Sono parole pesanti quelle di Helvetia Christiana, che non accetta il rifiuto del Municipio. «È la parata della vergogna, una grave offesa al Creatore»
LUGANO - «La lobby LGBT reclama la dittatura rosa e il Municipio la impone». Sembra non avere reagito bene Helvetia Christiana al rifiuto del Municipio di Lugano in risposta alla richiesta di pregare in centro città. Il 22 dicembre 2017 l'associazione ha infatti espresso alle autorità comunali la volontà di recitare un rosario pubblico in data 26 maggio (o in un altro giorno da concordare), «in riparazione dei peccati della Svizzera, per la difesa dei valori cristiani e come atto di riparazione per il Gay Pride» che avrà luogo il 2 giugno.
L'Esecutivo cittadino ha negato l'autorizzazione il 19 aprile, decisione comunicata a Helvetia Christiana - a loro dire - soltanto lo scorso 2 maggio. «Vietando un atto pacifico di natura religiosa - si legge nella presa di posizione dell'associazione -, il Municipio ha chiaramente violato la prassi abituale e democratica della Svizzera».
«Doppia discriminazione» - Helvetia Christiana definisce «scandaloso» che «la libertà d’espressione e la libertà di manifestazione» non siano stati riconosciuti «ad un’associazione svizzera in regola con le autorità della Confederazione». Per l'associazione si tratta di una «doppia discriminazione» in quanto l'autorizzazione a pregare il rosario le sarebbe stata negata perché «di ispirazione cattolica», mentre i diritti vengono però garantiti «ai gruppi che promuovono l'agenda LGBT». Il Municipio di Lugano è accusato in questo modo di «piegarsi alle intimidazioni dei promotori del Gay Pride e di altri circoli anticristiani».
Un appello ai cattolici - Helvetia Christiana chiede perciò al Municipio di Lugano di «ritornare immediatamente sui suoi passi», riservandosi la possibilità di presentare ricorso contro la decisione fino a lunedì 14 maggio. L'associazione si rivolge inoltre a tutti i cittadini svizzeri affinché si attivino «per la difesa dei principi cristiani e dei diritti costituzionali», in particolare «la più sacra delle libertà: quella di praticare la religione cattolica».
«Un'offesa al Creatore» - Infine, Helvetia Christiana rivolge un attacco diretto al Gay Pride, appellandosi al Catechismo della Chiesa Cattolica: «Gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati e contrari alla legge naturale». La preghiera di un rosario pubblico fungerebbe - secondo l'associazione - quale «atto di protesta e riparazione» per la «grave offesa nei confronti del Creatore».
Il Gay Pride viene definito senza mezzi termini «parata della vergogna» e il Municipio viene attaccato per non avere vietato «la dissolutezza e l'esibizione sessuale imposta alla vista di tutti, specialmente ai bambini». Helvetia Christiana conclude il suo lungo comunicato ricordando «la dottrina della Chiesa Cattolica sulla castità, cioè la raggiunta integrazione della sessualità nella persona, che è valida per tutti, sia che essa sia sposata o celibe, anche per le persone che sperimentano l'attrazione omosessuale».