel bambino, che si sentirà mortificato dal rigido rimedio adottato nei suoi confronti, ma non ne comprenderà il senso.
La fiducia riposta nei genitori dai figli non deve essere tradita da una punizione che non riuscirà a responsabilizzare il pargolo, ma solo a generare in lui il timore per le conseguenze di un proprio errore. Punire è quindi inutile oltre che sbagliato. Il provvedimento a monte di tutto deve essere quello di regole chiare e concrete, così da alimentare il rapporto tra genitori e figli con la fiducia reciproca, corroborata dal cosiddetto silenzio attivo, una forma di comunicazione da utilizzare in frangenti di difficoltà. A valorizzarne gli effetti è il dottor Daniele Novara, fondatore del Centro psicopedagogico per l'educazione e la gestione dei conflitti di Piacenza, nonché autore del libro "Punire non serve a nulla". Dopo aver ricordato al piccolo la regola che vieta un determinato comportamento, alle sue insistenze sarà utile rispondere con l’assoluto silenzio, una interruzione di comunicazione di qualche minuto che interrompe ogni diatriba e, soprattutto, dimostra al pargolo che qualcosa non va come stabilito e che bisogna correggersi per fare quello che è giusto ed è stabilito dalle regole note. Uno stop, un semaforo rosso che non è la punizione generalmente intesa, bensì il modo istantaneo per aiutare il bambino a comprendere il proprio errore e a correggerlo. Un rimedio efficace ed educativo che rafforza il rapporto di reciproca fiducia tra genitori e figli mantenendo agli occhi del piccolo la figura di riferimento che egli vede nella mamma e nel papà.
La definizione dei ruoli di genitori e figli, inoltre, consente l’individuazione di un rapporto di autorità che riconosce al genitore il compito educativo. Le regole le stabiliscono mamma e papà ed i figli le rispettano, senza piani paritari che possono indurre in confusione permettendo ai bambini di sentirsi liberi di infrangere quelle stesse regole fissate. A tal fine, il dottor Novara sostiene l’importanza della distanza educativa, che elimina l’equivoco dei genitori-amici, evitando l’equivoco dell’incomprensione da parte dei pargoli, incapaci di interagire sulla base dei ragionamenti ai quali sono avvezzi gli adulti. In parole povere: ai bambini servono esempi concreti, non dispersivi giri di parole. Mamma e papà mostrano come si fa ed i piccoli replicano, attenendosi a quell’esempio.
Questo aiuta ad inquadrare la regola ed a rispettarla, evitando di incorrere in situazioni di tensione, istintivamente ritenute recuperabili con una punizione che si rivelerebbe come un inutile atto di forza soverchiante, privo di qualsiasi effetto educativo. Ora non lanciatevi in una levata di scudi contro l’eccessiva autorità genitoriale perché, in realtà, quella del semaforo rosso e della distanza educativa sono formule che attingono alla fonte inesauribile dell’esempio e se questo vale per insegnare ai bambini che mangiare le carote fa bene (per esempio), può valere anche per fissare i giusti limiti di un comportamento corretto e positivo.