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Due paramedici ticinesi in Donbass: «I missili passavano sulle nostre teste»

La testimonianza di due paramedici di Tre Valli Soccorso che si sono recati in Ucraina nei territori liberati dalla controffensiva di Kiev.
La testimonianza di due paramedici di Tre Valli Soccorso che si sono recati in Ucraina nei territori liberati dalla controffensiva di Kiev.

Tra l’incudine della resistenza ucraina e il martello degli attacchi russi, la popolazione del Donbass soffre e si sente sola. La regione dell’Ucraina sud-orientale, falciata dal 2014 da una guerra civile, è stata la più colpita dall’invasione russa iniziata il 24 di febbraio del 2022. Senza cibo né acqua, con pochi medicinali, interi villaggi si trovano isolati dal resto del Paese. 

Un'ambulanza ticinese in Donbass - Un dramma umanitario che ha suscitato la solidarietà di due paramedici ticinesi di Tre Valli Soccorso, Giacomo Della Pietra e Gianluca Ugolini, che assieme a un team composto da una decina di persone, hanno deciso di offrire il loro aiuto a una popolazione allo stremo. Come? Attraverso un viaggio di 10 giorni nella regione di Dnipro per fornire prestazioni infermieristiche nei territori liberati. Ma non solo. 

«La nostra missione aveva principalmente due obiettivi: consegnare un’ambulanza a un’associazione locale (l’associazione Way to Health Dnipro) e offrire prestazioni paramediche alla popolazione ucraina», ci ha spiegato Giacomo da poco rientrato in Ticino dopo l’azione umanitaria. «Un’associazione locale si è occupata di organizzare tutta la parte della missione che si è svolta nel Donbass. L’area in cui operavamo spaziava di alcune decine di chilometri dal fronte».

Tre Valli Soccorso

Senza acqua ed elettricità - La rete di contatti sviluppata sul posto ha permesso alla missione svizzera di raggiungere i villaggi più lontani. «Avevamo la base in un centro abitato in cui i servizi (acqua ed elettricità) ancora funzionavano e in cui abitavano pochi civili. Il villaggio era occupato prevalentemente da militari». Da lì ogni giorno iniziava una nuova missione in una nuova area. «Abbiamo percorso vari territori neo liberati. Villaggi che sono stati sotto l'occupazione russa prima di venire riconquistati dall'esercito ucraino. La situazione sanitaria è chiaramente molto precaria».

I pochi medici rimasti sono spariti da tempo. Inoltre la priorità viene sempre concessa ai militari piuttosto che ai civili. «Per le problematiche croniche della popolazione non c'è nessuno che si occupa di loro. Per esempio i banali controlli della pressione sono costantemente rimandati. I controlli del sangue, della glicemia e altri esami non possono venire effettuati». 

Il lavoro dei due paramedici ticinesi - La missione ha cercato di sopperire ai vuoti generati immancabilmente dalle necessità del conflitto. «Le persone che ancora vivono nei villaggi non hanno nessuno disposto ad ascoltarle, a parlare con loro. Hanno bisogno di qualcuno che li conforti sul proprio stato di salute. Siamo stati in luoghi dove al momento ancora nessuna operazione umanitaria era arrivata. Siamo stati i primi a poter portare un po' di aiuto a queste persone». I villaggi, ormai orfani degli uomini andati a combattere e dei bambini tratti in salvo in luoghi sicuri, sono abitati prevalentemente da anziani.

«Le loro problematiche croniche vengono acutizzate. Se nelle città la vita è ripresa quasi normalmente, salvo qualche interruzione per gli allarmi missilistici, in questi centri abitati sparsi nel Donbass la situazione è molto diversa. A Kiev abbiamo ritrovato ristoranti, bar, discoteche e negozi. Quando ci siamo spostati verso il fronte si sono ridotte tutte queste attività e sono aumentati i missili che sfrecciavano sopra le nostre teste. In alcune aree la popolazione vive giorno e notte con i rumori dell’artiglieria come sottofondo».

