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CANTONEIl dilemma del pannolino, quelli che lo lavano e quelli che lo buttano

27.09.24 - 06:30
Compongono il 10% dei rifiuti domestici in Svizzera ma trovare alternative è complicato. La scelta (opposta) di due famiglie ticinesi.
foto lettori tio.ch
Il dilemma del pannolino, quelli che lo lavano e quelli che lo buttano
Compongono il 10% dei rifiuti domestici in Svizzera ma trovare alternative è complicato. La scelta (opposta) di due famiglie ticinesi.

A metterli in fila tutti quanti si potrebbe coprire la distanza fra Milano e Zurigo. Come riportato di recente dalla SRF, un sacco della spazzatura ogni dieci - per quanto riguarda i rifiuti domestici - è composto interamente da pannolini. Un impatto ambientale importante che non lascia indifferenti le famiglie, anche in Ticino.

«Quando è nato nostro figlio abbiamo iniziato con i pannolini monouso e siamo rimasti scioccati da quanti sacchi dell'immondizia abbiamo riempito», ci racconta Alberto*, neopapà del Bellinzonese, «mia moglie si è quindi attivata e - dopo un po' di ricerche - abbiamo optato per i pannolini lavabili in tessuto, abbiamo fatto qualche test e ci hanno convinto. Oltre alla questione ambientale, a cui teniamo anche se non siamo assolutamente degli integralisti, c'era anche quella relativa alle sostanze chimiche che ci sono nei pannolini che stanno per ore a contatto con la pelle. È un bell'investimento all'inizio, è vero, che poi si recupera ed è anche piuttosto impegnativo, ma a noi va bene così».

In Europa si è parlato, e si parla ancora molto, delle presunte sostanze tossiche contenute nei pannolini. Qualche anno fa in alcuni Paesi membri dell'UE alcuni organi ufficiali avevano espresso i loro dubbi riguardo a possibili rischi relativi all'applicazione prolungata dei pannolini. Sulla questione si era chinato anche l'Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV) che aveva determinato che i suddetti «non contengono sostanze chimiche pericolose». Detto questo, in maniera più o meno unanime, la parte più critica del prodotto si trova nelle sostanze superassorbenti utilizzate per trattenere la pipì. Queste sono di scoperta relativamente recente e realizzate con derivati del petrolio.

«Per noi non ci sono mai stati grossi dubbi», racconta Dania* neomamma del Luganese, «vuoi per il fatto che entrambi lavoriamo e che il tempo a disposizione è quello che è, e vuoi che non abbiamo una macchina da lavare in casa e dobbiamo adeguarci ai turni del condominio, non c'erano davvero alternative al classico pannolino usa e getta. Così a occhio, direi che ogni settimana almeno un sacco della spazzatura da 35 litri lo riempiamo, non possiamo dire che la cosa ci lasci indifferenti. È vero che più il bimbo diventa grande più il volume dei pannolini, così come il prezzo, aumentano».

Ma si può davvero parlare di un comportamento più o meno virtuoso? «Iniziamo con il dire che l'uso del pannolino è legato a una sensibilità estremamente personale e ogni famiglia, con le sue credenze, i suoi valori e le sue necessità è un caso a sé. Si tratta di un prodotto figlio del boom economico, nasce come un prodotto all'avanguardia e di lusso», ci spiega Paola Righetti Stein infermiera consulente materno pediatrica (Icmp) del Mendrisiotto, «e in alcune parti del mondo è ancora così, da noi invece ormai è di uso e consumo comune».

Fra taglie extra-large, modelli mutandina facili da indossare e una forte componente di marketing, la percezione diffusa è che i bimbi smettano di indossarli sempre più tardi, è così?

«Sicuramente in occidente si è assistito a una spinta più forte in questo senso e può capitare che alcuni genitori continuino a utilizzarli fino ai 3-4 anni. Non esistono studi scientifici a riguardo, da una parte è probabile che sia vero che i genitori di oggi spesso lavorano e sono più impegnati, dall'altra è anche vero che le industrie sono state molto abili, e non solo per quanto riguarda la promozione. Al giorno d'oggi i pannolini sono estremamente performanti, assorbono molto bene e il bimbo non ne è infastidito, non si lamenta e quindi per alcuni genitori è più semplice decidere di non farne a meno».

Quando sarebbe il momento migliore per “salutarlo”?

«Diciamo che c'è quella che noi chiamiamo “una finestra di opportunità” - che è l'intervallo consigliato per lo spannolinamento, che è quello tra i 18 e i 24 mesi. Superato questo momento le cose diventano un po' più complesse, anche perché dopo i due anni nel bimbo subentra la fase del no. Questo non vuol dire che non si possa più fare, anzi, ma di sicuro diventa un po' più complicato. Per il bambino è un momento di sviluppo molto importante, rappresenta la conquista dell'autonomia.

Cosa viene richiesto ai genitori?

«In quella fase il bambino è fisiologicamente pronto per il passaggio ed è anche in grado di capire quello che gli si dice. In questo senso mamma e papà sono fondamentali, e devono essere attivi su più versanti: osservando il linguaggio del corpo del loro bimbo, facendogli capire come funziona il corpo e come sedersi sul vasino, magari anche attraverso l'imitazione. In questa fase il bimbo è anche in grado di adattarsi a un ritmo quotidiano, per esempio facendo la pipì appena si alza la mattina. È una cosa naturale, come il mangiare, ed è giusto che si impari naturalmente».

E in caso di difficoltà?

«Ogni bambina e bambino sono diversi, il mio consiglio è quello di utilizzare dei libri sull'argomento - e ce ne sono parecchi - che espongono l'argomento, parlando di crescita e sviluppo, e che permettono loro di immedesimarsi con un personaggio, che potrebbero poi eventualmente emulare».

*nomi noti alla redazione

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