Chiesti 14 anni di carcere per il gerente del distributore di benzina che ha preso a mazzate in testa un uomo, riducendolo in fin di vita.
LUGANO - «Il piano dell'imputato era questo: uccidere il 57enne e farsi passare per la vittima che si era difesa da una sua aggressione. Aveva deciso di ucciderlo, ha tentato di ucciderlo e ci era quasi riuscito». È con queste parole che oggi, alle Assise criminali di Lugano, la procuratrice pubblica Pamela Pedretti ha descritto cosa realmente sarebbe accaduto nel pomeriggio del 4 febbraio 2022 all'interno del magazzino annesso al distributore di benzina Eni di via Motta a Bellinzona.
Per questo la pubblica accusa chiede che l'imputato venga condannato a 14 anni di carcere per tentato assassinio.
«Ha agito con premeditazione, attirando l'uomo nel magazzino con l'inganno, dicendogli che gli avrebbe dato i soldi che gli doveva. E lì l'ha colpito con la mazza, almeno sette volte, alla testa. Voleva ucciderlo, e ci è andato molto vicino: i medici hanno stabilito che le lesioni cerebrali da lui riportate erano potenzialmente letali».
«Voleva eliminare il problema» - Le giustificazioni dell'imputato, per la pubblica accusa, sono inoltre poco credibili. «Se non poteva ripagare il 57enne, non aveva motivo di fissare l'appuntamento all'Eni. Se non aveva cattive intenzioni, non aveva bisogno di disattivare le telecamere della videosorveglianza. E se aveva paura della vittima e si sentiva minacciato non la portava in un luogo isolato (nel magazzino ndr.). Questi sono comportamenti di chi voleva eliminare una volta per tutte il problema, di chi voleva uccidere una persona e farla franca», sottolinea Pedretti.
«Colpito a tradimento» - «L'imputato», prosegue, «non riesce ad ammetterlo, ma ha colpito il malcapitato a tradimento, da dietro, stordendolo e continuando a prenderlo a mazzate in testa, anche quando si trovava a terra. L'ha colpito selvaggiamente e senza scrupoli, è stata una vera e propria mattanza».
A rafforzare la tesi della pubblica accusa è anche il fatto che l'uomo, quando ha sentito le sirene della polizia e la vittima era a terra esanime, si è cambiato i pantaloni zuppi di sangue. «Ha dichiarato che non voleva farsi vedere così, e che gli facevano ribrezzo. Ma la verità è che quando si è cambiato pensava che il 57enne fosse morto, e quando si è reso conto che era ancora vivo gli ha dato un'ennesima mazzata alla testa. Questa è l'unica spiegazione logica che giustifica i piccoli schizzi di sangue presenti sul secondo paio di pantaloni». A stabilirlo, evidenzia Pedretti, sono stati gli esperti dell'Istituto forense di Zurigo, che hanno esaminato la dinamica dell'azione.
I rantoli della vittima - A queste evidenze si aggiunge quella prodotta da un passante, che dopo aver notato il vetro infranto del magazzino si è avvicinato, filmando il tutto con il suo cellulare. «Stai bene?», ha chiesto al 51enne. «Sì tutto a posto», ha risposto lui. «Ma, sicuro?», ha chiesto di nuovo il passante, insospettito. «Sicuro!». «Certo, lui stava bene», commenta la procuratrice. «Per lui era tutto a posto perché pensava di essere riuscito a uccidere il 57enne. E se si ascolta bene il filmato, in sottofondo si sentono i suoi rantoli». Interrogato dagli inquirenti rispetto al contenuto del video, l'imputato si è inoltre limitato a dire di avere «un buio completo su questo».
«Sperava di farla franca» - All'arrivo della polizia, per di più, «il 51enne è apparso tranquillo e non ha detto una singola parola sulla presenza della vittima ferita all'interno del magazzino. Evidentemente deve aver sperato fino all'ultimo di riuscire a farla franca».
La pubblica accusa evidenzia poi che «le dichiarazioni dell'imputato sono state tutt'altro che lineari, e se mai si sono adattate alle risultanze dell'inchiesta», che passo dopo passo lo inchiodavano. «Solo sei mesi dopo il suo arresto, al decimo interrogatorio, l'oggi 51enne ha ammesso che la vendita del furgone della vittima non c'era stata e che l'aveva ceduto, a mò di buco tappa buco, per pagare un debito». Allo stesso modo «ha negato di aver disattivato la videosorveglianza: per fargli ammettere la verità è stato necessario contestargli che, oltre a lui, le uniche persone che vi avevano accesso erano i suoi genitori e che nessuno dei due si trovava sul posto quel 4 febbraio».
«"Per me uccidere una persona è come schiacciare un moscerino"» - Il gestore del distributore di benzina aveva infine già minacciato di usare la sua mazza da hurling per fare del male a qualcuno. A dimostrarlo sono i messaggi da lui inviati a suo cognato un mese prima dei fatti, nei quali si riferiva alla proprietaria dell'appartamento in cui viveva con la compagna. «In questi messaggi parla di massacrarla con una mazza», evidenzia la procuratrice Pedretti, citando: «"Ti dico in anticipo che le apro la testa, e di far galera non mi interessa. Non tocco niente, uso la mia mazza". E ancora: "Io lo farò, sai che per me uccidere una persona è come schiacciare un moscerino"». Messaggi, questi, che il 51enne ha liquidato come un "bla bla bla".