Sono ancora numerose le proteste contro il conflitto in Ucraina nelle città russe, ma hanno assunto nuove modalità
In Russia si viene arrestati anche se si sta immobili ad esporre un foglio completamente bianco, oppure se si sventola una confezione di prosciutto. Sembra incredibile ma è quanto accade nel paese dello Zar da quando, con lo scoppio del conflitto in Ucraina, esprimere la propria opinione è ancora più difficile che in passato.
L’invasione dell’Ucraina è stata, fin da subito, condannata non solo dagli storici oppositori di Putin ma anche da tante persone comuni, giovani e anziani, che sono scesi in piazza a manifestare il proprio dissenso. Si conta che più di 8 mila manifestanti siano stati arrestati nelle sole prime due settimane di guerra: giovani che protestavano pacificamente, madri con bambini piccoli e addirittura persone molto anziane come la famosa Yelena Osipova, sopravvissuta all’assedio di Leningrado.
Come è noto, il governo russo ha anche varato una legge ad hoc che punisce, con l’incarcerazione fino a 15 anni e multe salatissime, tutti coloro che vengono accusati di diffondere notizie che «screditano l’esercito e l’operazione speciale», siano essi giornalisti, attivisti o semplici cittadini. Non a caso le prime parole rilasciate dalla giornalista Marina Ovsyannikova, arrestata e multata per aver esibito in televisione un cartello con su scritto “No alla guerra”, sono state «Ho paura per i miei figli».
Per cercare di evitare l’arresto alcuni manifestanti si sono organizzati con cartelli contenenti otto asterischi che sostituiscono le parole russe ‘net voyne’, no alla guerra, ormai censurate
dalla legge contro le fake news approvata lo scorso 4 marzo. Alcuni hanno anche esposto cartelli completamente bianchi ma anche tali forme di protesta sono entrate nel mirino del Cremlino e lo scorso marzo, per esempio, il pacifista Dmitry Reznikov è stato condannato dal Tribunale distrettuale Tverskoy di Mosca a pagare una multa di ben 50 mila rubli, pari a 480 dollari, per aver esposto un cartello con gli asterischi incriminati. Non è andata meglio al ragazzo che, dopo aver comprato al supermercato una confezione di prosciutto marca Miratorg, ha cancellato le ultime 5 lettere della scritta, esponendo così la confezione con la scritta Mir ossia pace.
Una protesta che diventa silenziosa
Dopo il duro giro di vite voluto da Putin sulla libertà di espressione, i manifestanti si sono dovuti organizzare in maniera diversa per poter esprimere il proprio dissenso al conflitto in corso, creando un movimento di resistenza variegato e, in molti caso, davvero fantasioso. Nastri, croci, bamboline, scritte sulle banconote, tutto può essere usato per sensibilizzare, anche solo una piccola parte dell’opinione pubblica russa, che “l’operazione militare speciale” voluta da Putin sia, invece, una guerra d’invasione a tutti gli effetti.
Una forma alternativa di resistenza, divenuta celebre anche in Occidente, è quella ideata dal collettivo pacifista degli studenti denominato Vesna che ha adottato un nastro verde come simbolo della propria silenziosa protesta. Numerosi nastri verdi sono stati appesi ai lampioni della luce, monumenti, sui rami degli alberi, sui cancelli e ovunque sia possibile renderli visibili. Ovviamente coloro che hanno lanciato l’iniziativa sconsigliano vivamente di legarselo al polso, o di portarlo addosso, per evitare di essere perseguitati dalle forze dell’ordine.
La scelta del colore non sarebbe casuale: in primo luogo, il verde è il colore che simboleggia la speranza e, in secondo luogo, ‘zeljonyi’, verde in russo, avrebbe una certa assonanza con Zelenski, il presidente ucraino che scelse proprio il colore verde per la sua campagna elettorale. Secondo alcuni, poi, il verde sarebbe stato scelto quale risultato della miscela di giallo e
blu, i colori della bandiera Ucraina.
Le banconote, vettori di pace
Qualunque sia l’origine di tale scelta, la protesta silenziosa dei giovani pacifisti, apparsa per la prima volta a Ekaterinburg, nella regione degli Urali e poi, diffusasi in molte città della Russia compresa Mosca, va avanti da oltre un mese e la polizia non ha ancora trovato il modo di fermarla. Un’altra forma di protesta messa in atto in Russia si serve delle banconote come strumento per veicolare messaggi di pace. Le ‘banconote sovversive’ erano già state utilizzate in Turkmenistan, nel 2020, per contestare il dittatore Gurbanguly e si era dimostrato uno strumento molto efficace di protesta silenziosa.
