Addio sintassi, benvenute vibrazioni: come i nostri sviluppatori stanno cavalcando la nuova frontiera del coding. Intervista a Ivano Rotondo, Head of IT di Linkfloyd.
C'è un sottofondo profondamente sovversivo nel concetto di 'Vibe Coding'. Qualcosa che sta mandando in fibrillazione il mondo degli sviluppatori e minando le fondamenta stesse di ciò che per decenni abbiamo creduto fosse lo sviluppo software: quel matrimonio indissolubile tra disciplina ferrea e conoscenza sintattica.
Un matrimonio che oggi pare indirizzato sulla via del divorzio.
E non c’è nulla di paradossale, in tutto questo, perché il concetto alla base del tema che trattiamo in questo approfondimento è tanto semplice quanto destabilizzante: dimenticare che il codice esista, per lasciarsi trasportare dalle vibrazioni.
Andrej Karpathy, ex direttore dell'AI di Tesla, ha sintetizzato il tutto con disarmante chiarezza: «The hottest new programming language is English». Avete letto bene: la lingua di Shakespeare sarà il nuovo paradigma di programmazione. Le conseguenze sono dirompenti, a dir poco. Perché se un prompt scritto in linguaggio naturale può generare in pochi secondi quello che un programmatore impiegherebbe ore a scrivere, allora il gioco cambia. Radicalmente.
I dati parlano chiaro, del resto. Uno studio recente di MIT, Princeton e University of Pennsylvania, su 4.800 sviluppatori in aziende come Microsoft, ha rilevato che l'AI aumenta la produttività dei junior fino al 39%, mentre i senior si fermano a un massimo del 16%. Numeri che raccontano una rivoluzione in atto, non un’opzione futura. Molte ricerche, peraltro, prevedono che, entro il 2030, milioni di programmatori dovranno riqualificarsi, mentre al MIT sostengono che l'intera professione potrebbe essere completamente diversa già alla fine di quest’anno.
Il nostro reparto IT ha abbracciato da qualche tempo il 'Vibe Coding', sperimentando un approccio che, come evidenziato, ribalta la logica stessa dello sviluppo software: non più (o meglio, non solo) scrivere codice, ma descriverlo.
A questo punto, una raffica di domande sorge spontanea: cosa significa tutto questo per il futuro degli sviluppatori? Se l'inglese diventa il nuovo linguaggio di programmazione, cosa resta della figura dello sviluppatore tradizionale? E quando chiunque può "programmare", semplicemente descrivendo ciò che vuole, come cambierà il rapporto tra idea e realizzazione?
Ne ho discusso con l’amico e collega Ivano Rotondo, Head of IT di Linkfloyd, per capire come il nostro team stia abbracciando questa transizione. Un confronto tra chi, come noi - a diversi livelli, ma in ogni segmento della nostra agenzia - questa rivoluzione la sta vivendo in prima linea: non teorizzando su cosa potrebbe succedere domani, ma sperimentando ciò che sta già accadendo oggi.
Ivano, sii brutalmente onesto: la prima volta che hai visto un'AI generare in 30 secondi del codice che tu avresti impiegato ore a scrivere, hai temuto che la tua carriera fosse finita?
Non posso negare che inizialmente ci sia stata una certa apprensione; ogni rivoluzione porta con sé un alto grado di incertezza riguardo alle sue conseguenze, e il futuro rimane difficile da prevedere. È simile a quanto accaduto negli anni '80, quando si temeva che l'avvento dei computer avrebbe portato alla perdita di milioni di posti di lavoro. In realtà, i computer hanno rivoluzionato il mercato del lavoro, creando nuove professioni e opportunità che prima non esistevano. Analogamente, sono convinto che l'intelligenza artificiale non sostituirà gli ingegneri informatici, ma modificherà il nostro ruolo: passeremo dall'attività di scrivere codice di base a quella di supervisionare, perfezionare e innovare ciò che l'AI genera. Pertanto, sembra che ci sarà ancora bisogno di noi informatici, sebbene in forme diverse rispetto a quelle attuali.
Nell’immaginario collettivo, lo sviluppatore è sempre stato quel tipo strano con occhiali spessi e una lattina di energy drink, che scrive codice, magari la notte e fino all'alba. Una figura quasi romantica, che il 'Vibe Coding' potrebbe mandare in pensione, a quanto pare. Come stanno reagendo i tuoi sviluppatori a questo cambio di paradigma? C'è resistenza, frustrazione o entusiasmo?
