Dalla pubblicità alla didattica, tutto può trarre forza dai meccanismi ludici: ce ne parla l’esperto Mauro Longo
Qualsiasi cosa può diventare appassionante, se proposta nel modo giusto: è questo uno dei concetti alla base della gamification, una tendenza che si è ben inserita nell’ambito del marketing - e non solo -, mettendo in primo piano l’interattività.
Specialmente quando parliamo di strumenti web, facciamo spesso riferimento a quanto la loro versatilità permetta di trovare soluzioni interessanti e innovative per entrare in contatto con il nostro target. In questo caso, il pubblico in questione non si trova soltanto ad essere coinvolto, ma si diverte, interviene, rimane ben volentieri fidelizzato al brand che offre questa esperienza spesso inedita.
Eppure non è facile, ancora oggi, dare una definizione del termine gamification e inquadrarlo in uno schema teorico. Per questo, abbiamo pensato di farci dare una mano da chi di gioco si intende parecchio: Mauro Longo, scrittore e curatore di librogame, giochi di ruolo e narrativa, esperto dell’ambito.
Che cosa significa "gamification" e da quando abbiamo cominciato a parlarne?
Vi offro la mia interpretazione, non una definizione da dizionario: la gamification è quell'insieme di pratiche, stimoli, espedienti e - perché no? - anche trucchetti, che serve a trasformare in gioco (o far virare un po' verso il gioco) quello che gioco non è.
Parliamo, ad esempio, dell'apprendimento scolastico, delle dinamiche aziendali, delle performance individuali e collettive rispetto a qualsiasi obiettivo che un singolo o un gruppo sceglie di darsi, e perfino delle faccende domestiche e degli acquisti al supermercato. Poiché molti elementi dei giochi sono coinvolgenti e divertenti, con la gamification si prova a inserire un po' di questo coinvolgimento nella vita quotidiana, in attività che altrimenti possono essere avvertite come grigie, monotone e noiose. A guardar bene, è una pratica che esiste da sempre, ma se ne parla in maniera più concreta da appena una decina di anni.
Come si collega alla modalità del gioco di ruolo?
Gamification e Role-playing game sono due ambiti abbastanza diversi tra loro, con metodologie, applicazioni e tecniche diverse, ma che possono anche sovrapporsi, in alcuni casi. Anche il gioco di ruolo è molto usato come tecnica in contesti educativi, psicologici, sociologici e aziendali, ma con dinamiche diverse. Per semplificare, potremmo dire che la gamification serve a trasformare in divertente e stimolante quello che altrimenti è poco accattivante e molto ripetitivo, mentre il gioco di ruolo permette un apprendimento esperienziale molto più efficace dell'apprendimento nozionistico, e viene spesso usato per aumentare l'empatia, fare team building e stimolare pensiero laterale e problem solving. Quando queste due tecniche vengono usate insieme con criterio, la combinazione è esplosiva!
A cosa è dovuto il successo della gamification, secondo te?
È un segreto di Pulcinella: l'attitudine al gioco è innata nell'uomo, e mette in campo una serie di dinamiche che la nostra mente trova stimolanti e interessanti. Raccogliere punti, ottenere risultati tangibili, anche se fittizi, ottenere achievements o medaglie, vincere sfide che in pratica ci poniamo davanti da soli, risolvere enigmi o misteri, competere tra concorrenti o collaborare contro il sistema, sperimentare elementi aleatori e cercare di superarli, calarci "per gioco" nei panni di qualcun altro, fingerci eroi, sfidanti o cacciatori di tesori sono tutte attività che ci coinvolgono in maniera spontanea e immediata, e rendono più gradevole un compito ripetitivo o una routine. Se potesse, l'uomo vivrebbe tutta la propria esistenza giocando, divertendosi e dedicandosi a ogni sorta di passatempo. La gamification è un tentativo di portare questa attitudine nella quotidianità.
Quali sono le campagne di marketing o le pagine social che hanno applicato al meglio questo concetto, secondo te?
