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Cercare rifugio da un cielo di bombe

LUGANOCercare rifugio da un cielo di bombe

17.10.24 - 06:30
Lo struggente "Photophobia" racconta la vita dei residenti di Kharkiv nella prima fase della guerra in Ucraina
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Cercare rifugio da un cielo di bombe
Lo struggente "Photophobia" racconta la vita dei residenti di Kharkiv nella prima fase della guerra in Ucraina

LUGANO - Un chiosco distrutto, i lavori per il ripristino interrotti dai boati - sempre più vicini e spaventosi - di nuove bombe. Tutti cercano un riparo, anche sottoterra se possibile. Lo scarso traffico si blocca completamente, tutto si congela nell'eco terrificante delle esplosioni. Il tutto ripreso da una singola inquadratura fissa, in grado di offrire una visione ansiogena e nel contempo vagamente irreale, che introduce e contestualizza tutto quello che seguirà.

È la scena iniziale di "Photophobia", il film di Ivan Ostrochovský e Pavol Pekarčík che sarà proiettato giovedì 17 ottobre alle 20.30 e venerdì 18 ottobre alle 9.30, sempre al Cinema Corso di Lugano, nell'ambito del Film Festival Diritti Umani Lugano (FFDUL).

I registi, in questo docudrama premiato a Venezia nel 2023, raccontano la quotidianità di Kharkiv durante gli attacchi russi nelle primissime settimane della guerra in Ucraina. Le stazioni della metropolitana, diventate rifugio, brulicanti di vita. Lo sforzo di una impossibile normalità, mentre si vive nei vagoni dei treni, che non hanno più una partenza e una destinazione. Essere al posto di guida di un locomotore sarebbe il sogno di molti bambini, ma per Nikita, il piccolo protagonista del film, il treno si muove solo nella fantasia. Il mondo di superficie è troppo pericoloso, ci si rifugia nei sotterranei affidandosi all'istinto di sopravvivenza e alla speranza. Intanto questa città parallela diventa sempre più affollata. Si dorme tra i tornelli d'ingresso, sulle scale, nei corridoi. Ci sono medici e poliziotti che assistono e sorvegliano.

Il passato - quello recente, di un'Ucraina già ferita - diventa una diapositiva da guardare in controluce, quasi come fosse un malinconico gioco. C'è protezione ma ben poca gioia, lì sotto. La mancanza di aria fresca e sole si fanno sentire e, dove non possono arrivare le prescrizioni della premurosa dottoressa, c'è la fantasia e il desiderio di giocare. Nikita è curioso: scrive, disegna ed esplora insieme a Vika, la sua nuova amica. La macchina da presa dei registi lo segue discreta, cercando di raccontare le sue giornate nella stazione sotterranea, i suoi incontri in quella fase del conflitto che era tutt'altro che a bassa intensità, come invece sembra essere diventato oggi.

Il desiderio di uscire all'esterno è bruciante e apparentemente a portata di mano, alla fine di una rampa di scale. Ma fuori ci sono le bombe russe e le mine nascoste nelle strade, nei prati e nei parchi giochi. La madre racconta di un'amica morta il giorno prima, «non ha nemmeno sentito arrivare il missile».

Struggente e straniante, "Photophobia" racconta con potenza, ma al contempo delicatezza e rispetto, una realtà che pensavamo fosse impossibile da rivivere, in Europa. L'incubo di una quotidianità in balìa di un nemico che sembra invisibile, ma tragicamente incombente. Con una nota di speranza - perché, come scriveva Brecht, «la notte più lunga eterna non è».

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