Il disturbo è ormai una delle prime cause di morte tra i giovanissimi
Privi di riferimenti, ansiosi, narcisisti, persi nei propri smartphone, tendenzialmente tristi e depressi, con pochi stimoli a crescere ed a conquistare la propria autonomia. È questa, spesso, la definizione degli adolescenti di oggi, una generazione con poca fretta di diventare adulta, ripiegata nella falsa comodità del proprio vivere in famiglia.
Quello che preoccupa particolarmente, però, è il sottilissimo confine che esiste tra il velo di tristezza che può caratterizzare un breve periodo della loro vita e la depressione vera e propria che, più spesso di quanto si pensi, li affligge. Studi recenti hanno rilevato l’abbassamento dell'età media dei soggetti affetti da depressione, e se prima si attestava intorno ai 45 anni, oggi registra una grande incidenza in soggetti tra i 15 ed i 44 anni, tanto che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che nel 2020 la depressione sarà la malattia mentale a maggior diffusione.
Il dato più allarmante, inoltre, è legato anche alla consistente percentuale di suicidi causati dalla depressione, anche tra gli adolescenti, e richiede la massima attenzione e prevenzione. Cosa fare quindi? Prima di tutto è fondamentale ricordare che è preferibile un dubbio infondato ad uno trascurato e, quindi, è necessario non sottovalutare qualsiasi campanello di allarme.
Quali sono i segnali da monitorare? Apatia perenne, abbandono della scuola, mancanza di vita sociale, disinteresse a costruire rapporti di amicizia, rabbia violenta sono i sintomi principali da analizzare con attenzione. Se queste manifestazioni sono predominanti nelle giornate di un adolescente, i suoi genitori dovranno intervenire. Attenzione, però, a non saltare subito alle conclusioni sbagliate. Se un ragazzino comincia solo a lavarsi un po' meno, non significa per forza che sia depresso: è più probabile, in realtà, che sia nella fase di distacco dall'appartenenza materna ed il suo atteggiamento, tipico di questa condizione, sia in realtà solo sinonimo di autodeterminazione.
Se invece gli atteggiamenti sono ben più marcati e preoccupanti, i genitori devono intervenire necessariamente prima di tutto sforzandosi di creare un canale di dialogo con i figli, grazie al quale aiutarli ad esternare il proprio dolore o disagio. Se il tentativo risultasse vano, diventerà necessario consultare un terapeuta per farsi aiutare a comprendere il dolore del ragazzo e per sostenerlo in questo momento incerto della sua vita. Da evitare le soluzioni farmacologiche in prima battuta e, qualora si rendessero necessarie dopo il fallimento di ogni altro tentativo, dovranno essere sempre accompagnate dalla psicoterapia.
TMT (ti.mamme team)