Un po' donnaiolo, un po' santone il co-fondatore di Twitter ha confermato il suo addio all'azienda. Vi raccontiamo chi è
«Non sono sicuro che qualcuno lo abbia sentito, ma mi dimetto da Twitter». Così, in poche parole, Jack Dorsey ha annunciato al mondo, lunedì 29 novembre, di essersi dimesso dal suo ruolo di amministratore delegato di Twitter, il social di messaggistica breve da lui stesso creato, nel 2006, insieme a Biz Stone, Evan Williams e Noah Glass.
Il suo posto verrà preso da Parag Agrawal, che, fino a ora, ha rivestito il ruolo di direttore tecnico della società, mentre Dorsey continuerà a rimanere nel consiglio di amministrazione fino alla scadenza del suo mandato nel 2022. «Ho deciso di lasciare-ha twittato Dorsey - perché ritengo che la società sia pronta ad andare avanti senza i suoi fondatori. La mia fiducia in Parag è profonda. Il suo lavoro, negli ultimi dieci anni, ha trasformato l’azienda. Sono profondamente grato per le sue capacità e il suo animo. È arrivato il momento per lui di fare da guida».
Da sempre personaggio controverso, per alcuni è un donnaiolo fanatico del lavoro, per altri un guru del vivere sano, Jack Dorsey è stato inserito, nel 2008, dalla rivista Technology Review, pubblicata dal Massachusetts Institute of Technology, nella lista ‘Tr35’ come uno dei più importanti innovatori nel mondo di età inferiore ai 35 anni. Un bel salto in avanti per un giovane di belle speranze, proveniente dalla classe operaia del Missouri.
A 46 anni di età, Dorsey dispone di un patrimonio personale stimato in poco meno di 12 miliardi di dollari e continua a rivestire il ruolo di amministratore delegato di Square, la società di servizi finanziari e di pagamenti attraverso smartphone, da lui stesso fondata nel 2009. Proprio il fatto che Dorsey fosse Ceo di entrambe le società aveva, nel tempo, creato molti malumori tra gli azionisti, e nel 2020 il fondo Elliott Management era arrivato a suggerire le dimissioni di Dorsey prima di procedere a un importante investimento di 1 miliardo di dollari, poi andato a buon fine.
Storia di un cinguettio social
Nato a Saint Louis, il 19 novembre del 1976, da Tom, operaio, e Marcia, casalinga di origini italiane, Jack si diploma al liceo cattolico Bishop Du Bourg High School e all’età di 15 anni sviluppa un gestionale dedicato alle compagnie di taxi. Interessato, fin da giovanissimo, al mondo della tecnologia e dei computer si iscrive alla Missouri University of Science and Technology, per poi cambiare nella New York University, senza però mai giungere alla laurea.
Nel 2000, Jack Dorsey si trasferisce ad Oakland, in California, ed inizia a maturare l’idea di creare una piattaforma che permetta lo scambio di sms attraverso il web. L’idea inizia a prendere vita quando, nel 2006, Dorsey viene a contatto con Odeo, una società che permetteva agli utenti di registrare e condividere podcast, fondata da Biz Stone, Evan Williams e Noah Glass. La società decide di supportare e sviluppare l’idea della piattaforma, dando inizio alla collaborazione che porterà alla nascita di Twitter, il social media più usato da celebrità, politici e intellettuali, riconoscibile per l’ormai iconico logo dell’uccellino azzurro.
Nel 2006 è suo il primo tweet della storia, venduto poi all’asta per una cifra milionaria, in cui scriveva semplicemente “Just setting up my twttr”, sto installando il mio Twitter. Dopo uno stentato inizio, la fortuna della società viene decretata da Barack Obama che, nel 2008, decide di affidare buona parte della sua campagna elettorale proprio a brevi messaggi su Twitter, per poi esplodere definitivamente nel 2010, quando conta più di 105 milioni di utenti in tutto il mondo con un fatturato, stimato nel 2018, di 3,04 miliardi di dollari e di 1,20 miliardi di dollari di utile netto. Dal 2006 al 2008 è stato lo stesso Dorsey a rivestire il ruolo di amministratore delegato di Twitter, per poi abbandonarlo e riassumerlo di nuovo nel 2015, sostituendo Dick Costolo.
Un magnate hi-tech diverso dagli altri
Bello, elegante, spesso fotografato in compagnia di modelle e attrici, Jack Dorsey si discosta dall’immagine del classico nerd, genio dell’informatica. In lui sembrano quasi convivere due anime molto diverse: il miliardario votato alla bella vita, il generoso filantropo e il novello asceta che cura corpo e anima per disintossicarsi dai mali della società moderna.
