Amnesty International attacca i Governi e le aziende di social media: «Fermate l'attacco alla libertà d'espressione»
In particolare perché, non potendosi informare pienamente, «i cittadini non possono fare scelte consapevoli riguardo la loro salute»
LONDRA/BERNA - Censura e sanzioni. Due misure su cui alcuni Governi si sono appoggiati durante la crisi pandemica, riducendo notevolmente la qualità delle informazioni che arrivano ai loro cittadini. Un aspetto che combinato con la disinformazione dilagante presente sui social media mette tuttora in pericolo la salute delle persone, impossibilitate ad informarsi correttamente sul virus.
È quanto ha denunciato Amnesty International nel suo nuovo rapporto "Silenced and Misinformed: Freedom of Expression in Danger During Covid-19".
«Dall'inizio della pandemia, i governi hanno lanciato un attacco senza precedenti alla libertà di espressione, limitando gravemente i diritti delle persone. I canali di comunicazione sono stati presi di mira, censurati o chiusi, con un impatto disastroso sulla capacità del pubblico di accedere a informazioni vitali su come affrontare il Covid-19», ha dichiarato a riguardo Rajat Khosla, direttore senior di Amnesty International per la ricerca, la difesa e la politica.
Il rapporto di Amnesty ha poi sottolineato il ruolo delle grandi aziende tecnologiche e di social media «nel facilitare la rapida diffusione della disinformazione intorno alla Covid-19». Secondo l'analisi, le Big Tech non hanno fatto abbastanza per prevenire la diffusione di informazioni false e fuorvianti.
L'origine, in Cina
Secondo l'Organizzazione non governativa, durante i primi giorni della pandemia operatori sanitari, giornalisti e blogger cinesi hanno tentato di lanciare l'allarme sulla «malattia sconosciuta», venendo però presi di mira dal Governo per «fabbricazione e divulgazione deliberata di informazioni false e dannose». Allora, agli onori della cronaca è salito in particolare il caso di Zhang Zhan, recatasi a Wuhan nel febbraio del 2020 per parlare della pandemia e scomparsa poco dopo, per essere poi arrestata e condannata a quattro anni di carcere.
Ma non solo la Cina: «Numerosi altri paesi hanno messo in atto leggi oppressive, limitando il diritto alla libertà di espressione e mettendo a tacere i critici con il pretesto o nel contesto della pandemia, tra cui Tanzania, Russia e Nicaragua» ha segnalato Amnesty.
«Limitare la libertà di espressione è pericoloso e non deve diventare la nuova normalità. I governi devono urgentemente eliminare tali restrizioni e garantire il libero flusso di informazioni per proteggere il diritto alla salute del pubblico», ha commentato Rajat Khosla.
Un mix pericoloso
«L'assalto della disinformazione», che sia attraverso i social media o persone in posizione di potere, «sta ponendo una seria minaccia ai diritti alla libertà di espressione e alla salute. Sta rendendo sempre più difficile per gli individui avere un'opinione pienamente informata e fare scelte consapevoli riguardo la loro salute, basate sui migliori fatti scientifici disponibili. Una varietà di fonti è fondamentale, così come la capacità di sfidare e discutere le informazioni disponibili».
«Come stiamo esortando i governi e le aziende farmaceutiche a garantire che i vaccini siano distribuiti e resi disponibili a tutti in tutto il mondo, gli stati e le aziende di social media devono anche garantire che il pubblico abbia accesso illimitato a informazioni accurate e tempestive. Questo è un passo cruciale per ridurre al minimo l'esitazione vaccinale guidata dalla disinformazione», ha concluso Khosla.