Il fascino dello sviluppatore notturno circondato da energy drink è senza dubbio parte dell'immaginario collettivo, ma la realtà della nostra professione è caratterizzata da un'evoluzione costante. Nel mio team, sto notando reazioni contrastanti nei confronti del 'Vibe Coding' e dell'uso crescente dell'intelligenza artificiale.
Alcuni colleghi, in particolare quelli più esperti, mostrano inizialmente una certa resistenza, non tanto per timore di diventare obsoleti, quanto per una sincera preoccupazione riguardo alla qualità e all'affidabilità del codice generato automaticamente. Altri, invece, hanno accolto con entusiasmo questi strumenti, considerandoli un'opportunità per liberarsi dalle mansioni più ripetitive e focalizzarsi sugli aspetti più creativi e strategici dello sviluppo.
Non penso che il 'Vibe Coding' porterà alla pensione degli sviluppatori, ma certamente sta ridefinendo il significato di essere uno sviluppatore nel 2025. Questa non è la prima volta che la nostra professione si reinventa: lo abbiamo già fatto con l'emergere di Internet, del cloud e dei framework moderni, e continueremo a farlo in futuro.
I dati che ho snocciolato nell’introduzione a questa intervista, parlano di un aumento di produttività del 26% grazie all'AI. Ma Karpathy va oltre, ammettendo candidamente di non leggere nemmeno le differenze nel codice e di accettare tutte le modifiche proposte dall'AI. Questo non ti terrorizza? L'idea che parte del software prodotto diventi una scatola nera, che funziona ma che nessuno capisce fino in fondo?
L'idea di Karpathy, sebbene provocatoria, evidenzia una tendenza degna di considerazione. Il concetto di "scatola nera" non è inedito nell'ambito dell'informatica, visto che già oggi utilizziamo librerie, framework e API le cui implementazioni non sempre sono completamente trasparenti. Ciò che cambia oggi è la rapidità e l'enorme portata con cui questo fenomeno si sta diffondendo.
Accettare passivamente le modifiche apportate dall'AI senza analizzarne il funzionamento rappresenta un rischio considerevole, specialmente in contesti sensibili. La vera forza degli ingegneri sta proprio nella capacità di valutare, comprendere e gestire il codice sviluppato. Un incremento di produttività del 26% è notevole, ma diventa preoccupante se raggiunto a discapito della comprensione del processo.
La difficoltà risiede nel trovare un equilibrio: sfruttare l'intelligenza artificiale per velocizzare lo sviluppo, senza però perdere il controllo sulla sua direzione. Questo richiede l'acquisizione di nuove abilità: la capacità di analizzare criticamente il codice prodotto, individuare possibili problemi di sicurezza, prestazioni o manutenibilità, e comprendere le conseguenze strutturali delle soluzioni proposte.
In definitiva, credo che la responsabilità finale debba sempre rimanere nelle mani degli sviluppatori umani. L'AI è uno strumento potente, ma proprio come non affideremmo la progettazione di un ponte interamente a un software senza la supervisione di un ingegnere, non dovremmo delegare completamente la comprensione del nostro codice.
Facciamo un esperimento concreto. Io sono un cliente e vengo da te dicendo: 'Voglio un'app che permetta agli utenti di fotografare un piatto al ristorante e ottenere la ricetta'. Nel 2020, avresti preventivato settimane di sviluppo. Oggi, con il 'Vibe Coding', quanto tempo ti serve? E come cambia la percezione di valore quando il cliente vede risultati così rapidi?
Oggi, con il 'Vibe Coding' e l'utilizzo dell’AI, potrei consegnare un prototipo funzionante in pochi giorni anziché settimane. L'AI accelera la scrittura del codice, la generazione dell'interfaccia e posso sfruttare modelli di visione artificiale già pronti per il riconoscimento dei piatti. Tuttavia, questo cambia radicalmente la percezione del valore da parte del cliente, ed è qui la vera sfida. Quando il cliente vede risultati così rapidi, tende inevitabilmente a sottovalutare il lavoro e la competenza necessari. Il rischio è che si diffonda l'idea che 'se l'AI può farlo in pochi giorni, perché costa ancora così tanto?'
