Tra le milizie che combattono con Mosca in Ucraina anche l'ombra di siriani, libici ed etiopi
«Putin ha fatto molto per noi e ora possiamo aiutarlo noi». Questo è quanto ha riferito al Guardian il nipote di un tenente siriano, arruolatosi come volontario, per combattere a fianco dell’esercito russo in Ucraina. Secondo il quotidiano britannico, che cita fonti dell’intelligence europee, la Russia avrebbe reclutato 50 esperti siriani nella fabbricazione dei famigerati ‘barili bomba’ utilizzati dal regime di Damasco durante la guerra in Siria. Nello specifico, si tratta di fusti di petrolio, serbatoi di carburante o bombole di gas che vengono riempiti di esplosivo e frammenti di metallo per poi essere sganciati da degli elicotteri sull’obiettivo stabilito. Sempre secondo le stesse fonti di intelligence, tali specialisti sono stati condotti in Russia dove, per diverse settimane, hanno affiancato dei funzionari dell’esercito russo, molto probabilmente per aiutarli ad affinare le tecniche di costruzione delle bombe a botte. Il regime siriano è stato anche accusato di aver riempito tali bombe con il cloro e di averle fatte cadere su obiettivi civili, causando centinaia di morti.
I siriani disinnescati dalla contraerea ucraina
Proprio il sostegno dato da Putin al governo di Assad contro le forze di opposizioni siriane starebbe alla base di quel senso di gratitudine di cui si faceva portavoce la persona intervistata dal Guardian. Se però, il regime siriano aveva avuto gioco facile nell’utilizzare tale tipo di bombe, vista la totale assenza di armi antiaeree da parte delle truppe di opposizione ad Assad, in Ucraina la situazione è molto diversa. Come messo in evidenza nell’articolo citato, infatti, le truppe ucraine sono in possesso di missili terra-aria in grado di abbattere jet ed elicotteri russi e contrastare così il pericolo dell’utilizzo dei ‘barili bomba’ sul proprio territorio. Secondo un funzionario europeo, potrebbe essere questo il motivo per cui non si hanno prove evidenti del fatto che i miliziani siriani abbiano attraversato il confine ucraino. «Sappiamo che la capacità c’è, ma se la usano, hanno alte probabilità di perdere. Sapremo chi l’ha fabbricata e potrebbero essere uccisi comunque».
Mercenari pagati fino a 4'000 dollari
Rimane il dato certo che migliaia di soldati siriani si siano offerti per andare a combattere come volontari in Ucraina, ricevendo stipendi compresi tra i 1'500 ed i 4'000 dollari, ossia 20 volte in più di quanto avrebbero ricevuto nel proprio Paese. Sin dai primi giorni di dicembre dello scorso anno, quando ancora i venti di guerra sembravano lontani, il sito dissidente russo Meduza aveva riferito di alcuni reclutatori russi che selezionavano personale con esperienza militare in Siria e in Africa da impiegare a fianco dell’esercito regolare. La notizia era stata ripresa dal New York Times che, il 23 febbraio, aveva parlato di 300 militari spostati nelle province di Donetsk e Luhansk e indirettamente confermata da Oleksiy Danilov, uno dei consiglieri militari di Putin, il quale, lo scorso 20 aprile, aveva affermato che «ce ne sono molti (di siriani) qui e continuano ad arrivare da tutto il mondo. Abbiamo anche le foto». Secondo gli analisti, i combattenti siriani arruolati dal Cremlino non apparterrebbero all’esercito regolare ma sarebbero vicini ai signori della guerra locali e proverebbero, in larga parte, dalla disciolta Bustan, un movimento paramilitare sorretto dal cugino del presidente Assad, Rami Makhluf, o dal 5° corpo d’armata siriano, addestrato dai generali del Cremlino e finanziato direttamente dalla Russia. Quanti miliziani siriani siano stati impiegati effettivamente dall’esercito russo non è dato sapere con certezza. Secondo le affermazioni di Serghej Shoigu, ministro della Difesa russo, i combattenti reclutati sarebbero 16 mila mentre l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, già a metà dello scorso marzo, parlava di 40 mila volontari.
