La comunità di lingua italiana, inoltre, ha deciso di bloccare l’accesso a Wikipedia. Ma cosa è successo concretamente per suscitare tutta questa attività?
Da qualche giorno campeggia in alto ai progetti Wikimedia un banner nero che parla di una rete aperta che rischia di non essere più tale. Il messaggio non è molto chiaro, ma il rischio è concreto.
La comunità di lingua italiana, inoltre, ha deciso di bloccare l’accesso a Wikipedia. Ma cosa è successo concretamente per suscitare tutta questa attività?
Oggi, 5 luglio 2018 il Parlamento europeo deciderà se promulgare o meno una nuova direttiva europea sul copyright.
La proposta è qui: (link)
Questa direttiva servirà ad armonizzare alcune regole per creare il Digital single market (link), un’ipotesi di un mercato unico online sulla falsariga della libertà di circolazione già sancita per mezzi, servizi e persone.
Ma quali sono i punti critici di questa direttiva che hanno suscitato tanti malumori? In particolare sono due l’articolo 11 e l’articolo 13 che sono stati introdotti solo lo scorso 20 giugno, anche se andranno in votazione il 5 di luglio.
Con questi articoli forse dovremmo dimenticare il tanto amato “condividi” che troviamo sugli articoli di giornale, o anche alcune funzioni di base dei più noti social network.
L’articolo 11, già definita “tassa sul link”, introdurrà l’obbligo di ottenere una licenza quando si condividono dei link ipertestuali o anche dei frammenti di articoli giornalistici. In parole povere se qualcuno condividesse su un proprio profilo Facebook un articolo di un giornale o anche solo il link all’articolo, si potrebbe trovare una richiesta di risarcimento da parte del giornale citato o linkato. Qualcosa del genere si è provato a introdurre già in passato ed è nota come “Google tax” ed intende colpire i grossi aggregatori di news, ma in questo caso la direttiva non discrimina e difatti si rischia di andare contro le correnti leggi del copyright che difatti consentono la citazione.
L’articolo 13 invece intende introdurre degli strumenti preventivi di filtraggio delle informazioni prima della pubblicazione, il cosiddetto “upload filter”) per verificare che i contenuti pubblicati non siano protetti da copyright. Uno strumento del genere sarebbe anche auspicabile, ma difatti è irrealizzabile perché richiederebbe una rielaborazione complessa dei contenuti e costi eccessivi per chi oggi pubblica dei contenuti liberamente, che sia Wikipedia o che sia anche un blogger.
Cosa capita se non si dovessero rispettare queste regole? Qui la direttiva (all’articolo 12) è vaga perché si parla di “fair compensation”, in soldoni occorre mettersi d’accordo e tutto è rimesso alla discrezionalità delle parti o del giudice.
Come si può notare Internet diventerà sempre più un mondo di fake news perché si tenderà a non linkare la
fonte delle informazioni per non avere problemi legali o per non avere oneri finanziari e la diffusione delle informazioni sarà sempre più penalizzata, ma soprattutto non si differenzia.
E le licenze libere? Non si fa alcuna menzione di Creative Commons. Un salto nel Medioevo digitale.
Contro questa direttiva si sono mossi diversi attori. Oltre alla comunità wikipediana e a Wikimedia Foundation, ci sono state forti avversioni da parte di Google, da parte di Mozilla Foundation, da parte di Creative Commons, a cui si sono uniti 169 accademici (link), 145 organizzazioni operanti nei campi dei diritti umani, libertà di stampa, ricerca scientifica e industria informatica (link).
Le voci più autorevoli del web, tra cui quella di Tim Berners Lee, sono sono dichiarati palesemente contro questa direttiva e soprattutto contro l’articolo 13 (link).
La Svizzera non sarà toccata da questa direttiva, ma il web non ha confini nazionali e difatti non si potrà affatto dire che questa direttiva non influenzerà la nostra vita quotidiana.
Per ulteriori informazioni si può far riferimento al contatto stampa per la Svizzera italiana di Wikimedia Svizzera: Ilario Valdelli (ilario.valdelli@wikimedia.ch) oppure scrivere a info@wikimedia.ch.