Tre Valli Soccorso

Un aiuto locale - Tutte le operazioni del team ticinese sono state portate a termine grazie al supporto di varie guide locali che hanno seguito l’ambulanza tutti i giorni organizzando i percorsi e offrendosi per le traduzioni. «Alcuni villaggi erano stati bombardati la notte prima. Altri sono stati sotto il fuoco continuo dei russi per giorni e non avevano più né acqua né elettricità. Le persone del posto sapevano come organizzare la missione riducendo i pericoli». Un aspetto importante da sottolineare: i due paramedici ticinesi erano preparati e adeguatamente istruiti per la missione. Prima della partenza hanno svolto un corso a Erbil, in Iraq, pensato per formare i soccorritori che operano in ambienti di guerra. 

I rischi sono stati minimizzati. Una questione di sicurezza che la missione ticinese ha sempre rispettato. «Ci sono stati alcuni momenti di tensione, ma non ci siamo mai sentiti veramente in pericolo. Durante gli attacchi russi i missili ci passavano sopra la testa cadendo a pochi chilometri di distanza. Il villaggio in cui avevamo la base era regolarmente preso di mira. Una condizioni che in realtà con il tempo ci si abitua. Non si può scappare in un rifugio a ogni minimo rumore».

Tre Valli SoccorsoI due paramedici ticinesi con il manager dell'associazione Way to Health.

Niente localizzazione e giubbotti antiproiettile - «Abbiamo comunque preso diverse precauzioni. Siamo stati molto attenti, non siamo stati avventati. Abbiamo scelto sempre alloggi al primo piano ed edifici bassi e sicuri. Una volta varcato il confine abbiamo disattivato tutte le localizzazioni dei telefoni e zero social durante tutta la missione. Non abbiamo mai nominato i nomi dei villaggi in cui lavoravamo». Procedure standard necessarie in quanto «gli aiuti umanitari vengono spesso presi di mira senza tanti scrupoli dall’esercito russo», ha ricordato Giacomo. Giubbotti antiproiettile, elmetto e materiale medico sempre a portata di mano completavamo un equipaggiamento pronto per ogni evenienza. «Ma per fortuna non abbiamo mai avuto un contatto diretto con i combattimenti».

La missione ha permesso ai due paramedici ticinesi di raccogliere varie testimonianze da una popolazione stanca della guerra. «Mi ha colpito molto la gratitudine delle persone che aiutavamo. Erano commosse che qualcuno si occupasse di loro». Molti villaggi liberati dai soldati di Kiev durante la controffensiva ucraina si trovano ora isolati da ogni aiuto umanitario. «Si sentono dimenticati e abbandonati, sono in balia degli eventi. Mi ha colpito come questa gente abbia potuto restare in condizioni terribili senza acqua, senza elettricità e in case danneggiate e distrutte. Mi ricordo una signora anziana e lei mi diceva che per andare in farmacia doveva impiegare mezza giornata». 

Tre Valli Soccorso

L'inverno sta arrivando - E ora sta per giungere un secondo inverno. I villaggi si preparano, come i pochi mezzi a disposizione, ad affrontare una seconda stagione fredda. «Sarà un inverno assolutamente difficile per queste persone. Le temperature sono molto rigide in Ucraina. Sono zone in cui le operazioni umanitarie faticano ad arrivare perché servono autorizzazioni particolari». Abbandonati a sé stessi, la sopravvivenza di questi villaggi dipenderà dagli aiuti internazionali. «L’importante è la coordinazione degli aiuti. Le Ong locali, su cui abbiamo fatto affidamento, sanno i bisogni e le necessità primarie. Dall’esterno è difficile valutare con precisione come muoverci».

Tornati in Ticino è già tempo di bilanci. «Assolutamente positivo. Abbiamo completato tutti gli obiettivi che ci siamo prefissati. Abbiamo portato aiuto alla popolazione dei territori neo liberati, abbiamo consegnato l'ambulanza e siamo riusciti a fornire ai locali un po' di formazione sui primi soccorsi. Sicuramente ci portiamo la popolazione ucraina nel cuore. Siamo stati catapultati in un mondo parallelo. Dalla Svizzera non si può nemmeno immaginare cosa succede in queste regioni».


Appendice 1

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Tre Valli SoccorsoI due paramedici ticinesi con il manager dell'associazione Way to Health.

Tre Valli Soccorso

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