Continui rinvii nelle discipline di squadra? Un regolamento più snello salverebbe la situazione.
Nella vicina Penisola e in altri Paesi europei il protocollo sportivo permette ai vari campionati di continuare.
Una partita su sei per l’hockey, una su cinque per il calcio: la domenica degli sportivi è stata magrissima.
“C’è il coronavirus”, “Non si sarebbe potuto fare altrimenti”, “La priorità è la sicurezza di tutti”... sono le giustificazioni andate per la maggiore davanti al malumore di addetti ai lavori e tifosi. Ma davvero tale situazione era inevitabile? Una differente sensibilità politica sull’argomento avrebbe di certo reso meno difficile la gestione dei contagiati e il regolare svolgimento dei campionati. Come? Sarebbe bastato - o basterebbe, visto che una modifica al protocollo è sempre possibile (e auspicabile) - copiare quello che stanno facendo in molti Paesi europei. Nel tentativo di creare meno ritardi e problemi possibili ai club - che hanno ricchi accordi con sponsor e tv da salvaguardare - in giro per il continente stanno trattando i controllatissimi atleti professionisti in modo diverso rispetto ai comuni cittadini.
A seguito di una positività in squadra, in Svizzera entra in scena il Medico cantonale il quale, ricostruiti i movimenti fatti e i contatti avuti dal contagiato (e raccolti i risultati dei test di tutti gli altri elementi del team), decide per l’eventuale quarantena di una parte o di tutto il gruppo. Spesso si va per il “tutti fermi”. Risultato? Le partite saltano una dopo l’altra.
In Italia invece, giusto per guardare chi ha il protocollo più moderno, la FIGC ha scelto una via molto meno invasiva. Prima del weekend, a Roma hanno modificato un regolamento già attuale, snellendo procedure e velocizzando tempi.
Pur osservando parametri estremamente rigidi per positivi con o senza sintomi, per salvaguardare il loro sport hanno scelto vie diverse per il trattamento del “resto del gruppo”. Hanno per esempio deciso di regolarizzare l’utilizzo dei test rapidi (test antigenici) invece dei tamponi molecolari PCR. Questi sono effettuati 48 ore prima e il giorno stesso di un match, oltre che per il classico monitoraggio (ogni 48 ore) in caso di isolamento fiduciario. In caso di positività, il contagiato di turno va in isolamento, mentre il resto del gruppo deve passare attraverso esami sierologici e periodici test rapidi. Tutti i giocatori negativi devono inoltre rispettare un regime di isolamento fiduciario e non possono avere contatti con l’esterno. Dove sta la differenza con la Svizzera? Che in caso di risultati negativi, gli altri atleti possono comunque continuare ad allenarsi e prendere parte alle partite in calendario. Disagi sì, ma non giganteschi come alle nostre latitudini. Stadi vuoti sì, ma sponsor e tv “soddisfatti”. Non è il massimo ma è sicuramente il meno peggio. È una mano tesa verso uno sport boccheggiante.