La qualità media è molto alta, preoccupa però la mancanza di giovane manodopera. «Nei supermercati c'è ancora tanto pane non curato».
BELLINZONA - Nonostante il caldo torrido e l’umidità accentuata, il pane ticinese è in ottima forma. A dirlo è la confraternita ticinese Cavalieri del buon pane” che, in collaborazione con la Società mastri panettieri pasticcieri confettieri del Ticino (SMPPC), ha organizzato il controllo qualità delle realtà aderenti.
Massimo Turuani, presidente della SMPPC, fa il punto sullo stato di salute del comparto nel cantone, fra punti di forza e sfide future. «Come qualità media generale - premette - le panetterie ticinesi riescono ancora egregiamente a difendere l'aggettivo artigianale». Invece, per quanto riguarda i prodotti tradizionali, «c’è il pane “Valle Maggia” che è da molti anni sul mercato in una posizione medio alta e tiene molto bene. Per me, la migliore è la pagnotta abbastanza bassa e che sfiora il chilogrammo: si tratta di una quantità appartenente alla preistoria, ma c’è ancora chi la compra e magari se la fa tagliare. Peraltro, ha una durata notevole e la freschezza rimane anche per sei giorni».
Un altro alimento tipico e molto apprezzato è la tipologia “ticinese”: «Io lo chiamo anche il pane della condivisione perché ha già le “righe” per essere spezzato in parti uguali fra i commensali». Entrambi si trovano facilmente, pure nelle bancarelle dei mercati.
Un capitolo da sviluppare con attenzione riguarda i supermercati: «Premetto: faccio questo mestiere da 43 anni e non mi sono mai permesso di fare di tutta l’erba un fascio o di imbrattare i panni degli altri. I grandi distributori che hanno al loro interno il panificio di produzione mettono in mostra dei prodotti che si difendono piuttosto bene». Ciò detto, per Turuani «è ancora alta la quantità di pane non curato, “buttato là sugli scaffali”. Lo dico senza polemica: manca quell’anello importantissimo della catena, l’amore e la passione di una commessa che conosce il prodotto e lo presenta al cliente».
Servirebbe, in futuro, un ricambio generazionale ma, al momento, si registra una carenza di giovane manodopera: «Non è un lavoro facile e purtroppo sono pochi gli apprendisti che si avvicinano alla professione. A me dispiace perché è un mestiere ancora in grado di dare emozioni. Inoltre, ci sono ottime possibilità di fare strada e avere buoni risultati economici».
A questo proposito, è cruciale l’aspetto educativo: «Sono stato invitato a tenere una lezione davanti agli apprendisti del terzo anno. I giovani sono importantissimi, il nostro futuro: ho fatto notare loro come, purtroppo, spesso si mangi in tavola prodotti nemmeno avvicinabili al pane».