Grazie alle rilevazioni di Meteo Svizzera, uno sguardo sul cambiamento climatico.
Il cambiamento climatico è reale, sta avvenendo qui e ora e in Svizzera in modo più marcato rispetto alla media globale, come rileva l’Ufficio federale di meteorologia e climatologia MeteoSvizzera.
I suoi effetti colpiscono sempre di più l’ambiente naturale, la società e l’economia. La causa principale del cambiamento climatico? Le emissioni dei gas ad effetto serra.
Che il riscaldamento globale sia in atto è evidente senza bisogno nemmeno di analizzare gli scenari futuri previsti dagli esperti. Basti guardare al moltiplicarsi di fenomeni estremi e record, tutti molto recenti.
Alcuni dati:
Conseguenza: dal 1850 a oggi i ghiacciai delle Alpi hanno perso circa il 65% del loro volume ed entro la fine del secolo in corso saranno quasi completamente scomparsi dal paesaggio alpino. In pianura, oggi, il periodo vegetativo dura diverse settimane più a lungo rispetto agli anni Sessanta del secolo scorso.
Insomma, il clima sta cambiando anche in Svizzera. E sono molti gli indicatori che lo dimostrano: le temperature aumentano, il livello dei mari si innalza, i ghiacciai e le calotte polari fondono, il ciclo dell’acqua si modifica, il permafrost si riscalda e si degrada e gli ecosistemi sono in difficoltà e sempre più sotto pressione.
A causa del cambiamento climatico i rischi legati agli eventi meteorologici estremi si fanno vieppiù sentire, con estati sempre più asciutte, l’incremento dei giorni tropicali, l’intensificazione delle precipitazioni e inverni sempre più poveri di neve.
Nel Canton Ticino la temperatura dal 1864 ad oggi è già aumentata di 2,5 °C. Se a livello globale le emissioni di gas ad effetto serra continueranno ad aumentare, attorno al 2060 la temperatura salirà ulteriormente di circa 2 °C rispetto ad oggi (2.7 °C rispetto alla norma 1981-2010).
Se si analizzano le medie mensili, «il mese più anomalo è giugno», ci spiega Luca Panziera, dell'Ufficio federale di meteorologia e climatologia MeteoSvizzera a Locarno Monti.
Dati relativi a sud delle Alpi, incremento della temperatura rispetto al periodo preindustriale 1871-1900
Secondo gli esperti, le temperature massime aumenteranno in modo ancora più marcato delle temperature medie. Le ondate di caldo come pure i giorni e le notti molto caldi diventeranno più frequenti ed estremi. Lo stress da caldo sarà particolarmente presente nelle regioni urbane densamente popolate alle basse quote.
La temperatura più alta della Svizzera (41,5 °C) risale all'estate canicolare del 2003 ed è stata misurata presso la stazione di Grono (GR), all'entrata meridionale della Val Mesolcina.
Alcuni dati:
Come detto, si registra anche un incremento esponenziale delle notti tropicali, quelle sopra i 20 gradi.
Come spiega Panziera, «abbiamo a disposizione solamente le stazioni di Locarno Monti e Lugano con abbastanza dati per poter trarre indicazioni di carattere climatico». In entrambe, le notti tropicali sono più che raddoppiate in pochi anni. «Oggi sono 20-25 all’anno, mentre fra il 1981 e il 2010 erano mediamente circa 10 all’anno».
In generale, le notti tropicali sono più frequenti nelle zone urbane, collinari e vicino ai laghi. Diminuiscono spostandosi nelle vallate alpine e ovviamente in montagna.
Vi è in generale un forte incremento del caldo estremo, ossia dei giorni con temperature massime superiori ai 35°C.
«Le massime superiori a questa temperatura - sottolinea l'esperto - in realtà non sono molte».
Alcuni dati:
Il record appartiene quindi a Grono ed Acquarossa, «cioè alle vallate, dove le temperature più elevate vengono misurate in corrispondenza con le fasi di favonio (vento da nord caldo e secco)».
