URC disertati e povertà: Fra Martino Dotta, responsabile della Fondazione Francesco, bacchetta le statistiche: «Non indicano la realtà».
LUGANO - Disoccupazione mai così bassa in Ticino negli ultimi 20 anni. La notizia diffusa ieri dalla Segreteria di Stato dell'economia (SECO) fa discutere. Come è possibile che la media annua si aggiri attorno al 2,6% quando ci sono un sacco di ticinesi senza impiego? Fra Martino Dotta, responsabile della Fondazione Francesco per l'aiuto sociale, è perplesso. «Io vedo quotidianamente situazioni di disagio economico. Mi sembra che le statistiche non rispecchino pienamente la realtà».
Lei si occupa del Centro Bethlehem a Lugano e di Casa Martini a Locarno. Cosa nota dai suoi osservatori?
«C'è gente caduta completamente in disgrazia con il Covid e con l'inizio della guerra tra Russia e Ucraina. Persone vittime di tagli al personale. La pandemia ha dato il colpo di grazia a tante situazioni già fragili. Da noi arrivano anche mamme sole, donne con figli a carico che hanno difficoltà nel ricevere gli alimenti da parte dell'ex coniuge. E poi ancora persone con scarse qualifiche. Oppure gente che pur lavorando guadagna troppo poco».
Scusi, ma allora perché secondo lei gli uffici di collocamento sono così alleggeriti?
«Senza offendere nessuno, bisogna dire che tanti ticinesi preferiscono evitare di finire nel tritacarne burocratico delle assicurazioni sociali. Agli uffici di collocamento non si sentono accolti e sostenuti. Altri decidono di non rivolgersi alla propria cancelleria comunale per un sostegno. Questo è quello che mi è spesso riportato. E allora si cercano altre vie pur di stare a galla. Si lavoricchia e magari si chiede aiuto a parenti o amici. Oppure a noi. È una realtà sommersa, che non è considerata dalle statistiche ufficiali».
Ci sono anche diversi stranieri che rinunciano alla disoccupazione o all'assistenza. Perché?
«Perché temono di perdere il permesso di stare in Svizzera. Purtroppo negli ultimi anni è passata questa idea. Anche perché il Cantone applicava sistematicamente questa regola: se una persona con il Permesso B chiedeva l'assistenza, riceveva un ammonimento. La conseguenza era che lo straniero, pur di non perdere il permesso, ritirava la richiesta. Altri nemmeno la inoltravano perché sapevano di questo problema».
Berna nel frattempo è intervenuta...
«Sì. Questa politica è stata bacchettata dal Tribunale federale qualche tempo fa. Solo che ora è difficile fare passare un nuovo messaggio positivo. Ci vuole tempo».
Che ne pensa dei lavoratori sottopagati?
«Disagio enorme. Sappiamo che, malgrado tutti i controlli, in diversi casi i livelli salariali riconosciuti ai frontalieri sono inferiori di quelli riconosciuti ai residenti. I residenti spesso si devono accontentare di quanto trovano. I cosiddetti lavoratori poveri nascono anche così. Lavorano, ma non guadagnano a sufficienza. Di conseguenza, chiedono aiuto al nostro fondo di solidarietà o ad altri enti privati».