Intervista a Milena Folletti, neo Delegata alla trasformazione digitale dell'Amministrazione cantonale
E nuovo membro di Comitato in ated-ICT Ticino
BELLINZONA - Lo scorso 11 maggio il Consiglio di Stato ha incaricato Milena Folletti quale Delegata alla trasformazione digitale dell’Amministrazione cantonale. L’istituzione di questa nuova figura consentirà di dare un impulso in questo ambito strategico, fissato dal Governo come una delle priorità per la legislatura. Un ruolo, quindi, inedito per il cantone, che intende così spingere sul pedale dell’acceleratore verso un’evoluzione digitale che è parte dei nostri tempi e delle nostre vite.
Proprio per approfondire gli obiettivi e il perimetro dei suoi compiti, abbiamo chiesto a Milena Folletti di capire quali sono gli aspetti che sta analizzando e le esperienze a cui si sta ispirando per il suo mandato. Ma cercheremo anche di comprendere su quali presupposti si basa il suo ingresso nel Comitato di ated-ICT Ticino, avvenuto nelle scorse settimane.
Signora Folletti, il suo compito sarà orientare la trasformazione digitale dello Stato, nell’ambito dei servizi e dei processi amministrativi. Quali sono gli ambiti e i settori a cui sta guardando con maggiore attenzione in questi primi giorni di attività?
I primi mesi saranno di conoscenza e ascolto. Ogni realtà lavorativa ha regole e ritmi propri, che vanno conosciuti e rispettati. L’Amministrazione cantonale ha iniziato il processo di digitalizzazione molto tempo fa e tutti gli assi strategici d'intervento del Programma di legislatura attuale - dai rapporti con la cittadinanza e le istituzioni allo sviluppo e all’attrattiva del Cantone Ticino, fino alla qualità della vita - hanno tra i propri obiettivi elementi legati alla trasformazione digitale.
Il Centro Sistemi Informativi (CSI) e il Centro di risorse didattiche e digitali (CERDD) sono i punti di riferimento del Cantone e hanno superato a pieni voti lo “stress test” della pandemia. Una sfida che nel contempo ha permesso loro di migliorare ulteriormente i propri servizi e le proprie competenze, che potranno essere utili al futuro della trasformazione digitale dello Stato.
Allo stato attuale tutti i dipartimenti hanno già importanti progetti di digitalizzazione in corso, ispirati dai valori del Programma di Legislatura: innovazione, sostenibilità e equità. Ora si tratta di continuare quel che ė già avviato ed elaborare una strategia cantonale condivisa, accompagnata dalla concretezza di un piano di attuazione. L’obiettivo centrale è quello di strutturare una digitalizzazione dell’amministrazione pubblica che abbia al centro il servizio all’utenza.
Cittadine, cittadini, imprese e istituzioni devono poter interagire con l’amministrazione pubblica in maniera immediata e facilitata, evitando il più possibile le ridondanze. Dobbiamo, ad esempio, ridurre al minimo la necessità di fornire più volte lo stesso documento. La strategia dovrà naturalmente tenere conto del contesto legislativo e giuridico: senza basi legali non si va da nessuna parte e, in molti casi, non si può agire senza prima aver creato le condizioni quadro, cosa che richiede attenzione e – soprattutto – tempo. Un altro elemento da tenere presente è che l’Amministrazione cantonale si interfaccia con altri attori, tra i quali la Confederazione, gli altri Cantoni e i Comuni.
Sul piano nazionale va considerata la strategia e-government con relativo piano di attuazione, su quello regionale lo sviluppo digitale non può prescindere dalle esigenze dei Comuni. Riassumendo, possiamo dire che ci sono molte azioni in corso, in un contesto però complesso e composito. C’è una visione, data dal Governo – e in particolare dal tavolo Ticino Digitale, promosso dal Dipartimento delle finanze e dell’economia nel corso del 2020 con il Gruppo strategico per il rilancio del Paese – che andrà promossa nella maniera più strutturata e ordinata possibile.
Spesso si ha la sensazione che l’innovazione e il digitale non siano per tutti e che si apra un tema di inclusività. Ci sono i nativi digitali e le generazioni che hanno una grande consuetudine con i dispositivi e i processi tecnologici, ma ci sono anche persone che faticano a stare al passo con le trasformazioni dei nostri giorni. In che modo si potrà aiutare tutti a gestire al meglio la digitalizzazione in atto?
Questo è un tema centrale, a me molto caro. Oggi la parola “inclusione” è diventata di tendenza, ma il servizio pubblico ha l’uguaglianza e l’inclusione nel proprio DNA da sempre. Personalmente, credo che l’approccio puramente generazionale sia riduttivo per definire chi sta o non sta al passo con le trasformazioni in generale e con quelle digitali e tecnologiche in particolare. Stare al passo non è solo questione di anagrafe, ma di approccio e cultura.
Ogni organizzazione (così come ogni persona) ne ha una propria. C’è chi è più abituato al cambiamento per la natura stessa del proprio agire o per attitudine, concorrenza e mercato e chi invece lo è meno e consolida modi di operare che garantiscono stabilità e sicurezza. Non ci sono modi giusti o sbagliati, ci sono ambienti, situazioni e circostanze.
