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Riusciremo mai a mangiare una bistecca di grilli?

Due esperti ci spiegano cosa sta succedendo a tavola e come vincere la repulsione di mangiare insetti
Due esperti ci spiegano cosa sta succedendo a tavola e come vincere la repulsione di mangiare insetti

Gusto o disgusto? Cosa dobbiamo aspettarci a tavola in futuro? Riusciremo davvero a mangiare cibo a base di insetti? Il concetto di "novel food" è una realtà che sta prendendo sempre più piede. La popolazione mondiale continua a crescere e cibo per tutti non ce n'è. Cii spiega come vincere la paura di avvicinarci a una bistecca di grilli  Hellas Cena (ProRettore alla Terza Missione dell’Università di Pavia, responsabile del Servizio di Nutrizione Clinica e Dietetica, ICS Maugeri, Presidente Ansisa, già Consigliere scientifico CREA) e Federico Casotto, Designer and Food System Explorer di Design Group Italia.

Cosa sta succedendo o cosa succederà sulle nostre tavole da pranzo?
Hellas Cena: «Stiamo assistendo a un periodo molto particolare nell’ambito della nutrizione, perché si stanno verificando simultaneamente tre grandi problematiche in tutto il mondo: il cambiamento climatico, la prevalenza crescente dell’obesità anche nei paesi in via di sviluppo e una malnutrizione generata da una parte da una dieta povera in nutrienti e dall’altra da una scarsa accessibilità al cibo di qualità. Tale accessibilità potrebbe aumentare a causa di contingenze di tipo sanitario come quella provocata dal Covid, economiche come le ripercussioni della pandemia e, geo-politiche, come i conflitti che stiamo vivendo. Questo scenario in continua evoluzione, parallelamente associato a un prevedibile e progressivo aumento della longevità e numerosità della popolazione destinata ad aumentare di 2 miliardi entro il 2050  comporterà una evoluzione del modello di consumo e delle abitudini alimentari e la necessità di una transizione alimentare verso alternative più sostenibili».

Ciò nonostante, pare che le larve gialle della farina, le locuste migratorie e i grilli continuino a creare polemiche e a spaccare in due l’opinione pubblica. C’è chi le ritiene una valida opzione alle proteine animali e chi le considera invece una “offesa” azzardata alla nostra tradizione gastronomica. Che cosa ne pensa? 
Hellas Cena: «Il consumo di insetti da parte dell’uomo è una pratica alimentare tradizionale in molti Paesi dell’Asia. Il Madagascar, per esempio, è un’isola molto povera che da sempre consuma insetti come fonte proteica. Naturalmente, nessuno dice che i prodotti a base di farina di grillo siano migliori dei prodotti di origine animale a cui noi siamo abituati (carne, uova, latte, pesce, etc), quel che è certo, però, è che il futuro alimentare sarà chiamato a trovare una soluzione a un problema comunque emergente.  Se da una parte dobbiamo ridurre l’impatto che il Food Systems ha sull’emissione di CO2 siccome responsabile di un quarto delle emissioni globali di gas serra dall’altra dobbiamo riconoscere quanto le proteine di origine animale siano state importanti per l’evoluzione dell’uomo e quanto, in virtù della loro composizione amminoacidica, abbiano permesso al cervello di crescere. Di conseguenza, fermo restando che il nostro organismo non può fare a meno delle proteine, credo che il mercato europeo e quello dei Paesi più industrializzati dovrà aprirsi indispensabilmente a fonti proteiche alternative mai considerate prima. Parliamo di proteine da carne o pesce “coltivato” (realizzate al 100% in laboratorio), di quelle di origine vegetale (come i legumi) e animale (come gli insetti)».

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Le attuali normative offrono tutte le garanzie di sicurezza necessarie?
Hellas Cena: «Naturalmente questo sistema di transizione alimentare avrà bisogno di fare ordine in materia di sicurezza e legiferare in funzione di questo. Mi auguro solo che le leggi nell’ambito del cibo potranno essere in armonia tra loro, perché sarebbe ridicola e paradossale la decisione da parte dell'Unione Europea di concedere l’autorizzazione all’immissione sul mercato di farina di grillo domestico solo a certi Paesi del continente. Inoltre, dato che parliamo di alimenti ben più costosi dei tradizionali, non sappiamo ancora né se sarà solo una piccola frangia di popolazione socialmente ed economicamente più avvantaggiata a continuare a mangiare in modo più sano e sostenibile, né quali saranno le ripercussioni a lungo termine sull’uomo e sull’ambiente. Venendo poi al discorso delle aziende storiche produttrici di carne, dovranno trovare una soluzione di transito per andare incontro al cambiamento richiesto dagli SDGs (Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile). Ma non è certamente bloccando il mercato degli insetti che riusciremo a proteggerle».