L’indicatore “giorni tropicali”, cioè con massime superiori ai 30 gradi, è invece più rappresentativo perché le giornate con massime sopra i 30 gradi sono di più rispetto a quelle rare con massime sopra i 35.
Per Lugano e Locarno Monti il discorso è analogo alle notti tropicali: oggi sono 20-25, fra il 1981 e il 2010 erano mediamente circa 10 all’anno.
L’aumento delle notti tropicali e dei giorni di caldo estremo va di pari passo con la diminuzione dei giorni di gelo.
«Se si guarda alla media tra il 1981 e il 2010 erano circa 25, oggi sono circa 10», prosegue Panziera. Ancora una volta si fa affidamento ai dati di Locarno Monti e Lugano, stazioni «particolarmente “calde”». «Ma anche per le stazioni più fredde i giorni di gelo stanno diminuendo - sottolinea l'esperto. A San Bernardino la media 1981-2010 è di circa 180, oggi sono circa 165».
In futuro gli eventi con precipitazioni intense saranno verosimilmente più frequenti e anche l’intensità delle precipitazioni aumenterà rispetto a oggi. Questo in tutte le stagioni, ma soprattutto in inverno. Anche gli eventi estremi rari, come le precipitazioni che si verificano una sola volta ogni 100 anni, saranno decisamente più intensi. Contemporaneamente, a lungo termine, i quantitativi medi di precipitazione durante i mesi estivi diminuiranno e l’evaporazione aumenterà. Il suolo diventerà più secco, ci saranno meno giorni di pioggia e il periodo più lungo senza precipitazioni avrà una durata maggiore.
Alcuni dati (precipitazioni):
Alcuni dati (siccità):
A causa dell’aumento delle temperature le precipitazioni si verificheranno più spesso sotto forma di pioggia che di neve. Lo dimostrano i fatti: il numero di giorni con neve è diminuito sensibilmente, soprattutto alle basse quote.
«Fino alla fine del secolo scorso vi erano da 5 a 10 nevicate sulle città ticinesi, negli ultimi anni esse sono meno di 5. Neve che scompare in 1 o 2 giorni», fa notare Panziera.
Alcuni dati:
I cambiamenti climatici in Svizzera hanno un forte impatto sull’ambiente, la società e l’economia. I rischi superano chiaramente le opportunità e toccano quasi tutti i settori. Diversi rischi, soprattutto le elevate temperature, i pericoli naturali e le malattie, colpiscono la salute della popolazione. Sono particolarmente vulnerabili le regioni di montagna, dove i rischi aumentano a causa della minore stabilità dei pendii, l’aumento degli scivolamenti, delle colate detritiche e della caduta di massi. Anche la biodiversità è compromessa dai cambiamenti climatici soprattutto in montagna. Le opportunità che si presentano riguardano il settore della produzione energetica invernale, i minori danni causati dalla neve, i ricavi dal turismo estivo e, eventualmente, anche il settore agricolo.
A partire dall’industrializzazione iniziata nel 19° secolo, i quantitativi di gas a effetto serra nell’atmosfera prodotti dalle attività umane sono in continuo aumento. I motivi principali sono la combustione dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale), come pure l’agricoltura intensiva, la scomparsa delle grandi foreste e delle paludi, il cambiamento dell’uso del suolo. Negli ultimi 150 anni, ad esempio, il contenuto di anidride carbonica nell’atmosfera è aumentato di quasi il 50%, ossia da circa 280 ppm (particelle di CO2 per milione di molecole di aria) a 422 ppm (stato gennaio 2024). Negli ultimi due milioni di anni la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera non è mai stata così elevata.
Poiché le attività umane provocano un rinforzo dell’effetto serra naturale, nell’intero sistema climatico è presente una maggior quantità di energia termica. La maggior parte di questa energia si accumula negli oceani e nei mari, riscaldandoli. Solo l’1-2% circa rimane nell’atmosfera aumentandone la temperatura. Tutto il riscaldamento osservato dall’inizio dell’industrializzazione può praticamente essere ricondotto alle attività umane. L’attività del Sole, il vulcanismo e le variazioni interne al sistema climatico svolgono un ruolo trascurabile.