Circa 800 disperati a settimana varcano il confine sud della Confederazione. Etienne Piguet, esperto di flussi migratori, analizza la situazione: «Tutti colti di sorpresa, nel 2017 si soffrirà ancora»
CHIASSO – È allarme migranti alla frontiera di Chiasso. Oltre 32'000 persone in fuga nel 2016 hanno tentato di mettere piede in Ticino. La metà è stata rimandata in Italia. Le cifre delle guardie di confine parlano di 800 migranti alla settimana registrati a Chiasso, nel periodo prima di Natale. Cifre che sollevano paure e interrogativi. «Il Ticino – spiega Etienne Piguet, esperto di politiche e flussi migratori – per quanto riguarda le migrazioni dal Mediterraneo, si trova in una posizione geograficamente fragile. È la porta d’entrata per la Svizzera e per tutta l’Europa del nord. Ecco perché nel 2017 ci sarà ancora da soffrire».
Professor Piguet, che idea si è fatto della situazione a Chiasso?
«In Africa ci sono contemporaneamente diverse crisi. Quella principale è in Eritrea, dove la popolazione è vittima di un regime duro. Anche in nazioni come la Somalia e l’Etiopia regna l’instabilità. Tutte queste tensioni hanno contribuito a riaprire la via del Mediterraneo, a partire dall’estate del 2015. Le popolazioni che scappano da questi Paesi tentano di risalire lungo l’Italia e la Svizzera per raggiungere gli Stati del nord. È un fenomeno che ha colto tutti un po’ di sorpresa. Compreso il Ticino».
Stando ad alcuni sondaggi, gli svizzeri sarebbero favorevoli ad accogliere chi scappa dalla guerra, ma non chi fugge dalla miseria. Come va letta questa tendenza nell’ottica di quanto sta accadendo in Ticino?
«Ritengo che in questo caso non vada fatta una distinzione simile. A Chiasso ci si trova di fronte a persone che non sono magari minacciate direttamente. Ma che scappano da un contesto di violenza generale. Dobbiamo fare una riflessione a questo livello. Come vogliamo trattare questi casi? È l’interrogativo che caratterizzerà il futuro prossimo».
In Ticino, ma in generale anche in Svizzera, c’è chi periodicamente spinge verso una chiusura delle frontiere. Come valuta questa eventualità?
«È assurda. Dal punto di vista dei diritti umani, noi abbiamo il dovere di analizzare le richieste di chi ci chiede aiuto. Chi ha un valido motivo per entrare nel nostro Paese, va lasciato passare. La frontiera va gestita, non chiusa».
Come si dovrà comportare la Svizzera, nel 2017, per quanto riguarda le fughe attraverso il Mediterraneo?
«Nel 2016 i morti nel Mediterraneo sono stati 5'000. Si tratta di un numero inammissibile. Altissimo. La Svizzera non può fare finta di niente. Dovrà alzare la voce. Ma non può nemmeno cercare di risolvere tutto da sola. Nel 2017 dovrà, per forza, intensificare la collaborazione con l’Unione Europea. Si può ipotizzare l’attuazione di un piano simile a quello che, da qualche tempo, relaziona il flusso di migranti tra Turchia e Grecia. Un provvedimento che è riuscito a limitare, anche per la Svizzera, le conseguenze della crisi migratoria sulla via dell’est, legata ai conflitti in Siria, Afghanistan e Iraq».
Concretamente questo cosa significa?
«Alcuni migranti sicuramente necessitano di essere accolti in un altro Stato. Altri possono trovare alternative anche nella loro terra di provenienza. Vanno fatte le giuste distinzioni. Ci vogliono dei criteri. Bisogna trovare una soluzione, anche dal punto di vista umano, per questi migranti. Magari intensificando i rapporti e il dialogo con le loro nazioni di origine».
Certo, però con Stati come Libia, Egitto ed Eritrea sarà dura. È una missione impossibile?
«Bisogna ragionare sull’ottica del lungo termine. I capi di Governo non sono eterni. Se si insiste, prima o poi la svolta arriva. Al momento non si vede la fine di questi conflitti interni. Però io penso che, con un intervento deciso e congiunto da parte dell’Unione europea e della Svizzera, i numeri della migrazione dal Mediterraneo potrebbero calare e stabilizzarsi».
Secondo lei, la Svizzera e il Ticino sono troppo buoni per quanto riguarda la politica di accoglienza dei migranti?
«No. E basta analizzare il numero delle domande d’asilo per rendersene conto. Nel 2015 sono state 40'000. Nel 2016 meno di 30'000. Significa che la Svizzera non è poi così attrattiva. Molti migranti raggiungono il Ticino e la Svizzera solo per transitare verso altri Paesi. È il caso, ad esempio, degli eritrei di Chiasso. La Svizzera accetta un alto numero di stranieri. È vero. Ma con un permesso meno interessante rispetto a quanto fanno altri Stati. Il permesso F, quello di ammissione a lungo termine, viene erogato nel 50% dei casi. Si tratta di un permesso che va rinnovato ogni anno. Non è sinonimo di stabilità. In altri Paesi, come ad esempio la Germania, al momento le condizioni sono migliori».