Ce ne sono tantissime. Uno degli ambienti gamificati che sperimento maggiormente nella mia vita quotidiana e professionale è quello di Kickstarter e di altri portali di crowdfunding, che hanno di fatto gamificato concetti come la raccolta di fondi e i preordini di prodotti. In Kickstarter hai un goal da raggiungere (o far raggiungere ai tuoi progetti preferiti), degli stretch goal da sbloccare, dei social goal da condividere, e poi ancora percentuali, rewards, premi speciali e quant'altro, che trasformano quella che di fatto è un'esperienza d'acquisto in una sorta di divertente competizione in cui il cliente stesso è felice di far parte del gioco del venditore. Se poi pensiamo che una fondamentale fetta dei progetti che vengono lanciati su Kickstarter riguarda giochi da tavolo, giochi di miniature e giochi di ruolo, allora questo cortocircuito è ancora più interessante.
Un'altra cosa a cui ho partecipato di recente e reputo molto azzeccata è una campagna di divulgazione su temi di ambiente, biodiversità e alimentazione promossa dalla Coop Toscana, realizzata tramite dei librogame e delle avventure interattive. Nel gioco, si interpretano dei ragazzi pronti a diventare dei detective in erba per esplorare il territorio, promuovere le sue risorse e difenderlo dalle minacce ambientali. In questo caso, l'intento didattico poteva essere palese e fin troppo didascalico, e invece abbiamo deciso di utilizzare un registro davvero ludico e accattivante... dopotutto il gioco deve essere gioco, non una lezione travestita, altrimenti l'inganno verrà facilmente svelato e la gamification perderà tutto il suo potenziale!
Da dove si comincia per creare un gioco, sotto forma di narrazione, di campagna o di pagina?
Dal fruitore di quell'esperienza, dal cliente, dall'acquirente. In poche parole: dal giocatore! Per prima cosa, quindi, bisogna individuare chi sono i nostri giocatori: creare una community di interessati, capire che tipo di esperienza ludica o immaginifica creare loro attorno, cosa vogliono e di cosa hanno bisogno. Fare "tailoring" insomma.
Per seconda cosa, capire quali sono gli obiettivi del nostro gioco o della nostra gamification: proporre divertimento e passatempo puro, oppure veicolare qualche concetto, qualche obiettivo, qualche nozione da apprendere? Dopo aver "ideato" il nostro gioco nelle sue caratteristiche generali, bisogna poi progettarlo nei dettagli, e infine realizzarlo. Se le due fasi precedenti sono state portate a compimento in maniera precisa e dettagliata, la realizzazione del gioco o dell'esperienza ludica sarà molto semplice ed efficace.
Da esperto del settore, come immagini il futuro di questo trend?
La gamification è stata una moda per diversi anni, una novità di cui impossessarsi e vantarsi per mostrarsi attenti alle nuove dinamiche del marketing, della didattica e del mondo aziendale. A quel punto, come spesso succede, la sostanza concreta era circondata da una nube di “fuffa” e ovvietà di cui si poteva anche fare a meno.
Tolta però l'aria fritta, il concetto rimane valido: più si trasforma in qualcosa di "giocoso" un'attività quotidiana più essa diventa accattivante, gioiosa e stimolante, e questo è sempre un vantaggio. La sfida è quella di evitare i trucchetti e le facilonerie: non basta fare le raccolte punti o dare le medaglie ai dipendenti e agli studenti che raggiungono gli obiettivi, per rendere la loro vita un gioco. Si rischia anzi che il trucco diventi palese e generi l'effetto contrario.
Il gioco, insomma, deve essere davvero gioco, non una fregatura creata ad arte per renderci più produttivi. Dopotutto, cosa c'è di più improduttivo del gioco?
Trovare strategie creative ed efficaci per promuovere la propria attività è un obiettivo per tutti. Se sei un/a professionista o hai la tua azienda, e pensi che quella della gamification e del digital marketing possa essere una strada interessante da percorrere per il tuo brand, potremmo già avere in serbo qualche idea che faccia al caso tuo: contattaci per richiedere una consulenza gratuita, te la sveleremo subito!
Articolo a cura di Linkfloyd Sagl, agenzia di marketing e comunicazione in Ticino.