In Cina il controllo parte dal basso, dai cittadini che segnalano al partito le malefatte altrui e nessuno è al sicuro
Come si può vivere sereni in un Paese in cui chiunque può segnalarti alla polizia per qualsiasi comportamento ritenuto sospetto? La risposta è che non si può. A sue spese, di recente, deve averlo capito anche il celeberrimo pianista cinese Yundi Li che, giovedì 21 ottobre, è stato arrestato dalla polizia perché trovato in compagnia di una prostituta di 29 anni in un appartamento a Chaoyang, un quartiere centrale di Pechino.
In Cina, la prostituzione non è un reato penale ma una infrazione amministrativa, punibile con 15 giorni di detenzione e una multa che può arrivare fino a 5 mila yuan. Eppure, l’accusa mossa nei confronti di Yundi Li, recita che l’artista è stato accusato «di sfruttamento della prostituzione su segnalazione di cittadini insospettiti». Secondo il giornale cinese Quotidiano del Popolo, alcuni cittadini sono andati a riferire alla polizia dell’abitudine del pianista di recarsi, quotidianamente, in quell’appartamento, accompagnato da belle ragazze.
Le forze dell’ordine si sono quindi posizionate davanti all’appartamento che il pianista usava solitamente per i suoi appuntamenti clandestini. Secondo il Corriere della Sera “Sono stati anche rintracciati i pagamenti di Li alle prostitute, effettuati con telefonino usando la piattaforma di WeChat, popolarissima in Cina”.
In pratica, la carriera del più famoso pianista cinese, e uno dei più apprezzati concertisti al mondo, rischia di essere stroncata dalla ‘soffiata’ di alcuni probi cittadini che hanno deciso di aderire, con zelo, alla campagna di moralizzazione in atto in Cina contro gli eccessi del mondo dello spettacolo.
Un fenomeno del pianoforte
Nato a Chongqing, il 7 ottobre del 1982, Yundi Li inizia a studiare pianoforte all’età di 9 anni con Dan Zhao Yi, uno dei più illustri insegnanti di piano in Cina, vincendo una serie di prestigiosi concorsi musicali tra cui, nel 1995, il Concorso ‘Igor Stravinsky’, sezione giovani, ed il Concorso internazionale ‘Franz Liszt’ di Utrecht.
A soli 18 anni, nel 2000, vince il prestigioso concorso pianistico internazionale ‘ Frédéric Chopin’ a Varsavia. Dopo tale vittoria, Yundi Li viene invitato a suonare nelle più importanti sale concerto, dalla Carnegie Hall di New York alla Musikverein di Vienna, collaborando con i più famosi direttori d’orchestra del mondo. Una vita di successi professionali su cui rischia di abbattersi lo stigma della disapprovazione e della condanna moralistica della società cinese.
Di fatto, l’associazione dei musicisti cinesi e la società degli artisti lo hanno già espulso, con effetto immediato, ed è stato anche oscurato il reality show al quale Yundi Li partecipava in qualità di giudice. Ciò che colpisce maggiormente, in questa triste vicenda, è proprio il ruolo svolto da coloro che vengono definiti, nell’articolo in questione, «cittadini probi insospettiti», ossia dei comuni cittadini che hanno deciso di riferire le abitudini di una persona che, di fatto, non ha commesso alcun reato.
Se il controllo parte dal basso
La delazione, che ha sempre fatto parte dei metodi usati dal regime maoista per controllare la popolazione, anche se mai abbandonata, è tornata prepotentemente in auge in tempi recenti. Non sono pochi i campi in cui, la delazione vera e propria, è stata incoraggiata dal presidente Xi Jinping per esercitare un maggiore controllo sulla popolazione cinese, e non solo.
Nell’ambito della lotta alla corruzione, per esempio, la Suprema Procura del Popolo ha dichiarato, sul proprio sito web, che i diritti degli informatori sarebbero stato, per la prima volta, protetti attraverso nuove norme.
Secondo il comunicato ufficiale «Qualora l’ufficio del pubblico ministero riceva un rapporto di denuncia da parte di qualcuno che dia il suo vero nome, è tenuto a valutare i rischi connessi alla denuncia ed elaborare piani di protezione per gli informatori, se necessario, per prevenire atti di ritorsione».