Secondo la legge russa le banconote, anche se strappate, forate o sporche «devono essere accettate come mezzo di pagamento da tutte le imprese e organizzazioni indipendentemente dalla proprietà». Per tale motivo, sulle banconote da 100, 500 e 1000 rubli sono state scritte a penna slogan contro la guerra in Ucraina e messe in circolazione come anonimi volantini pacifisti. Su Telegram ci sono diversi gruppi di cittadini che si scambiano idee e proposte su come portare avanti tale forma di protesta, dando consigli quali «la pratica più sicura è semplicemente quella di prelevare contanti al bancomat, firmarli sempre con penne diverse, cercando di cambiare la propria grafia, e usare quelle stesse banconote per pagare dentro i negozi, ottenere nuovi rubli e, dopo aver scritto anche su quelli, metterli nuovamente in circolazione per continuare a diffondere questi messaggi di protesta e di pace».
Nei supermercati, molti cartellini dei prezzi sono stati sostituiti con altri con su scritto «l’inflazione è al punto più alto dal 1998 per colpa della guerra in Ucraina» o «l’esercito russo ha bombardato una scuola a Mariupol con dentro 400 persone». La filosofia adottata da coloro che vogliono esprimere il proprio dissenso nei confronti del Cremlino è quella di abbandonare le grandi proteste di piazza continuando, però, a portare avanti, in ogni modo e forma possibile, messaggi di pace.
Non uomini, ma pupazzi
Nelle strade di Mosca e San Pietroburgo, da diverso tempo, ci sono continue proteste di piazza portate avanti non da uomini ma da pupazzi. Che siano di stoffa, plastilina, argilla, in diversi punti delle città si possono trovare dei minuscoli pupazzetti che portano tra le mani cartelli con messaggi contro la guerra. Molti sono stati colorati di giallo e blu, come la bandiera dell’Ucraina, e sfoggiano simboli pacifisti.
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Si chiama ‘malenkiy piket’, la piccola protesta, e, oltre che dai social media, è stata raccontata anche da The Moscow Times, almeno fino allo scorso metà aprile quando anche questo sito è stato bloccato per una notizia non gradita al regime. Nella pagina Instagram ‘malenkiy_piket’, vengono condivise moltissime foto di questi singolari e colorati manifestanti che, vuoi sugli alberi, nei monumenti o dietro qualche fontana, portano avanti la loro silenziosa ma efficace protesta.
L’iniziativa, partita da un artista russo dall’account @lesievles, è stata poi ripresa, come detto, da centinaia di altre persone, non solo in Russia ma in altri Paesi del mondo, condividendo le foto dei propri pupazzi e peluches manifestanti. Per quanto possa sembrare una scelta più che originale, i pupazzi erano già scesi in strada a protestare in altre occasioni come nel 2012 a Barnaul, in Siberia, dove gli abitanti avevano schierato lungo le strade cittadine una serie di omini Lego e sorpresine degli ovetti di cioccolata Kinder per protestare contro i brogli delle elezioni presidenziali.
Ricreare i crimini di guerra
Negli anni ’80, invece, la volontà di manifestare contro il governo filosovietico era stato delegato dai cittadini di Breslavia, in Polonia, a degli gnomi che, da allora, sono diventati il simbolo della città polacca. C’è chi invece non rinuncia a manifestare di persona, evocando, con la propria arte, le carneficine compiute dall’esercito russo in Ucraina. È il caso di un artista ed attivista russo che, per sensibilizzare la popolazione di Mosca, ha ideato una personale performance in cui, disteso con la faccia in terra e le mani legate dietro la schiena, ha voluto ricreare l’orrore del massacro di Bucha.
L’artista è stato visto in quattro diversi luoghi della città, tra i quali la Cattedrale del Cristo Salvatore dove celebra la liturgia il patriarca Kirill, uno dei più accesi sostenitori di Putin. Il collettivo Resistenza femminista, invece, ha organizzato delle manifestazioni scendendo in strada vestite di nero, in segno di lutto, e lasciando fiori bianchi in giro per a città. Per ricordare i morti di Mariupol hanno invitato i cittadini di Mosca a piantare delle croci nei cortili delle proprie case «in nome dei 5 mila civili uccisi dai bombardamenti sulla città ucraina».
Sembra molto improbabile che tali tipi di proteste possano influire in qualche modo sulle scelte politiche del Cremlino ma rimangono, comunque, una preziosa testimonianza del fatto che in Russia la censura non sia riuscita a spegnere del tutto il senso critico di tante persone.