La realtà è che il nostro valore non risiede più solo nel tempo di scrittura del codice, ma nelle competenze necessarie per definire correttamente i requisiti, scegliere le giuste tecnologie e architetture, supervisionare e validare ciò che l'AI produce
Le ricerche del MIT suggeriscono che l'AI avvantaggi più i junior che i senior, con aumenti di produttività del 39% contro il 16%. Questo sta già cambiando le dinamiche del team che guidi? I giovani programmatori stanno accelerando mentre i veterani rischiano di restare indietro?
I dati del MIT sono illuminanti e riflettono in parte ciò che sto osservando sul campo. È vero che i programmatori junior possono ottenere benefici immediati più evidenti: l'AI colma rapidamente i gap di conoscenza tecnica, permettendo loro di produrre codice di qualità superiore rispetto a quanto farebbero autonomamente.
Tuttavia, la dinamica è più sfumata di quanto suggeriscano i numeri. Nel mio team, sto osservando un fenomeno interessante: i giovani programmatori guadagnano velocità nell'implementazione, ma i senior apportano ancora un valore insostituibile nella valutazione critica delle soluzioni generate.
I veterani non stanno necessariamente restando indietro, stanno evolvendo. Il loro vantaggio competitivo si sta spostando: dalla padronanza della sintassi e dei pattern di programmazione alla capacità di valutare architetture, identificare problemi di sicurezza o scalabilità che l'AI potrebbe trascurare, e guidare decisioni strategiche.
McKinsey prevede che entro il 2030, 12 milioni di lavoratori, inclusi i programmatori, dovranno cambiare ruolo. Se, come dice Karpathy, 'la lingua di programmazione più calda del momento è l'inglese', significa che potenzialmente chiunque può creare software. Questo rende il ruolo dello sviluppatore più o meno rilevante? E come vi state posizionando rispetto a questa evoluzione?
La previsione di McKinsey e l'osservazione provocatoria di Karpathy colgono un cambiamento fondamentale, ma richiedono una lettura più approfondita. È vero che l'inglese sta diventando un'interfaccia per generare codice, democratizzando l'accesso alla creazione di software, ma questo non riduce la rilevanza dello sviluppatore, semplicemente la trasforma. Paragoniamo questa evoluzione all'industria automobilistica: l'introduzione delle catene di montaggio non ha eliminato gli ingegneri meccanici, ma ha cambiato il loro focus dalla costruzione manuale alla progettazione e supervisione di sistemi più complessi. In modi simile, il ruolo dello sviluppatore sta evolvendo verso competenze di ordine superiore.
La nuova rilevanza degli sviluppatori risiede in capacità che l'AI fatica ancora a replicare: la comprensione profonda dei requisiti di business, la progettazione di architetture sostenibili, l'identificazione dei rischi tecnici, e l'integrazione di componenti in ecosistemi complessi. In particolare, la capacità di tradurre problemi vaghi del mondo reale in specifiche precise rimane una competenza distintamente umana.
Immagina di essere un padre che deve consigliare al proprio figlio se intraprendere una carriera nello sviluppo software. Oggi, nel 2025, cosa gli diresti? E quali competenze credi saranno fondamentali per gli sviluppatori del prossimo decennio, quando il 'Vibe Coding' sarà diventato la norma e non l'eccezione?
A mio figlio direi che è ancora una strada ricca di opportunità, ma con un percorso diverso rispetto a quando ho iniziato io.
Gli spiegherei che la programmazione sta attraversando una trasformazione simile a quella che ha vissuto la fotografia: una volta richiedeva competenze tecniche specifiche e attrezzature costose, oggi chiunque con uno smartphone può scattare foto dignitose. Eppure, i fotografi professionisti esistono ancora e sono richiesti: semplicemente fanno cose diverse e a un livello diverso. Gli consiglierei di intraprendere questa carriera non tanto per padroneggiare linguaggi specifici, quanto per sviluppare un modo di pensare strutturato e creativo. Se trova soddisfazione nel creare soluzioni che impattano la vita delle persone, allora ha ancora senso intraprendere questa strada. Il 'Vibe Coding' non sostituirà gli sviluppatori, ma amplificherà l'impatto di quelli che sapranno evolversi insieme a questa tecnologia.
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Articolo a cura di Piero Rizzo per Linkfloyd Sagl, agenzia di marketing e comunicazione in Ticino.