Per controllare i nuovi focolai sono fondamentali le applicazioni di tracciamento dei contatti tramite i cellulari.
Per scongiurare il rischio di nuove ondate epidemiche di Covid-19, tra gli strumenti a disposizione vi sono i nostri cellulari, che possono consentire alle istituzioni di monitorare in modo puntuale i nuovi focolai. Si parla in questo caso di tracciamento dei contatti (in inglese “contact tracing”), per la prevenzione e il contenimento della diffusione delle infezioni. In questo ambito i Politecnici di Losanna e Zurigo hanno sviluppato un'applicazione, SwissCovid, che permette di aiutare a ricostruire le catene di contagio con la semplice attivazione del bluetooth sul proprio cellulare. Va anche detto che in alcuni Paesi come Singapore e la Corea del Sud, questo genere di misura ha da subito rappresentato uno strumento importante all’interno della strategia sanitaria, sia per contenere l’emergenza sia per mantenere la popolazione in una condizione di quasi normalità.
L’app SwissCovid è scaricabile dall’Apple Store e da Google Play dallo scorso 25 giugno, dopo un periodo di test e fasi di sperimentazioni che dal 25 maggio hanno coinvolto più di 15 mila utenti dell'amministrazione federale, dell’esercito, degli ospedali e dei politecnici federali, impegnati a testare le funzionalità e la sicurezza informatica dell’applicazione.
Ad oggi sono circa 1 milione gli elvetici che hanno scaricato l’applicazione, ma sembra utile chiarire bene gli elementi che rendono importante avere sul proprio smartphone SwissCovid per tutelare la salute di tutti. E per capirne di più su un tema così complesso abbiamo intervistato all’Avvocato Rocco Talleri, titolare dello Studio Legale Talleri Law e co-fondatore insieme a ated-ICT Ticino dell’Osservatorio Privacy e dello Sportello Privacy.
Avvocato Talleri, secondo le rilevazioni dell’Ufficio federale di Statistica ad oggi circa 1 milione di svizzeri hanno scaricato sui loro cellulari l’app SwissCovid. Serpeggia però una certa sfiducia e forse anche paura nelle persone soprattutto sotto il profilo della sicurezza e tutela della privacy. Possiamo fare chiarezza sul tema?
Posso dire che dal profilo della privacy non occorre nutrire alcuna preoccupazione. Infatti, il primo elemento alla base dello sviluppo dell’attuale applicazione è proprio stato quello di garantire non solo un’applicazione efficace dal punto di vista tecnologico, ma anche soprattutto dal profilo della tutela della privacy e della protezione dei dati (attuando il principio detto “privacy by design”).
La genesi di questa app attesta la sensibilità posta in relazione a tale aspetto dagli sviluppatori dei due politecnici federali (ETH e EPFL). Infatti, in una prima fase, la collaborazione si era sviluppata a livello europeo e si è in seguito interrotta, proprio a causa di divergenze in relazione all’approccio. Per i due politecnici era non solo possibile ma anche doveroso realizzare un’applicazione che fornisse il massimo risultato con il minimo impatto sulla privacy. Credo si possa dire che ci sono riusciti.
L’app SwissCovid di fatto non tratta “dati personali”, poiché non raccoglie e non utilizza alcun dato che possa permettere di identificare una determinata persona. Tanto quanto dal profilo tecnico quanto dal profilo normativo si può quindi affermare che l’applicazione SwissCovid è un’applicazione che garantisce la protezione dei dati personali, in primo luogo poiché non ne raccoglie ma anche perché non permette di estrapolarne. In questo senso le preoccupazioni nei confronti dell’applicazione sono, a mio modo di vedere, perlomeno dal punto di vista della privacy, del tutto ingiustificate. L’applicazione si limita a tenere traccia della distanza inferiore a 1,5 m per un periodo superiore a 15 minuti di due dispositivi. Queste informazioni, conservate all’interno del dispositivo stesso e crittografate, vengono confrontate attraverso il sistema centrale con le informazioni degli utenti che nel frattempo dovessero essere risultati positivi al covid19 e che hanno deciso di condividere tale informazione (sempre in forma anonima). Si noti che l’inserimento dell’avvenuto contagio può avvenire unicamente attraverso un accertamento medico e una procedura specifica. E quindi inimmaginabile che qualcuno possa inserire dei dati senza essere passato attraverso ad una verifica medica. L’informazione viene poi condivisa, sempre in maniera del tutto anonima senza alcun dato personale, in modo che i dispositivi possano confrontare i dati del dispositivo risultato appartente ad una persona infetta con quelli presenti nel proprio database degli ultimi 14 giorni. Se è questo il caso l’applicazione ci informa del fatto che si è stati esposti a un potenziale rischio di contagio. Fornisce questa informazione ma non impone alcun obbligo né tantomeno tale obbligo è previsto dalla legge. Oltre a questo, anche nella misura in cui dovessimo venire avvisati di essere stato in contatto con una persona poi risultata positiva al covid19,non siamo tenuti a intraprendere alcun passo. In altre parole, si lascia al senso di responsabilità degli utenti adoperarsi affinché l’informazione ricevuta attraverso l’applicazione possa essere utilizzata nel migliore dei modi e al fine di contenere la pandemia. Questo implica la facoltà di mettersi in contatto, soprattutto qualora si dovessero presentare dei sintomi, con le Hotline dedicate, con i propri medici o i centri sanitari; in questo modo è possibile non soltanto tutelare la propria salute, ma soprattutto di evitare di esporre le altre persone, in particolare il nucleo familiare colleghi e amici, al rischio di contagio.
