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Dove vanno a morire i pannelli solari italiani da rottamare

Una frode ben strutturata, un traffico illecito dalle gravi conseguenze economiche e ambientali
Una frode ben strutturata, un traffico illecito dalle gravi conseguenze economiche e ambientali

Nella sola Italia, oltre 73 milioni di pannelli fotovoltaici si avviano alla fase di smaltimento. La loro produttività dura all’incirca 20 anni: se si considera che l’età media dei moduli attualmente in funzione ha 12-13 anni, il conto è presto fatto e conduce alla cifra astronomica di cui sopra. Come spiegato a Il Sole 24 Ore dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), guidata dal 2020 da Marcello Minenna, l’acquisto dei pannelli solari ha subito una forte accelerazione grazie a delle politiche d'incentivazione all’acquisto quali quelle del Superbonus e legate al Recovery Fund (il fondo di sostegno europeo agli Stati membri colpiti dalla pandemia di coronavirus). Politiche che prevedono che il 37% degli investimenti dei Paesi che ricevono queste forme di aiuto devono essere legati alla salvaguardia dell’ambiente.

È facile capire come la corsa all’acquisto di nuovi pannelli determini la dismissione di quelli vecchi: ecco perché, tra il 2029 e il 2032, oltre 80 milioni di pannelli fotovoltaici dovranno essere smaltiti. Di questi, almeno 75 milioni installati prima dell’introduzione dell’Ecobonus - la detrazione fiscale riconosciuta per i lavori di riqualificazione energetica degli edifici già esistenti - non sono neanche coperti dalla ‘garanzia di fine vita’ a carico del produttore.

Depositphotos (Petkov)

Il traffico illecito dei pannelli da smaltire - Una scelta illuminata, quella di servirsi degli impianti solari per produrre energia pulita e aver cura dell’ambiente: ma cosa accade se un prodotto ‘green’ diventa esso stesso oggetto di una nuova frontiera delle frodi quale quella, appunto, legata allo smaltimento? È proprio su questo inquietante aspetto che si sono concentrate le indagini dei tecnici dell’ADM i quali, per esperienza, sanno che proprio gli alti costi di smaltimento sono terreno fertile per le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico illecito di rifiuti speciali. In Italia, ogni anno, si ritirano circa 800mila tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici, i cosiddetti Raee; in questa categoria finiscono anche i pannelli fotovoltaici. Di questi rifiuti, sempre secondo le stime dell’ADM, solo il 40% viene correttamente smaltito mentre il restante 60% finisce nelle mani della criminalità.

Regole poco chiare - Un grosso problema riguarda la poca chiarezza delle linee guida per lo smaltimento dei pannelli del Gestore di servizi elettrici, Gse, che sono fonte di forte preoccupazione anche per la magistratura e i carabinieri del Nucleo operativo ecologico (NOE). Come detto, l'aggiornamento delle linee guida alla luce dei principi dettati dal decreto legislativo 118/2020, stabiliscono che chi installa pannelli solari deve versare una cifra che varia dai 10 ai 12 euro, a seconda del pannello, per garantire il loro corretto smaltimento. Il problema si pone per gli impianti antecedenti al 2014 per i quali, alla luce degli aggiornamenti delle istruzioni operative, è prevista la possibilità di esonero del versamento della garanzia nei casi i di «sostituzione totale dei moduli fotovoltaici installati e di avvenuto ritiro in garanzia degli stessi all’azienda produttrice dei componenti». Nel caso in cui si proceda a una sostituzione totale, si può essere quindi esonerati dal pagamento della cifra dovuta a garanzia del corretto smaltimento dei moduli, a fronte di una sorta di autocertificazione in cui si garantisce che si è provveduto in tal senso. Tutto ciò senza alcun riferimento normativo o che siano, in alcun modo, specificate le modalità per procedere a tale autocertificazione.

Ed è proprio sfruttando questa zona grigia e nebulosa che le organizzazioni criminali lucrano con il traffico illecito di rifiuti. Secondo quanto osservato sempre dall'ADM, la criminalità non solo fa affari d’oro sullo smaltimento dei rifiuti - offrendo soluzioni a basso costo senza alcun rispetto delle direttive ambientali - ma riesce a sottrarre grandi quantità di pannelli fotovoltaici agli
operatori autorizzati al loro smaltimento per rivenderli nei Paesi del Terzo mondo.

