Monitorare le capacità uditive del bebè aiuta a scoprire e risolvere eventuali problemi
S’impara durante la gravidanza che la percezione dei suoni da parte del feto comincia dopo la ventesima settimana di gestazione, quando il piccolo nel pancione comincia a sentire le voci mentre, verso la venticinquesima settimana, il suo udito è quasi normale tanto che il feto ruota la testa in risposta a voci e suoni percepiti dall’esterno. È importante, quindi, parlare al nascituro che inizierà a memorizzare i suoni che poi riconoscerà fuori dal pancione, partendo dalle voci di mamma e papà che saranno un punto di riferimento sicuro e confortante. Dopo la nascita, lo sviluppo dell’udito del neonato è un aspetto da monitorare con attenzione per evitare eventuali difficoltà o per intervenire rapidamente in caso di problemi. Il piccolo è in grado di sentire sin da quando viene al mondo e necessita dei giusti stimoli uditivi essenziali per un sano sviluppo del suo udito. Bisogna ricordare che, nonostante la formazione di orecchie e sistema uditivo perfettamente formati sin dalla nascita, è intorno ai sei mesi che il bebè comincia a sentire bene e distinguere una varietà di suoni. Questo dipende fondamentalmente da due motivi: lo sviluppo delle aree del cervello interessate al processo uditivo devono ancora svilupparsi completamente, ed il liquido amniotico che potrebbe essere presente nelle orecchie impiega del tempo per essere eliminato. Appurato questo in linea generale, vediamo nel dettaglio come evolve l’udito del bebè.
Alla nascita il piccolo è molto sensibile ai suoni acuti, riconosce e risponde alle voci di mamma e papà come alla ninna nanna ascoltata nel pancione, mentre si spaventa per un rumore improvviso o molto intenso. A tre mesi, il lobo temporale del cervello del neonato, l’area che risponde agli stimoli di udito, odore e linguaggio è più reattivo e così il piccolo quando sente la voce della mamma può reagire rivolgendole lo sguardo e persino accennando un gorgheggio che rappresenta il suo tentativo di parlare. Ricordiamo che ascoltare e tentare di parlare per una creatura di tre mesi è una fatica, quindi se si distrae mentre le si parla o le si legge una favola, non vuol dire necessariamente che ci sia un problema. Il bebè può essere semplicemente stanco perché ha ricevuto una stimolazione più che sufficiente. Dai quattro mesi cominciano le scenette commoventi durante le quali il piccolo risponde sorridendo quando sente la voce della mamma, reagisce con eccitazione, guarda con attenzione la bocca di chi gli parla e tenta persino di copiarne i movimenti cominciando anche ad emettere suoni labiali come le lettere m e b. Intorno ai sette mesi il pargoletto riesce ad individuare la sorgente dei suoni e, se non è distratto, può rispondere ai rumori tranquilli. Ad un anno le capacità del bambino sono notevoli tanto che riconosce le sue canzoncine preferite e si cimenta per ripeterle. Per aiutarsi a capire se il piccolo possa avere qualche problema di udito, è necessario osservare tutti i suoi comportamenti e le sue reazioni a ciò che gli accade intorno. Se il piccolo riposa tranquillo anche in presenza di rumori improvvisi particolarmente fastidiosi come lo squillo del telefono o il suono della sirena, non è necessario allarmarsi perché in questi casi a prevalere è il bisogno di dormire del bebè. Se invece l’indifferenza ai rumori che dovrebbero farlo addirittura spaventare arriva quando è ben sveglio bisogna cominciare a chiedersi se ci sia qualche elemento che interferisce con l’integrità del suo udito.
Può trattarsi anche di un impedimento momentaneo come un’infezione, quindi non serve allarmarsi eccessivamente sin da subito. Reali problemi all’udito nei neonati, che vengono sottoposti ad un primo test di controllo già alla nascita, possono derivare da una storia familiare di sordità, nascita pretermine o sottopeso, rosolia o toxoplasmosi della madre in gravidanza, o lungodegenza in unità neonatale del piccolo. Quali possono essere i reali campanelli d’allarme da non trascurare? Se dai 2 mesi il piccolo non vocalizza o non si rasserena al suono di voci familiari si può pensare a qualcosa che non va, così come se dai 3 mesi il bebè mostra indifferenza ai rumori improvvisi alle voci o ai suoni, tanto da non svegliarsi e nemmeno muoversi in presenza di voci o rumori circostanti, mentre dorme in un ambiente silenzioso. Tra i 4 e gli 8 mesi, invece, i segnali di allerta riguardano prima di tutto la mancanza di reazioni del piccolo ad un suono proveniente da un’altra stanza o a quello improvviso e forte nell’ambiente tranquillo in cui si trova. Ancora: indifferenza al suono dei giocattoli, mancanza del tentativo di imitare i suoni e dei gorgheggi, attenzione o reazione solo ai suoni vibranti. Se il bambino, tra i 9 e i 12 mesi, non risponde al proprio nome, non varia intonazione quando balbetta e non riproduce varie consonanti, non reagisce alla musica e non capisce le paroline più consuete come pappa o i comandi semplici come vieni, è legittimo preoccuparsi e rivolgersi al medico. Se lo screening neonatale, fatto in molti ospedali e comprendente anche il test dell’udito, può risultare inefficace in prima battuta a causa della presenza di liquido amniotico nell’orecchio del bebè o della sua eccessiva agitazione, sarà necessario ripeterlo a distanza del tempo indicato dai sanitari per controllare le condizioni del piccolo. È vero, comunque, che i test di screening neonatale non evidenziano lesioni permanenti dell’udito e, quindi, non ne certificano la perfezione. Questo significa che il bebè può incorrere in una perdita uditiva lieve o svilupparla in seguito ad un infortunio o una malattia, ma anche a causa di una lunga terapia antibiotica o di una prolungata esposizione a rumori molto forti.
Curiosità: il feto può essere infastidito dai suoni, soprattutto se troppo intensi. È importante, quindi, evitare stimoli sonori eccessivi: sì ad una musica melodiosa capace di rilassare il piccolo, no a rumori improvvisi o troppo forti che accelerano il suo battito cardiaco.