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07.12.18 - 10:43
L’utente non si accontenta più di cercare e trovare informazioni in rete ma è alla ricerca di soluzioni e interazioni che lo aiutino a risolvere i suoi problemi in tempo reale
L’era dei chatbot

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L’utente non si accontenta più di cercare e trovare informazioni in rete ma è alla ricerca di soluzioni e interazioni che lo aiutino a risolvere i suoi problemi in tempo reale

In Google è definita l’epoca dell’Assistenza. L’utente non si accontenta più di cercare e trovare informazioni in rete ma è alla ricerca di soluzioni e soprattutto di interazioni che lo aiutino a risolvere i suoi problemi in tempo reale e in maniera soddisfacente.

Grazie alle recenti innovazioni nell’ambito del Machine Learning, dell’Intelligenza Artificiale e del Natural Language Understanding è possibile sperimentare, sia nella vita privata che in quella lavorativa, interazioni tra uomo e macchina che simulano conversazioni intelligenti e offrono le risposte desiderate ai bisogni espressi. Sono i cosiddetti chatbot, ovvero interfacce conversazionali che fanno sì che gli utenti possano interagire con servizi, enti ed aziende attraverso una serie di domande e risposte articolate all’interno di una conversazione.

Se nella vita privata siamo ormai abituati ad affidare le nostre richieste, preferenze e promemoria ai vari Siri o Google Now di turno, anche le aziende non possono più fare a meno di considerare l’offerta di un nuovo canale di comunicazione che integri, da un lato, i servizi di elaborazione del linguaggio naturale e dall’altra il backend dell’azienda sul quale risiedono i dati da rielaborare. Proprio la crescita vertiginosa dell’instant messaging, infatti, ha portato a cambiamenti radicali nelle preferenze di comunicazione delle persone non solo nella vita personale, ma anche nelle relazioni commerciali e di business.

Un’indagine di BI Intelligence stima che nel 2020 l’80% dei brand utilizzerà i servizi automatizzati che sfruttano l’intelligenza artificiale. Fra gli utilizzi più frequenti da parte delle aziende svettano i bot basati sull'IA per le interazioni con il servizio clienti per automatizzare le richieste semplici o le query di primo livello e deviare le chiamate.

Per scoprire le origini e i numeri relativi all’utilizzo dei chatbot scarica il White Paper

 

Fin dall’antichità è possibile trovare traccia del desiderio di creare artificialmente intelligenze uguali a quelle umane per arrivare poi agli anni ‘50 in cui il matematico Alan Turing elaborò il famoso test in grado di valutare le capacità di una macchina di mostrare un comportamento intelligente che fosse indistinguibile rispetto a quello di un essere umano. Lo studio, passato alla storia con l’appellativo di “Test di Turing”, venne pubblicato con il titolo “Computing machinery and intelligence” e, nonostante negli anni a venire sia stato confutato e riformulato più volte, i principi e le riflessioni in esso contenuti sono ancora oggi attuali per la ricerca e lo studio nel campo dell’intelligenza artificiale e della robotica.

Da allora sono moltissimi gli esempi che si sono susseguiti prima di arrivare alla tecnologia odierna: famosi il prototipo Eliza del 1964, in grado di simulare la conversazione con uno psicoterapeuta e Parry del 1972, uno dei primi sistemi a passare il test di Turing. Il primo decennio del XXI secolo, non a caso definito il decennio breve per la velocità delle innovazioni in tutti i settori, ha visto nascere SmarterChild, in grado di offrire velocemente e in modo divertente l’accesso a una vasta gamma di informazioni e Watson, creato per competere contro i campioni di Jeopardy, un quiz televisivo americano di grande successo e in seguito usato in tantissimi altri contesti, come la gestione delle decisioni nel trattamento del cancro ai polmoni al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center.

Dal 2010 in avanti abbiamo assistito al proliferare di tutta una serie di assistenti virtuali che si basano su software intelligenti in grado di interpretare il linguaggio naturale, quello che, per intenderci, usiamo tutti noi parlando o scrivendo: da Siri (2010), l’assistente vocale di Apple in grado di fornire informazioni stradali o sul meteo, rispondere a domande, inviare messaggi a Google Now (2012), una tecnologia in grado di capire ciò che desidera l’utente, interpretandone le richieste e talvolta anticipandole, per offrire un servizio puntuale, preciso e completo, che non costringe chi lo usa ad una sintassi rigida e limitante dal punto di vista dell’espressività; da Cortana (2014), un software di assistenza vocale creato per il sistema operativo Windows Phone che consente agli utenti di interagire tramite specifiche conversazioni, inviare messaggi, promemoria, richiesta di informazioni di vario tipo ad Alexa (2015) l’assistente vocale di Amazon, fino ad arrivare ai bot appositamente creati per Messenger (2016). La crescente attenzione verso il mondo chatbot ha smosso da almeno 3 anni a questa parte anche i Big Player tecnologici: Telegram nel giugno del 2015 è stata la prima piattaforma social ad introdurre i chatbot, seguita a ruota da Skype, iMessage, WeChat e Facebook Messenger.

A giugno del 2016 anche Google, intravedendo le potenzialità soprattutto in ottica vocale, ha acquisito la startup API.AI (precedentemente nota come Speaktoit), ribrendizzandola in Dialogflow facendone un motore conversazionale integrato con Actions on Google che sfrutta tutta la potenzialità del Machine Learning Google e del Natural Language Understanding per costruire chatbot evoluti in linea con le aspettative degli end users. Da pochi mesi a questa parte è stato lanciata anche la versione Enterprise di Dialogflow per rispondere alle esigenze delle aziende di costruire assistenti virtuali, supportati dall’infrastruttura e dallo SLA di Google. I vantaggi dal punto di vista economico sono evidenti: è sufficiente un’unica esperienza negativa di assistenza clienti per scoraggiare potenziali clienti da un'azienda. Dallo stesso report di BI Intelligence prima citato si evince che il 60% dei consumatori statunitensi non ha completato un acquisto per via di una esperienza poco soddisfacente con il servizio clienti. Il processo di apprendimento naturale integrato (NLP) consente ai chatbot di comprendere e gestire le richieste dei clienti più rapidamente: un chatbot 24/7 si rivela un sistema economico ed efficiente per fornire supporto di base ai consumatori.

I chatbot del servizio clienti rispondono alle richieste in base alle parole chiave, ma i progressi dell'intelligenza artificiale hanno fornito ai chatbot il potere di porre domande, seguire un contesto specifico e assistere meglio i clienti.

Se implementati correttamente, i chatbot possono generare lead e aumentare i tassi di conversione oltre che facilitare la navigazione nel sito e personalizzare le esperienze degli utenti.

Oltre che per i siti web e le app di messaggistica, i chatbot possono essere configurati su molte piattaforme per molteplici usi.

I chatbot per le aziende continueranno a migliorare nei prossimi anni. L'architettura e il design di Chatbot evolveranno al punto che l'IA interattiva diventerà lo standard per il servizio clienti.

L’esperienza conversazionale diventerà talmente pervasiva da modificare le abitudini di interazione degli utenti: non più click su icone ma navigazione totalmente guidata dalla conversazione che sarà in grado di attivare specifiche sezioni del sito o dell’app.

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Questo articolo è stato realizzato da ated - Associazione Ticinese Evoluzione Digitale, non fa parte del contenuto redazionale.
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