Anche i libici in debito con Mosca
I volontari siriani non sarebbero i soli ad essersi uniti alle truppe di Mosca. Anche in diversi Paesi africani si ha notizia di persone disposte ad arruolarsi per la Russia. Il fenomeno sarebbe molto diffuso in Libia anche se, anche in questo caso, non si hanno notizie certe del reale impiego di questi volontari sul campo di battaglia. Nel marzo scorso, il ministero della Difesa di Kiev aveva diffuso la notizia secondo la quale il capo miliziano della Cirenaica, Kalifa Haftar, sarebbe stato ospite del Cremlino dove avrebbe promesso l’invio di volontari libici per combattere a fianco della Russia in Ucraina. Anche la Libia, come la Siria, avrebbe una sorta di debito di riconoscenza nei confronti della Russia per l’aiuto fornito con il Gruppo Wagner nel rovesciamento del governo voluto dall’Onu a Tripoli. La notizia del patto di solidarietà tra Haftar e Putin sarebbe stato però prontamente smentita dal comando militare di Bengasi. Secondo quanto affermato nel mese di aprile al magazine InsideOver da Tarek Megerisi, analista libico presso l’European Council on Foreign Relations, «è già abbastanza difficile convincere i libici a combattere in Libia. Ma alcuni mercenari del gruppo Wagner se ne sono andati e forse hanno portato con sé siriani e altri».
Wagner, l'esercito ombra di Putin
Se, infatti, non c’è certezza che i volontari libici si siano uniti all’esercito russo, appare certo che, secondo quanto riferito anche dal sito web francese Rfi, i paramilitari della Wagner, dispiegati in diverse basi militari nella Libia orientale, si siano riposizionati nelle sole due basi di Aljufra e Barak Sati. Secondo la testata francese, "centinaia di loro sarebbero stati trasportati in Russia per la guerra in Ucraina. Anche i mercenari siriani pro-regime assunti dalla Wagner per combattere in Libia vengono inviati come rinforzi". Secondo la giornalista Alexandra Jousset, autrice del documentario ‘Wagner, l’esercito ombra di Putin’, molti quadri della società militare privata hanno lasciato, fin dallo scoppio della guerra, anche le basi del Centrafrica. Tali unità, dopo essere partite dal continente africano, sarebbero state assegnate al fronte ucraino per dare sostegno all’esercito regolare in forte difficoltà.
La campagna africana di Mosca
Dal 2015, la Russia è andata a rafforzare la propria area di influenza in Africa operando, con i suoi mercenari, in una dozzina di Paesi africani tra i quali la Guinea Bissau, Rwanda, Angola, Botswana, Zimbabwe e Sudan, con il quale sta stipulando un accordo per la costruzione di una nuova base navale russa sulla costa sudanese del Mar Rosso. La compagnia Wagner ha anche guerreggiato in Libia, Mali e Burkina Faso, nonostante il Cremlino abbia sempre smentito l’esistenza di legami ufficiali con questa società privata. Militari, diplomatici e privati cittadini di nazionalità russa, sono altresì presenti in Burundi, Guinea Conakry e Senegal. Il 20 aprile scorso, molte testate giornalistiche hanno rilanciato la notizia che decine di volontari etiopi hanno fatto la fila ad Addis Abeba per arruolarsi con le truppe russe e andare a combattere in Ucraina. L’agenzia di stampa britannica Reuters, in un suo servizio, ha documentato che centinaia di uomini si stessero registrando con le guardie di sicurezza fuori dall’ambasciata russa, dando prova di aver svolto il servizio militare. Ciò a testimoniare, ancora una volta, come sia forte l’influenza russa in Africa dove Mosca si è voluta porre come modello alternativo a quello europeo, sostanzialmente francese, e statunitense.
Kiev: «Mosca coinvolge etiopi innocenti»
Come sottolineato da diversi analisti, l’Etiopia si è astenuta dal condannare l’invasione russa in Ucraina e ha votato contro la sospensione del Paese presso il Consiglio dei diritti umani dell’Onu. Se poi si pensa che nel settembre 2021 è stato siglato un accordo di cooperazione militare tra Etiopia e Russia, si capisce come tanti volontari etiopi vogliano schierarsi a fianco di quest’ultima nel conflitto in corso. Secondo quanto dichiarato all’epoca dall’ambasciata ucraina in Etiopia «cercando di reclutare giovani etiopi, i russi non dicono a nessuno che dal 18 aprile 2022 oltre 20 mila invasori della Russia hanno già incontrato la morte in Ucraina. Nemmeno le domande di visto e i passaporti di viaggio portati da questi etiopi fermano le spie militari russe che lavorano sotto copertura ad Addis Abeba per coinvolgere giovani e innocenti nell’invasione di Satana dell’Ucraina».