Se l'UE ha congelato 21,5 miliardi e bloccato 300 miliardi di euro alla Banca centrale Russa, Mosca cambia dall'interno e guarda ai BRICS.
LUGANO - 300 miliardi di euro in attività della Banca centrale russa bloccate, 21,5 miliardi di risorse congelate, 1950 tra enti e persone - inclusi i nomi di Vladimir Putin, Sergey Lavrov, di alti funzionari e oligarchi - soggette a misure restrittive, come quelle che vietano di «entrare o transitare nel territorio dell'UE per via terrestre, aerea o marittima».
Sono solo alcune delle misure e delle cifre che campeggiano sulla pagina web del Consiglio Europeo, dedicata alle «sanzioni UE nei confronti della Russia», e che di fatto ripercorre tutti gli interventi decisi dai Paesi di UE e G7 a seguito - come si legge nella pagina istituzionale - della «guerra di aggressione della Russia nei confronti dell'Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022, e all'annessione illegale delle regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson».
Economia di guerra - E mentre Bruxelles, lo scorso 18 dicembre, ha approvato il dodicesimo pacchetto di sanzioni, ci si chiede quali siano gli effetti fin qui ottenuti.
Il primo è macroscopico. La Russia resiliente si è e si sta convertendo a un'economia di guerra: la mobilitazione di almeno un milione di arruolati (1, 32 milioni secondo CorSera), la forzata riduzione delle esportazioni (di gas e carbone) verso l'Europa, l'isolamento del sistema bancario dal resto del mondo (esclusione dal sistema swift), l'industria militare che attira forza lavoro (peraltro limitata dagli arruolamenti) e sovvenzioni statali, e un'inflazione che a fine 2023, secondo Putin, si sarebbe attestata intorno all'8% (2,9% nell'UE; 1,7% in Svizzera).
Crescita "drogata" - C'è poi l'incremento della produzione, che è però soprattutto di tipo militare e a scapito di quella civile. Una crescita che comunque contribuisce a un PIL positivo (il Presidente russo ha affermato che la crescita economica nazionale entro la fine del 2023 avrebbe potuto superare il 3,5%) ma certamente "surriscaldato" e "gonfiato" dall'industria bellica, che ha saputo aggirare - illecitamente - le sanzioni sulla tecnologia, dai microchip, ai i semiconduttori, fino alle batterie agli ioni di litio. Tanto che oggi - come riporta Irpimedia - gli stabilimenti sono in grado di riadattare droni commerciali, oltre che produrne di nuovi sotto forma di armamenti, sulla scorta della relazione con Teheran.
Il tutto però a scapito dei cittadini, che acquistano sempre più merci provenienti dall'import (soprattutto cinese), contribuendo a indebolire il rublo. Tanto che la Banca centrale russa prevede per il 2024 un rialzo dell’inflazione fino al 14,2%, sebbene le agenzie di stampa abbiano comunicato la previsione di una discesa del paniere dei prezzi, a cominciare dalla prossima primavera. Dati che pesano sulla spesa quotidiana dei cittadini russi e sul consenso al loro leader.
Effetto Kazan 2024 - Ma Mosca va avanti. Sembra aver digerito la chiusura dell'occidente anche incrementando i rapporti di cooperazione con Cina, India, Iran, e non solo. Nel prossimo ottobre 2024, Putin - da presidente di turno dei BRICS - intende infatti continuare sulla via della creazione di un mondo alternativo a quello Usa centrico, invitando almeno 11 Paesi (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti) al vertice.
Lo "Zar", dunque, per ora sembra non voler ascoltare chi - come la governatrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullin - teme che, nel medio-lungo periodo, le sanzioni potrebbero non essere più "digerite".
Ma il cambiamento della struttura economica sembra ormai a un punto di non ritorno. In questo percorso il Cremlino, oltre che "sedere" su sconfinati giacimenti di gas, carbone e minerali, può contare anche su una riserva aurea di 2332 tonnellate (la Svizzera, settima al mondo, nel 2023 ne aveva 1040), in crescita dal 2021, quando erano 2292 tonnellate (dati Trading Economics), e di yuan: entro il prossimo 6 febbraio la Banca centrale venderà sul mercato dei cambi circa 5,4 miliardi di rubli.
L'asse Mosca Pechino - Ma insieme a quelli finanziari, Mosca stringe con Pechino legami commerciali sempre più stretti: Xi Jinping ha investito in infrastrutture (rete ferroviaria, ponti, porti) per facilitare gli scambi. E i leader dei due Paesi cooperano nell'Artico anche nel campo minerario, con la partecipazione cinese nell'attività estrattiva del più grande giacimento russo di titanio.
È un fatto che l'economia e le ricchezze non sono statiche, Putin lo sa bene. E se USA e UE continueranno sulla strada delle sanzioni, al Presidente non resterà che continuare sulla via della creazione di nuove relazioni (guardando all'Africa) e lecite vie di business. Un processo di cambiamento pagato però con un regime politico repressivo all'interno con gli oppositori e belligerante verso l'esterno.