La testimonianza di una 36enne del Luganese: «È come una droga e ti distrugge la vita»
LUGANO - «Per fare shopping sono arrivata al punto di non pagare l’affitto. E ho accumulato oltre 50mila franchi di debiti». A raccontarlo a Tio/20Minuti è Francesca* una 36enne residente nel Luganese che dall’età di 14 anni convive con una dipendenza nascosta, di cui tutt'oggi si parla poco: la dipendenza da shopping.
Lo shopping compulsivo, o oniomania, è un disturbo psicologico di cui in Svizzera, secondo un’indagine pubblicata nel 2019 dall’Ufficio federale della sanità pubblica, soffrono ben 330’000 persone. E a preoccupare è il fatto che la sua incidenza, nel nostro Paese, è paragonabile a quella dell’alcolismo.
Notti insonni - «La mia dipendenza si manifesta più che altro nello shopping online», ci spiega Francesca*. «Tendo a comprare tante cose inutili, soprattutto vestiti e prodotti per la casa e la cucina. La notte spesso non riesco a dormire e in me si fa strada il pensiero fisso di comprare qualcosa..è una lotta costante».
Una lotta che non sempre, anche dopo anni di terapia, Francesca* riesce a vincere: «Settimana scorsa ho fatto acquisti online durante il pomeriggio, e poi ancora alle 3 del mattino. È come una droga: combatto e penso “lo prendo o non lo prendo”, “lo faccio o non lo faccio”». Una volta effettuato l’ordine, la sensazione è «di sollievo e benessere». Al contrario, quando i prodotti acquistati arrivano a casa, subentrano «senso di colpa e pentimento».
«Faticavo ad ambientarmi e subivo bullismo» - La dipendenza della 36enne, peraltro, ha alla radice delle cause ben precise: «A un certo punto sono arrivata al limite e ho iniziato a vedere un terapeuta. E grazie a lui ho capito che la mia dipendenza deriva da ansia e depressione».
Già, perché per Francesca*, fin da giovanissima, la vita non è stata semplice: «Sono originaria dell’America centrale e sono arrivata in Svizzera, con la mia famiglia, a 12 anni. Abbiamo vissuto per due anni in un altro cantone, per poi spostarci in Ticino». Diversi grandi cambiamenti, insomma, che per un'adolescente possono diventare difficili da sostenere: «Non conoscevo la lingua, la cultura era diversa e facevo fatica ad ambientarmi. Senza contare che a scuola subivo bullismo e che non andavo d’accordo con il mio patrigno». La giovane, dunque, finisce per isolarsi, sprofondando nella depressione e arrivando a tentare più volte il suicidio.
«Rubavo in casa e, per ottenere i soldi, rivendevo» - Ed è proprio nel quadro di questa triste situazione che Francesca* cerca e trova sfogo nello shopping: «Prendevo la carta di credito di mia madre, oppure rubavo i suoi oggetti di valore e li vendevo, così da ricavare soldi con cui facevo i miei acquisti. Non mi rendevo conto che stavo andando incontro a un qualcosa di pericoloso... facevo compere anche da 1’000 o 2’000 franchi alla volta e vedevo lo shopping come il mio unico amico». E oggi i sensi di colpa si fanno sentire: «Soffro a pensare che tanti sacrifici fatti da mia madre sono andati sprecati per colpa mia», confessa la donna.
La curatela - Dopo anni di buio, però, Francesca*, ormai 18enne e conscia di avere un problema serio, decide di cercare supporto per la gestione delle sue finanze. «Ho chiesto, di mia spontanea volontà, una curatela», ci spiega. «La mia curatrice si occupa di coprire i miei costi fissi e tuttora monitora costantemente i miei movimenti finanziari. Questo mi sta aiutando tanto, perché se sgarro lei se ne accorge. Inoltre oggi ho figli, e naturalmente voglio dare loro una sicurezza finanziaria».
Certo, il consumismo che spadroneggia nella nostra società non facilita sicuramente le cose. «Le pubblicità per me sono come una calamita», ammette Francesca*. «Tendo dunque a evitare i social media e a usare poco il telefono, perché rende lo shopping online particolarmente facile e veloce».
L'invito, per chi sospetta di soffrire di shopping compulsivo, è quindi chiaro: «Non bisogna sottovalutare il disturbo, ed è essenziale chiedere aiuto. Questa dipendenza ti distrugge la vita».
«Situazioni disastrose» - A voler far passare questo messaggio è anche Sara Palazzo, responsabile dei servizi ambulatoriali di Ingrado. «Tutte le dipendenze comportamentali (come quelle da shopping, gioco d’azzardo, videogiochi o sesso) vengono perlopiù banalizzate, quando possono avere le medesime conseguenze negative di quelle da alcol o sostanze. La popolazione fatica a capirlo, e questo non aiuta, perché queste persone finiscono per chiedere supporto solo quando si trovano in situazioni disastrose, con debiti importanti e una dipendenza che nel tempo si è molto acuita. Quella che noi vediamo, dunque, non è che la punta dell’iceberg».
I campanelli d'allarme - Va detto, poi, che «la dipendenza da acquisti è una dipendenza invisibile», sottolinea Palazzo. «Non c’è un deperimento fisico, dunque l’entourage della persona il più delle volte non si accorge di quello che sta accadendo. Ripetuti richiami di pagamento, furti in casa, isolamento sociale e sbalzi di umore possono però essere dei validi campanelli d’allarme».
L'ombra di Temu e Shein - Si può inoltre presupporre che il fenomeno, negli ultimi anni, si sia intensificato. «Va considerato che l'avvento della digitalizzazione ha facilitato l’acquisto. Risulta infatti estremamente semplice, anche per un 13enne o un 14enne, comprare su app o siti come Temu o Shein. Questo non solo per i prezzi offerti, decisamente ridotti, ma anche per la rapidità con cui, in pochi click, si arriva a effettuare un ordine. Ciò, naturalmente, accresce il rischio di cadere nella compulsività. Senza contare le super-offerte costantemente lanciate da questi siti e i suggerimenti di articoli da aggiungere al carrello da cui si viene continuamente bombardati».
«Giovani donne, ma anche disoccupati e pensionati» - Ma qual è l’identikit del dipendente da shopping? Si tratta soprattutto di donne tra l’età adolescenziale e i 30-35 anni, che spesso si interfacciano con una prima esperienza lavorativa e di gestione patrimoniale, ci spiega Palazzo. Va però detto che anche la propensione all’acquisto degli uomini, negli ultimi anni, è aumentata, e che anche altre categorie, come persone senza attività occupazionale, sono da considerarsi a rischio. «Questo perché hanno più tempo a loro disposizione, e la noia può portare facilmente all’acquisto compulsivo, così come ad altre dipendenze comportamentali come il gioco d’azzardo».
*Nome di fantasia, nome reale conosciuto alla redazione