Quella che viene definita nelle organizzazioni la “cultura aziendale” è un fattore chiave del successo delle trasformazioni e determinante è il fattore umano. Quando si parla o scrive di digitalizzazione, ci si concentra spesso sull’informatica e la tecnologia: piattaforme, cloud, open source, machine learning... Si è creata una nuova lingua, che rappresenta un ulteriore ostacolo al cambiamento perché incute timore e contribuisce a far sentire le persone ai margini di un mondo che non è il loro. Coinvolgimento, comunicazione comprensibile e formazione sono imprescindibili nei processi di trasformazione inclusiva. Quella digitale non è un’eccezione.
Lei è diventata membro di comitato di Ated…
Quando Cristina Giotto mi ha chiesto di entrare nel Comitato ho accettato con piacere ed entusiasmo. Si tratta di un’associazione senza scopo di lucro, che ha come obiettivi l’innovazione e la formazione, che vive grazie agli sponsor e a molto volontariato e che si occupa di tutti: dai bambini agli anziani, indipendentemente dalle conoscenze pregresse delle persone. Crea (e questo lo apprezzo particolarmente) moltissime occasioni d'incontro e confronto tra professionisti e no, con la
concretezza nella testa e il Ticino nel cuore. Mi ci riconosco molto (sorride...)
La tecnologia e la trasformazione digitale sono sempre più spesso sotto la lente della trasparenza e della sicurezza. Quali esperienze di buon governo digitale, anche estere, sta osservando, che potenzialmente potremmo vedere introdotte in Ticino?
Il buon governo digitale richiede un aggiornamento delle competenze a tutti i livelli dell’organizzazione, a partire dai vertici. Questo non solo per garantire trasparenza e sicurezza, ma anche per stare al passo con produzione e servizi. Un buon governo d’impresa è un governo che ha visione, è in grado di leggere il contesto e sa anticipare le tendenze, lavorando a stretto contatto con i diversi attori e i gruppi d'interesse, investendo sulle proprie collaboratrici e i propri collaboratori. Il
digitale è solo uno dei temi del buon governo. In ambito di trasparenza, ad esempio, il Cantone ha comunque già fatto un grande passo avanti grazie alla Legge sull’informazione e sulla trasparenza dello Stato.
Per quanto concerne la sicurezza informatica, il Dipartimento delle istituzioni promuove regolarmente azioni di sensibilizzazione, formazione e prevenzione, attraverso un gruppo di lavoro strategico attivo e concreto. Considerato che tutti siamo potenziali bersagli di attacchi informatici, qualora interessati, consiglio di consultare il sito www.ti.ch/cybersicuro e dare un’occhiata alle attività passate (in particolare i webinar) e a quelle previste in futuro. Sul confronto con l’estero, più studi citano l’Estonia come nazione con il grado di maturità digitale più alto e, quindi, il modello cui ispirarsi.
Parlando di giovani e territorio, ma anche osservando come il mercato del lavoro sia oggi globale, quali dovrebbero essere i primi passi da compiere negli studi per essere competitivi e appetibili, da un punto di vista lavorativo?
È notizia recente il fatto che in Svizzera sarebbero più di 100’000 i posti vacanti nel primo trimestre del 2022. I settori dell’alberghiero, della ristorazione e dell’alta tecnologia sembrerebbero essere particolarmente sotto pressione, ma anche sanità, trasporti, edilizia e logistica non sembrano essere messi molto meglio. Insomma: se dovessimo procedere secondo un calcolo opportunistico, un’idea dei passi e della direzione da prendere potrebbe venir data dalle statistiche relative a questi possibili scenari.
Penso tuttavia che ognuno debba perseguire le proprie attitudini e i propri interessi e provare a eccellere in quello in cui riesce meglio, abbattendo i muri, qualora ve ne fossero, dei pregiudizi, soprattutto di genere. È noto che nelle professioni dette STEM (ovvero le discipline scientifico-tecnologiche) le donne sono poche ed è un peccato, nonché un incredibile e ingiustificato spreco.
Se i primi passi sono importanti, lo sono altrettanto quelli che si compiono quando si è attivi professionalmente. Al giorno d’oggi le competenze invecchiano a una velocità incredibile. La formazione continua è conditio sine qua non per restare competitivi nel mondo del lavoro. Tutti dovrebbero porsi la domanda: l’ultima formazione seguita a quando risale? Una battuta me la faccia spendere sull’importanza della preparazione umanistica.
Letteratura, filosofia, storia, religione, etica, ecc. sono discipline fondamentali e lo sono ancor più in un mondo in cui l’intelligenza artificiale potrebbe sostituirsi – parzialmente e in ambiti selezionati – all’essere umano, raccogliendo ed elaborando dati. Della digitalizzazione si vede prevalentemente il lato tecnico/ingegneristico. Ha, per contro, bisogno d'interdisciplinarità, della messa in rete di profili diversi. Ci sono professioni meno intuitivamente associate al digitale, tuttavia fondamentali per lo sviluppo di una collettività sana.
Il tocco finale: secondo lei qual è il fattore piu importante, per una rapida evoluzione della digitalizzazione dell’Amministrazione a livello Svizzero?
La fiducia della cittadinanza nelle soluzioni digitali proposte dallo Stato.