Il settore della sicurezza privata è in difficoltà: e punta il dito contro il Dipartimento delle istituzioni
Permessi bloccati agli stranieri. La Polizia: «Colpa di un inghippo da parte italiana»
LUGANO - Hanno fatto la loro parte, con la pandemia. Nei supermercati ma non solo: gli agenti di sicurezza in Ticino lavorano più che mai. C'è chi si è lamentato per le condizioni di lavoro. Ma nei giorni scorsi è emerso un nuovo problema, che è arrivato fino in Parlamento.
Il motivo: da alcuni mesi la professione sarebbe interdetta agli italiani. I tesserini per il porto d'armi e l'esercizio della security, rilasciati dal Servizio armi ed esplosivi della Polizia, dalla primavera non verrebbero rilasciati a frontalieri e titolari di permesso B.
Un «nuovo grave abuso dello stato di diritto» secondo i deputati dell'Mps. In un'interrogazione hanno puntato il dito contro Gobbi, e ne accusano il Dipartimento - sulla scorta delle recenti polemiche - di una prassi ritenuta «discriminatoria» nei confronti degli stranieri.
«Ottenere i permessi per lavorare è diventato molto più difficile negli ultimi anni» conferma un 45enne italiano con permesso B, attivo nel settore. «È un atteggiamento che dura da tempo, fatto di cavilli e tempi lunghissimi, con assurde richieste di documenti». Secondo il securino la procedura, a parità di casellario giudiziale, «per uno straniero richiede molto più tempo e ha esiti molto più incerti». Il suo caso ne sarebbe la dimostrazione.
Ma da alcuni mesi a questa parte la situazione si sarebbe «ulteriormente aggravata». I problemi sono ammessi esplicitamente in una circolare diramata a settembre (vedi allegato) dalla Polizia cantonale a diverse agenzie di sicurezza private sul territorio. «Come sicuramente vi è noto - si legge - negli ultimi mesi il nostro ufficio non ha potuto rilasciare autorizzazioni» ai cittadini italiani «con permesso G o B residenti in Ticino da meno di cinque anni».
La causa del diniego, secondo la circolare, è da attribuire alle autorità italiane «che non ci forniscono più le informazioni di polizia necessarie» per stabilire se gli aspiranti agenti sono "puliti" o no. Il contenuto del documento - rimbalzato sui social non senza indignazione - è confermato e ribadito dalla Polizia cantonale, contattata.
«Al momento risulta estremamente complicato, se non praticamente impossibile per i cittadini italiani lavorare nell’ambito della sicurezza in Ticino» spiegano dal Servizio competente. «Attualmente gli attuali accordi internazionali non contemplano lo scambio di questo tipo di informazioni per procedure amministrative».
Non è questione "primanostrismo", assicura la polizia, ma di parità di trattamento. «Il principio della verifica delle banche dati di polizia vale per tutti gli istanti, siano essi cittadini svizzeri o meno. L’autorità ticinese è tenuta ad agire in questo modo, allo scopo di assicurare che solo persone senza precedenti incompatibili ricevano l’autorizzazione e, anche, a tutela della parità di trattamento nei confronti dei cittadini svizzeri, per i quali le verifiche avvengono attraverso le informazioni di polizia già in possesso del servizio. Infatti, il principio della verifica delle banche dati di polizia vale per tutti gli istanti, siano essi cittadini svizzeri o meno».
Un problema per i lavoratori, e anche per le agenzie di sicurezza. «Abbiamo richieste di permessi in sospeso da circa sei mesi» conferma Stefano Moro di Securitas. «Siamo fiduciosi che il problema verrà risolto presto, diversamente dovremmo licenziare alcune persone, a malincuore». Per Securitas si tratta di 4 collaboratori su 360. Altre aziende potrebbero avere problemi maggiori. Dalla Polizia cantonale rassicurano: «Sono in corso iniziative da parte nostra per cercare di risolvere la problematica quanto prima».