Si vanta di andare a lavoro a piedi, per concedersi quello che lui stesso ha definito «un periodo liberatorio» e di dedicarsi alla salute del proprio corpo attraverso una dieta ferrea e lunghi periodi di meditazione. Nel 2017 il miliardario completò i dieci giorni di meditazione noti come Vipassanā, insegnati dal maestro S.N. Goenka.
Attraverso tale tipo di meditazione, ci si prefigge la finalità di prendere controllo delle proprie emozioni, riducendole a mere sequenze di fatti, in modo da far scomparire qualsiasi tipo di negatività percepita da chi vi partecipa. Qualche anno fa fecero, invece, discutere una serie di sue affermazioni che si riferivano al regime alimentare che aveva scelto di seguire.
Dorsey dichiarò, infatti, di mangiare prevalentemente cibi non processati e di bere solo acqua e limone o vino rosso, aderendo alla cosiddetta ‘Paleo Dieta’, una filosofia alimentare non accettato dalla comunità scientifica, ricca di grassi e proteine ma povera di carboidrati, calcio e zuccheri.
Disse inoltre di mantenersi in forma facendo bagni nel ghiaccio, che alternava alle sedute di sauna, e di seguire uno schema di allenamento Hiit, High Intensity Interval Training, oltre che 10 minuti al sacco da boxe ogni mattina. In una intervista alla Cnbc, il fondatore di Twitter raccontò di svegliarsi la mattina alle 5, dedicarsi alla meditazione e poi recarsi al lavoro camminando, come detto, un’ora e mezza.
Dorsey affermò inoltre di consumare un solo pasto al giorno, la cena, concedendosi qualche volta anche un po' di cioccolato fondente o del vino rosso, per poi digiunare tutto il weekend, praticando il cosiddetto ‘digiuno intermittente’, divenuto sempre più di moda tra i personaggi famosi con il pallino per il benessere fisico.
Tali dichiarazioni hanno scatenato moltissime polemiche tra i detrattori di Dorsey, accusato di essere un privilegiato che sponsorizza, in maniera poco responsabile, un regime alimentare affatto salutare. In tanti hanno anche insinuato il dubbio che il miliardario possa soffrire di disturbi alimentari ed il giornalista del New York Magazine, Madison Malone Kircher, sostenne che se tali dichiarazioni le avesse fatte una donna sarebbe stata immediatamente tacciata di essere una anoressica.
Un silenzioso filantropo
Di sicuro l’immagine di Dorsey ha contribuito a creare il suo successo, sia che appaia in abiti firmati sia che sfoggi la barba lunga da novello santone. Ciò che invece non è mai cambiato è lo spirito filantropico del miliardario, che da sempre si è caratterizzato per le generose donazioni a favore di progetti a sostegno del diritto allo studio e alla parità di genere.
Nel marzo del 2016, Dorsey finanziò da solo circa 600 diversi progetti di scuole pubbliche in Missouri, registrati presso Donors Choose, una organizzazione no-profit che permette alle persone di sostenere direttamente dei progetti scolastici. Nell’ottobre del 2019, invece, donò 150 milioni di dollari a Team Trees, una raccolta fondi organizzata dallo youtuber Mr Beast per combattere la piaga della deforestazione. Anche grazie all’intervento di Dorsey, vennero successivamente piantati oltre 20 milioni di alberi nelle zone interessate dal problema.
Allo scoppio della pandemia da Covid-19, poi, Dorsey scelse di devolvere l’incredibile cifra di un miliardo di dollari, circa il 28% del suo intero patrimonio, a una serie di programmi di soccorso finalizzate al contrasto del coronavirus. Una cifra capace di far impallidire le attività benefiche di Bill Gates e Jeff Bezos insieme.
L’estrema generosità di Dorsey, però, non è una novità se si considera che, nel 2015, quando Twitter si vide costretta a licenziare l’8% dei suoi dipendenti, il miliardario mise a disposizione 200 milioni di dollari del suo patrimonio, circa un terzo delle sue quote di Twitter, per poter garantire a tutti i lavoratori un indennizzo sufficiente a farli vivere dignitosamente in attesa di un nuovo lavoro. «Non mi interessa come la gente segue i tweet degli altri utenti ma come si interessa alle tematiche che di volta in volta vengono discusse e diffuse», ha detto una volta il miliardario aggiungendo che «la più grande lezione che ho imparato da tutto questo è che bisogna iniziare. Iniziare ora, qui e, magari, in piccolo. Bisogna farla semplice».