Coloro che denunciano episodi di corruzione o altri atti illeciti, quindi, ricevono protezione giuridica contro eventuali rappresaglie. I tribunali cinesi, hanno lanciato appositi siti web, collegati con quelli gestiti dalla Suprema Corte del Popolo, Csp, per raccogliere le ‘soffiate’ dei privati cittadini sulla condotta illecita dei funzionari che si ritengono corrotti.
Gli zelanti cittadini non hanno quindi che da andare sul sito della Csp e segnalare il comportamento ritenuto irregolare. Le autorità hanno dichiarato che ogni informazione sarà presa sul serio «per stabilire l’autorità della legge e la credibilità giudiziaria». Con buona pace della presunzione d'innocenza che dovrebbe valere fino a prova contraria.
Da quando Xi Jinping ha assunto il comando del Paese, sono centinaia i funzionari espulsi dal Partito e il numero dei suicidi, in questa categoria, è cresciuta enormemente. Non può non notarsi, poi, come le persone finite sotto inchiesta, grazie anche alla delazione di comuni cittadini, siano tutti nemici politici dell’attuale presidente, a iniziare dal presidente del ‘Movimento per i nuovi cittadini’, l’avvocato per i diritti civili Xu Zhinyong, condannato a diversi anni di reclusione per «disturbo dell’ordine pubblico».
Le fasce rosse che tutto osservano
Da molti anni, non è infrequente vedere, quasi ovunque, folti gruppi di persone, fedeli al Partito Comunista Cinese, che lavorano quali informatori del Governo. Prendono il nome di "fasce rosse", dal colore fascia che portano al braccio, ed hanno il compito di perlustrare, ispezionare e osservare i comportamenti ritenuti non consoni ai valori del Partito.
Il periodico Bitter Winter, che si occupa di libertà di religione e diritti umani in Cina, è riuscito ad accedere al piano governativo per le comunità dove sono elencate le categorie prese di mira dalle fasce rosse. Tra di loro ci sono le famiglie che si sono da poco trasferite in un determinato posto, o sono state trasferite, i credenti, coloro che hanno rapporti con il Tibet o lo Xinjiang, una regione autonoma della Cina nord-occidentale dove risiedono minoranze etniche islamiche finite nel mirino del Governo di Pechino per presunti atti terroristici, e vari attivisti nel campo dei diritti civili.
Nel documento governativo, è fatto costante richiamo al controllo costante su questi gruppi e al «rafforzamento delle indagini sui villaggi» e sulle persone ritenute di particolare interesse. Un membro delle ‘fasce rosse’ ha candidamente dichiarato a un giornalista di essere stato addestrato a riferire ogni minimo particolare del comportamento dei residenti della zona, dalla fede praticata a chi frequenta la loro abitazione e, anche, quanto a lungo si trattengono gli eventuali ospiti.
Con questo sistema, i ‘cittadini insospettiti’ hanno potuto denunziare Yundi Li dopo aver osservato l’abitudine di recarsi nell’appartamento di Chaoyang accompagnato da ragazze di bell’aspetto. E così vengono denunciati anche tante coppie gay che non possono vivere liberamente il loro amore, così come coloro che sono perseguitati per cause politiche o religiose.
“Spifferata” anche la religione
Nella regione del Heilongjiang, nel nord-est del Paese, è entrato in vigore il «Sistema di ricompensa per la segnalazione di reati di attività religiose illegali». Chiunque può effettuare una segnalazione ricevendo, come ricompensa, fino a mille yuan. Tale iniziativa ha, formalmente, lo scopo di «assicurare un panorama religioso armonioso e stabile» e di «evitare cluster da Covid-19 frutto degli incontri».
Di fatto, anche se ogni scusa risulta buona per giustificare la delazione, vengono sempre colpite delle categorie di persone non gradite al Governo. Nel dicembre 2017, oltre 500 corrieri del servizio online di food delivery Meituan, nel distretto di Wenjiang, hanno deciso di indossare fasce rosse al braccio. Si sono anche dotati, sul cellulare, di una applicazione apposita, denominata la ‘Rete Rossa di polizia di Wenjiang’, in collegamento diretto con l’apparato della sorveglianza statale.
I corrieri, di fatto, agivano come agenti informatori: se riconoscevano un ‘segnale ostile’ scattavano delle foto e le caricavano sulla app per aggiornare, in presa diretta, la polizia. Risulta evidente, quindi, che le maglie del controllo statale si vanno sempre più stringendo intorno ai cittadini, che si trovano ad essere, al contempo, vittime e carnefici gli uni degli altri.