Un 34enne del Mendrisiotto, ritenuto incapace di intendere e di volere al momento dei fatti, dovrà seguire una presa a carico psichiatrica.
LUGANO - Mendrisio, 23 gennaio 2024. Mancano pochi minuti alle 20 quando un 33enne della regione, che viaggia a bordo del suo autofurgone insieme alla moglie, entra a tutta velocità nell'area del Centro pronto intervento e si lancia all'impazzata contro un'auto, rischiando di travolgere due agenti della Polizia comunale. Pochi giorni prima, rivelerà in seguito la moglie, l'uomo l'aveva inoltre sequestrata in casa, nonché minacciata e ferita con un coltello.
Oggi, a un anno di distanza dai fatti, il 34enne ha dovuto rispondere del suo agire alle Assise correzionali di Lugano ed è stato giudicato colpevole di tentate lesioni gravi, sequestro di persona e rapimento, minaccia qualificata, lesioni semplici qualificate, vie di fatto, infrazione grave alle norme della circolazione, guida in stato d’inattitudine, lesioni semplici e danneggiamento aggravato.
Niente carcere - Per lui la Corte ha ordinato un'istanza di misura che consiste in un trattamento ambulatoriale per la cura dei disturbi psichici. Al momento dei fatti, secondo quanto emerso dalla perizia pschiatrica, l'uomo era infatti in preda a un forte scompenso psichico, e quindi incapace di intendere e di volere.
Il 34enne, che presenta un elevato rischio di recidiva, dovrà in ogni caso versare alla moglie un risarcimento per torto morale pari a 1'000 franchi, oltre a rimborsare il Comune di Mendrisio per i danni materiali causati, stimati in oltre 16'000 franchi.
«Non ero in me» - «Sto male per quello che è successo e per quello che ho fatto. Ero terrorizzato per me, per mio figlio e per mia moglie. Non ero in me», ha detto l'imputato in aula. «Cosa l'ha spinta ad andare contro quell'auto?», lo ha incalzato il giudice Amos Pagnamenta. «Era un grido d'aiuto, volevo attirare l'attenzione per farmi aiutare. Non volevo però fare male a nessuno».
E, riguardo al sequestro messo in atto tra il 19 e il 20 gennaio 2024 nei confronti della moglie: «Ero in fortissimo scompenso psichico, non mi fidavo più di lei e non capivo cosa stesse succedendo».
A prendere la parola è quindi stata la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, che ha chiesto l'approvazione dell'istanza di misura. «L'imputato sembra aver compreso l'entità di quanto commesso e l'importanza di un seguito psicoterapico. Ad oggi, inoltre, questo è stato portato avanti in maniera proficua».
«Quattro vite messe in pericolo» - «Questa volta per fortuna non è morto nessuno, ma quattro vite sono state messe in pericolo: quella della moglie, del figlio e dei due agenti», ha tenuto invece a sottolineare la rappresentante legale della moglie, l'avvocato Sofia Padlina. «Tutto è cominciato nel luglio del 2023, sei mesi prima dei fatti, quando l'imputato ha scelto spontaneamente di sospendere l'assunzione dei farmaci antipsicotici che prendeva, consapevole che ciò avrebbe portato a uno scompenso. Questa scelta ha portato alla distruzione della famiglia». Padlina ha poi evidenziato come, durante il sequestro della moglie, in casa fosse presente anche il figlioletto della coppia, che aveva solo due anni. La donna «ha quindi più volte temuto non solo per la sua vita, ma anche per quella del figlio».
«Non voleva far male a nessuno» - La vede diversamente, invece, Samuele Scarpelli, l'avvocato difensore dell'uomo. «Se oggi siamo qui a discutere di una richiesta di misura è perché quanto commesso dal mio cliente è accaduto in un momento di totale scompenso psichico», ha detto. «Vedeva delle cose che in realtà non c'erano, sentiva delle voci e degli odori che erano solo nella sua testa. E va detto che ha sempre dichiarato di non essere mai stato intenzionato a fare male a nessuno. Nello scontro alla sede della polizia, in particolare, l'imputato ha voluto evitare gli agenti, ed essendo stato pilota professionista sapeva quello che faceva», ha concluso.