«La medicina ha fatto una figuraccia; sbagliato dare agli scienziati un credito illimitato».
Andrea Carlino, docente presso l'Università di Ginevra: «Il progresso della scienza? Indotti a tenere comportamenti che conosciamo da... 700 anni».
GINEVRA - «Questo virus non scomparirà più dalla nostra vita», ha raccontato Daniel Koch, cancellando le speranze di chi pensa alla commercializzazione del vaccino come alla fine di un incubo. Ma è davvero così? Eppure il mondo è stato in grado di archiviare le pandemie che si sono presentate in passato.
«La pandemia non finirà mai – ci ha interrotti Andrea Carlino, docente di storia della medicina presso l'Institut Ethique Histoire Humanités dell'Università di Ginevra – È infatti davvero molto improbabile che un giorno, anche lontano, potremo dire di aver cancellato del tutto il Covid-19. D'altronde non siamo stati in grado di azzerare quasi tutte le grandi malattie del passato, non vedo perché dovremmo farcela in questa occasione. Solo il vaiolo è arrivato alla sua conclusione medica. Ma è un caso eccezionale. La peste, per esempio, c'è ancora».
Ci dovremo abituare a una vita di mascherine e distanze sociali.
«No, se c'è una cosa che la storia ci ha insegnato è che prima o poi le epidemie finiscono».
Ci ha appena parlato di malattie ancora tra noi...
«La malattia non si estingue; a livello sociale però la popolazione riesce a voltare pagina. Mi spiego. Non viene scovato il medicinale in grado di estirpare completamente il contagio; si riescono però ad adottare delle strategie politiche e comportamentali in grado di annullare le preoccupazioni delle persone».
Si trova il modo di controllare il contagio e, così, di far passare la paura?
«Esatto. Con il passare del tempo, mentre la malattia cambierà, si sposterà, noi diventeremo sempre più bravi a evitarla. I timori saranno di conseguenza minori. Come le limitazioni che andremo a osservare. Semplifichiamo? Le persone si stancheranno di avere paura e le loro preoccupazioni si sposteranno su altro».
Si pensa che l'influenza spagnola passò anche perché, finita la Prima guerra mondiale, le persone avevano davvero voglia di voltare pagina.
«L'aspetto mentale è molto importante. E io credo che anche con il coronavirus sarà così».
Dovremo quindi attendere un evento drammatico che ci distragga?
«La crisi economica e sociale che ci attende sarà profonda. Penso che sarà quella - piuttosto che la possibilità di infettarsi - che catalizzerà le preoccupazioni di molti nel prossimo futuro. Serviranno almeno due o tre anni perché si completi quel “rimbalzo” con il quale torneremo ai livelli ai quali eravamo abituati».
Vaccino e cure alternative renderanno poi la situazione ancor meno pesante?
«La scienza ha fatto una figuraccia. È giusto essere chiari. Non è certo uscita rafforzata da tutta questa storia. E non mi riferisco a infermieri o medici, ma proprio al modo in cui si è affrontato – a livello generale – il contagio. La medicina, parlo da storico, è una disciplina fondata su incertezze e tentennamenti. Su prove da fare prima di trovare, forse, una soluzione. Visti i progressi fatti soprattutto dal '900 in poi, c'eravamo illusi che potesse essere più efficace, che potesse risolvere tutto. Avevamo grandi aspettative insomma, ma siamo rimasti delusi: tutto il sistema si è mostrato debole. In questo caso ci ha indotti a tenere comportamenti che conosciamo da... 700 anni. Dalla peste del 1300. C'è un contagio e il virus si trasmette per via aerea? Allora pratichiamo un distanziamento indiscriminato. Se è progresso questo...».
Nel momento critico ci si è rivolti agli esperti.
«E va bene. È giusto così. Sbagliato è stato dare agli scienziati un credito illimitato. I Governi si sono affidati totalmente alle loro conoscenze mentre sarebbe stato più logico ascoltare il loro parere ma poi valutarlo insieme ad altri aspetti, per salvaguardare economia, socialità, diritti... La scienza monolitica che ci è stata sbattuta in faccia non ha insomma risolto il problema portato dal coronavirus. Ne ha però creati altri».
Questo porterà a un cambiamento?
«Gli scienziati, penso ve ne siate accorti, ora sono considerati ma non più idolatrati. Non escludo che, tenuto conto del fallimento della medicina tradizionale, nel prossimo futuro prendano nuovamente quota discipline non tradizionali e religione. Ma questo è un altro discorso».