Parliamo di una semplice moda o a surriscaldare le papille gustative degli europei in futuro sarà proprio questa nuova generazione di alimenti?
Federico Casotto: «Nel 2015 ho organizzato nel nostro studio a Milano (Design Group Italia) un evento sull’uso alimentare degli insetti. Un mio amico, che li alleva da tempo e che organizza cenette per un gruppo ristretto di conoscitori, ci ha portato tre piatti: un chili piccante con larve della farina, una frittura di grilli e infine camole del miele bollite al naturale. Vincere la repulsione è stato abbastanza facile per la maggior parte di noi (gli altri non si sono nemmeno avvicinati alla tavola) e superata quella barriera nessuno ha dato più tanta importanza al fatto che si trattasse di insetti. La discussione si è incentrata presto su questioni di gusto. Il chili era ottimo, ma il contributo delle larve era impercettibile: prevalevano i sapori del pomodoro e del peperone. Grilli interessanti: croccanti con una leggera nota di nocciole. Le camole avevano un sapore blando, lievemente dolce. In generale da un punto di vista gastronomico non è stata un’esperienza esaltante, non perché i piatti fossero disgustosi, anzi, ma perché non erano abbastanza distintivi. Mi aspettavo di più, onestamente, e non muoio dalla voglia di mangiarne ancora. Quindi, per venire alla sua domanda non credo che gli insetti abbiano le qualità per scaldare le papille degli europei».

E poi c'è la questione della presunta e tanto decantata sostenibilità degli insetti commestibili: è culturalmente accettabile e realisticamente adottabile in Europa?  
Federico Casotto: «A quanto mi risulta, c’è un consenso generalizzato sul fatto che le proteine da insetto abbiano un un’impronta ecologica inferiore rispetto alle proteine da bovini e altri animali. L’aspetto più critico potrebbe essere il consumo energetico, legato alla necessità di mantenere le temperature elevate richieste dall’allevamento – ma per minimizzare il problema basterebbe collocare gli impianti in aree geografiche adatte. Quanto all’accettazione dei cittadini europei, bisogna considerare che la maggior parte delle applicazioni prevedono l’uso di farina da insetto, non dell’insetto intero. La farina si ottiene essiccando e poi macinando gli insetti e viene poi impiegata in preparazioni compatibili con i gusti e i disgusti degli europei: biscotti, cracker, barrette proteiche, polpette… Come ho detto l’impatto sul sapore e sulla consistenza è impercettibile, soprattutto perché le formulazioni prevedono percentuali modeste di farina di insetto, nell’ordine del 15%. Prendiamo, per esempio, i cracker di Small Giants, un brand italiano leader in questo mercato: sfido chiunque a riconoscere al palato la presenza di farina di insetti nell’impasto».

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La popolazione globale aumenta di circa 83 milioni di persone ogni anno e gli allevamenti animali su cui si basa la dieta delle popolazioni dei paesi sviluppati non sono più sostenibili. Gli insetti potrebbero rappresentare una valida alternativa per soddisfare il fabbisogno alimentare della popolazione in rapida crescita?
Federico Casotto: «Io direi meglio così: la farina di insetti potrebbe rappresentare una valida integrazione al nostro fabbisogno di proteine nobili, non necessariamente un’alternativa alla carne. Metterla giù nei termini di un’alternativa, come se gli insetti fossero destinati a soppiantare le bistecche, secondo me è un modo sbagliato di impostare il ragionamento, che rischia di generare paure infondate e reazioni irrazionali. Potendo contare su altre fonti di proteine nobili, cioè con un profilo completo di amminoacidi essenziali, potremo permetterci di mangiare meno carne e meno latticini senza compromettere la nostra salute e migliorando la salute del pianeta».

Nell’era dei Novel Food il mercato della carne sintetica è già una realtà in qualche parte del mondo. Anche l’Unione Europea sembra intenzionata a percorrere questa strada. Il futuro sarà coltivato in laboratorio?
Federico Casotto: «È un filone di ricerca affascinante. Da un po’ di anni seguo a distanza l’evoluzione di alcune start-up per vedere fin dove arrivano. Mi piacerebbe molto assaggiare le cotolette o i nugget di pollo “lab-grown” che già si mangiano a Singapore. Non andrò fin laggiù per questo, ovviamente: aspetterò che arrivino un po’ più vicino per comprarle in un ristorante di KFC, magari in Svizzera, visto che qui da noi tira una brutta aria per queste cose. Credo che per i prodotti da fast food o da grande distribuzione, come crocchette, nugget, burger e similari, la carne da laboratorio sarebbe perfetta. Sono cibi industriali che già adesso, nella nostra percezione, sono molto distanti dall’animale di cui son fatti. Penso che il McChicken di McDonalds, per quanto buono lo si possa considerare, non valga la vita di un pollo, quindi ben venga l’alternativa da laboratorio. Per l’arrosto della festa invece continuerò a rivolgermi al piccolo allevamento che conosco sull’appennino bolognese, vicino a Porretta».


Appendice 1

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