Proprio sul punto della tutela della nostra privacy, SwissCovid in cosa è diversa dalle applicazioni che affollano i nostri cellulari e che spesso ci chiedono di conoscere la nostra posizione?
Sotto il profilo della protezione dei dati le applicazioni di tracciamento che sono maggiormente diffuse non utilizzano quindi necessariamente de tecnologie diverse da quelle di numerose altre applicazioni, già presenti nei nostri dispositivi. I social media in particolare, ma anche altre applicazioni, si basano sulle potenzialità di saper collocare un determinato dispositivo, in un determinato momento, in un determinato spazio, grazie alla tecnologia bluetooth.
La soluzione SwissCovid prevede l’elaborazione dei dati non su un server centrale, ma direttamente sul dispositivo. Inoltre, tali dati, che di per sé non sono necessariamente atti a identificare una persona fisica, non venendo gestiti in maniera centralizzata, sono meno esposti al rischio, ad esempio, di essere rubati o danneggiati. Quindi, di fatto, la Legge federale sulla protezione dei dati attuale non troverebbe neppure applicazione. Ma anche se ciò fosse il caso, l’utilizzo volontario dell’applicazione ne implicherebbe in ogni caso il consenso dell’utente che tenuto conto dell’attuale situazione e dell’applicazione della legge sulle epidemie (cfr art. 33 e 58 LEP) neppure sarebbe necessario, trattandosi di una soluzione governativa finalizzata alla lotta alla diffusione del virus.
Analogamente a quanto previsto dal diritto svizzero, anche il GDPR e i rispettivi ordinamenti degli Stati membri consentono, in presenza di predominanti interessi pubblici, di effettuare il trattamento di dati personali sensibili a determinate condizioni. Dal mio punto di vista, posto che la protezione dai dati personali è un diritto costituzionale sia in Svizzera che in Europa, e che nella contrapposizione fra due diritti costituzionali di principio occorrerebbe agire sempre secondo il principio della proporzionalità, ritengo che l’approccio svizzero sia preferibile e, perlomeno sulla carta, risulti più trasparente e garantista. La Confederazione ha dato prova di grande sensibilità sull’argomento e di prediligere un approccio basato sulla trasparenza, la sicurezza, la confidenzialità e soprattutto la responsabilità del singolo, che è libero di scegliere se utilizzare o meno l’app; nell’Ordinanza sul sistema di tracciamento della prossimità per il coronavirus SARS-CoV-2 (OSTP) del 24 giugno 2020, che pone chiari limiti sia di natura tecnica che giuridica all’utilizzo dell’app e dei dati da essa prodotti, all’art. 3 è sancito che “l’installazione e l’utilizzazione dell’app SwissCovid sono volontarie” e che “i partecipanti che sono stati potenzialmente esposti al coronavirus sono informati soltanto con il consenso esplicito della persona infetta”.
Ma una volta finita la pandemia e scemata la necessità di contact tracing, fino a che punto è lecito che un Governo centrale mantenga in funzione un’applicazione di tracciamento per la salute degli individui?
L’ordinanza citata (OSPT) non si limita a specificare le caratteristiche tecniche dell’applicazione, gli obblighi e i doveri legati alla medesima, ma ne pone anche dei chiari limiti di utilizzo. In particolare, è previsto espressamente che quando l’ordinanza sarà abrogata (per il momento è previsto che si applicherà fino al 30 giugno del 2022) l’applicazione verrà dismessa e gli utenti verranno invitati a disinstallarla dei propri dispositivi. Ricordo che il parlamento svizzero ha dimostrato grande sensibilità nei confronti del tema e che pertanto la politica ha saputo reagire in maniera adeguata a una sfida epocale. Confido che i processi democratici del nostro Paese sono e saranno in grado di garantire il rispetto della privacy, perlomeno per quanto riguarda il tema che ci occupa.
Nella nostra Democrazia tuttavia non basta che il Governo e i suoi incaricati facciano la loro parte, la Democrazia implica anche l’assunzione di responsabilità da parte del singolo individuo. Ed è questo aspetto l’elemento centrale per la riuscita di un progetto così importante, ciascuno di noi è chiamato a compiere scelte responsabili per la tutela sua e di tutti noi.
CHI È ated – ICT Ticino
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