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I rifiuti fotovoltaici, provenienti nella maggior parte dei casi da Sicilia, Puglia, Marche, Umbria, Abruzzo, Trentino-Alto Adige, Toscana e Piemonte, vengono venduti come pannelli usati ma ancora funzionanti, e in alcuni casi anche come nuovi fiammanti, grazie alla falsificazione di bolle e documenti di accompagnamento. I maggiori acquirenti di tali rifiuti sono gli Stati africani, tra cui il Mali, il Senegal, il Burkina Faso e la Mauritania, mentre negli ultimi mesi il fenomeno ha iniziato a riguardare anche l'Asia e il Medio Oriente (con Turchia, Afghanistan e Pakistan). L‘88,72% dei pannelli fotovoltaici sequestrati dall’Agenzia delle Dogane riguarda proprio questi paesi.

L'iter della frode - La figura chiave di tali tipi di traffici è sicuramente l’intermediario che, a costo zero, riesce a procurarsi dei pannelli fotovoltaici a fine ciclo di produttività che poi, ceduti
alla criminalità organizzata, verranno inseriti come nuovi e funzionanti all’interno di programmi di finanziamento multinazionali. Il più quotato è quello finanziato dalla Banca africana di sviluppo che mira a garantire un New Deal energetico entro il 2025. Un progetto che è in parte finanziato degli incentivi del Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile.

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In pratica, la filiera illecita del riciclo prevede che una ditta di smaltimento ritiri i pannelli usati, facendo finta di occuparsene secondo le disposizioni di legge e rilasciando anche apposita documentazione al produttore di energia che, alcune volte, è all’oscuro di tutto. Con tale documentazione il produttore di pannelli, di solito un grande gruppo imprenditoriale, provvede a richiedere indietro, se li ha versati, i soldi a garanzia del corretto smaltimento presso il Gse. I pannelli usati, però, non vengono affatto smaltiti ma vengono rivenduti in Africa e in Asia dove in poco tempo, visto il loro stato, finiscono abbandonati in qualche campo o mega-discarica, come quella di Accra in Ghana. Come si può ben capire, il danno ambientale è spaventoso. Quantità enormi di rifiuti speciali che non vengono smaltiti correttamente vuol dire creare una emergenza globale senza precedenti.

Il danno ambientale - Intervistato dal Corriere della Sera, il capo del nucleo Tutela ambientale dei Carabinieri, il generale Maurizio Ferla, ha dichiarato che «qui non stiamo parlando di mafia, bensì di un sistema economico che diventa criminale quando cerca un sistema meno costoso di smaltimento. Stiamo parlando di una imprenditoria strutturata che si avvale di capaci consulenti tecnici, giuridici e, che in linea di principio, ha contatti internazionali qualificati». Di sicuro è necessario poter contare su di una rete organizzativa molto ampia e ben organizzata, capace di prendere contatti con le organizzazioni criminali locali e corrompere i funzionari giusti, per riuscire a portare dalle 300 alle 750 tonnellate di pannelli fotovoltaici in un altro continente. Il danno prodotto è incalcolabile: dai moduli correttamente smaltiti si può recuperare il 100% del materiale. Si tratta di materie prime quali vetro, acciaio, silicio, polimeri e anche argento - che entro il 2050 varranno, secondo le stime dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena), circa 15 miliardi di dollari (13,7 miliardi di franchi svizzeri).

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Per dare una idea del giro di affari miliardario di cui si parla, basti ricordare che nell’ottobre del 2019 vennero sequestrati, al porto di Genova, 2.500 pannelli solari diretti nel Burkina Faso. Si trattava di moduli da smaltire ma che, con le opportune modifiche ai documenti di accompagnamento, venivano spacciati come pannelli fotovoltaici usati e adatti a essere rimessi in funzione. 

I cimiteri dei pannelli - Questi pannelli ormai inutilizzabili finiscono nelle tante discariche a cielo aperto che, specialmente in Africa, si allargano a macchia d’olio. Qui molte persone, spinte dalla povertà, passano ore della propria giornata a rovistare tra i rifiuti, a contatto con materiali altamente tossici, per trovare qualche pezzo di ricambio da rivendere a pochi dollari. La situazione è ancora più paradossale se si pensa che i Paesi africani, così ricchi di risorse naturali proprie, sono invece utilizzati come discariche dei Paesi ricchi. Un mix esplosivo d'inquinamento spinto ai massimi livelli e povertà assoluta, destinato a esplodere in una emergenza globale senza precedenti.


Appendice 1

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