La popolazione si divide tra chi punta il dito contro i giovani e chi invoca l'intervento della polizia
Ma la strategia del DI è sulla strada della “community policing”, «affinché il giovane diventi un partner della sua stessa sicurezza e presenza sulla scena cantonale».
LUGANO - Le immagini di urla e bottiglie contro con la polizia alla Foce di Lugano dello scorso sabato non si sono fortunatamente viste ieri sera. Ma non sono mancati, un po' in tutta la città, gli assembramenti di giovani, come mostrano le immagini scattate da TiPress. Un argomento di cui si parla da settimane, se non mesi, soprattutto con l'esplosione della primavera. Gli adulti, nel frattempo, si dividono tra chi difende la loro "libertà" in un anno di restrizioni causate dalla pandemia e chi invece punta il dito contro "l'irresponsabilità".
Stando a quanto riportato da chi ieri sera a Lugano c'era, la polizia non sarebbe intervenuta. Non è stato possibile contattare le autorità comunali e cantonali sull'argomento. Ma cosa dicono le (ultime) disposizioni? Sono consentiti a livello nazionale incontri all'aperto con non più di 15 persone. Lo scorso mercoledì, inoltre, si è svolta una riunione della Conferenza cantonale consultiva sulla sicurezza. «Il Dipartimento delle istituzioni, e per esso la polizia cantonale in collaborazione con le comunali, intende farsi promotore di un’iniziativa che affronti la situazione da angolazioni diverse e con una visione più ampia - si legge nel comunicato stampa che ne è conseguito -, anche per trasformare il possibile contrasto tra le parti in un dialogo costruttivo».
Si parla di «incanalare le energie di dissenso dei giovani verso forme non violente e applicare il principio della “community policing” con una serie di misure non solo di polizia, affinché il giovane diventi un partner della sua stessa sicurezza e presenza sulla scena cantonale».
Il vicesindaco di Lugano, Michele Bertini, conferma che «l’indirizzo che le autorità hanno preso è quello della prevenzione, del dialogo e della dissuasione». Ma le immagini catturate dalla fotocamera di TiPress sono note anche a lui. Immagini che sono simili in tutti i cantoni della Svizzera, confrontati con la difficolta a intervenire di fronte ad assembramenti di giovani. «Ma è di fatto difficile intervenire in queste situazioni - prosegue il responsabile del Dicastero sicurezza e spazi urbani -. E non voler avere una linea più dura vuol dire anche accettarli in un certo senso».
Un ragionamento che non fa una piega. Perché l'alternativa, impraticabile, sarebbe il coprifuoco. O lo scontro perenne tra giovani e autorità. «Ma non è possibile dire che si tollerano gli assembramenti di giovani - aggiunge Bertini -. Anche perché sarebbe un affronto nei confronti degli esercenti, chiusi da mesi». Che guardano inermi i loro possibili clienti per le vie della città, nella migliore delle ipotesi con bibite acquistate presso i bar che offrono il take away. «Bisognerebbe avere il coraggio di dirlo che si tollera un certo tipo di assembramenti. Invece viene sottaciuto - conclude il vicesindaco -. E tutti questi compiti ricadono sulle spalle della polizia. A cui si chiede l’impossibile: non permettere l’assembramento, ma senza mezzi repressivi, con discussione e dialogo».