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Quei social che ti portano al suicidio

Molly era depressa. I social l'hanno uccisa. Facebook e Instagram sempre più pericolosi. E tra i giovani è allarme dismorfofobia
Molly era depressa. I social l'hanno uccisa. Facebook e Instagram sempre più pericolosi. E tra i giovani è allarme dismorfofobia

La triste fine di Molly - “Un ghetto online senza via di scampo”, così ha definito Ian Russell il dedalo di algoritmi che hanno condotto alla morte la figlia Molly di appena 14 anni. La vicenda è tragicamente nota: nel 2017, la ragazza venne ritrovata senza vita nella sua casa ad Harrow, un sobborgo di Londra. Ispezionando il suo telefono, si scoprì che per mesi gli algoritmi di Pinterest e Instagram avevano proposto alla giovanissima utente contenuti dannosi non richiesti che esaltavano l'autolesionismo, scoraggiando a chiedere aiuto in caso di disagio.

Molly Russel, si è suicidata a 14 anni

Due settimane prima della sua morte, Molly aveva ricevuto una e-mail avente per oggetto il tema della depressione, accompagnata dall'immagine di un rasoio insanguinato mentre, sei mesi prima del suo suicidio, si è appurato che la ragazza ha visionato e salvato oltre due mila post sull'autolesionismo, il suicidio e la depressione. Il 1 ottobre del 2022, il giudice Andrew Walker, coroner nella causa che la famiglia Russell ha promosso contro Instagram e Pinterest, ha riconosciuto che i contenuti proposti dai due social media sono da annoverare tra le cause della morte di Molly Russell. «Il suicidio della giovane - ha scritto Walker - è stato un atto di autolesionismo di chi soffriva di depressione e degli effetti negativi dei contenuti online (...) il suicidio veniva descritto come una conseguenza inevitabile di una malattia da cui non si poteva guarire». Per la prima volta, è stato messo nero su bianco che i social media sono potenzialmente pericolosi per la salute fisica e mentale degli individui che ne fanno uso.

Social pericolosi - Il tema della dipendenza da social media è stato, fino ad oggi, sostanzialmente appannaggio di una circoscritta categoria di esperti che, da anni, ha iniziato a lanciare appelli per il controllo, se non la limitazione, dell'utilizzo di tali strumenti, specialmente in mano a dei minori. Appelli sostanzialmente inascoltati se è vero che, basta aprire un qualsiasi social, per rendersi conto del proliferare di contenuti dannosi che possono essere visti da utenti molto giovani. Anche se molti social media, infatti, richiedono l'autorizzazione del genitore per l'iscrizione, è noto che esistono tantissimi sistemi per eludere la sorveglianza degli adulti e navigare in post dal contenuto sempre più estremo.

Odio razziale e violenza, Facebook fa finta di niente - Risale all'anno scorso, la denuncia fatta da Frances Haugen, ex dipendente di Facebook, secondo la quale «la cosa che ho visto dentro Facebook più e più volte era che c'erano conflitti di interesse tra ciò che era utile per le persone e ciò che era utile per Facebook. E Facebook, più e più volte, ha scelto di ottimizzare i propri interessi, come fare più soldi». Varie inchieste sul tema, hanno poi rivelato come il social network abbia privilegiato i propri profitti rispetto alla lotta contro i contenuti dannosi di cui conosceva perfettamente l'impatto deleterio per la salute mentale delle persone. In un documento riservato, consegnato dalla Haugen al Wall Street Journal, si può leggere chiaramente che Facebook aveva ricevuto un rapporto sui danni psicologici provocati sugli adolescenti da Instagram, ma che non avesse fatto nulla per risolvere il problema. In altri documenti riservati è poi dimostrato come Facebook avesse mentito sui progressi fatti per contrastare contenuti basati sull'odio razziale o di genere, la violenza e la disinformazione. I veri colpevoli, ancora una volta, sono gli algoritmi che, come denunciato dall'ex dipendente, sono stati pensati per aumentare il coinvolgimento delle persone che, per Facebook, corrisponde a pubblicare contenuti che infondano un senso di odio o paura negli utenti.

Algoritmi killer - Si instaurerebbe quindi un circolo vizioso nel quale più le persone utilizzano i social media più sono spinte a farlo da algoritmi pensati appositamente per carpirne i gusti e proporre agli utenti contenuti simili ad altri visti in precedenza. Facebook e Tik Tok, sono tra i social più scaricati al mondo e, a detta di molti esperti, anche tra i più pericolosi con i loro algoritmi capaci di condizionare le scelte e gli orientamenti dei minori, ma anche delle persone adulte.

L'interessante esperimento del Wall Strett Journal - Un esperimento del Wall Street Journal ha mostrato, in maniera chiara ed equivocabile, cosa i social mostrano al proprio pubblico più giovane. Dopo aver aperto alcuni account automatizzati, fingendo che fossero dei profili social di minorenni tra i 13 ed i 15 anni, il quotidiano statunitense ha dimostrato che, ad un proprio account, Tik Tok ha mostrato 59 video sull'uso delle droghe, oltre ad alcuni video promozionali relativi alla vendita online di prodotti farmaceutici. In altri casi sono stati pubblicizzati siti pornografici o prodotti alcolici. Dal canto loro, alcuni dipendenti di Facebook, hanno denunciato che, da tempo, “disinformazione, tossicità e contenuti violenti sono diventati prevalenti tra le ricondivisioni”.

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A rischio la salute mentale - Il mancato controllo da parte delle varie piattaforme sarebbe strumentale a coinvolgere sempre di più le persone in contenuti dannosi per la propria salute mentale. Bisogna anche considerare che nessun algoritmo sarà mai completamente sicuro a causa di una serie di varianti difficilmente controllabili. Se, quindi, il tempo passato a far uso dei social media è già di per sé dannoso per la propria salute fisica e mentale, i contenuti che in essi si trovano completano il quadro di pericolosità. Il pericolo sussiste per le persone adulte, che si dovrebbero presumere maggiormente attrezzate per far fronte al canto delle sirene dei social, e che invece, come si può facilmente osservare, sono totalmente schiavi dei social network. A maggior ragione non si possono non comprendere i danni che una tale sovraesposizione può comportare nei minori ancora in via di sviluppo, sia fisico che cognitivo. Per David Anderson, psicologo clinico presso The Child Mind Institute, una organizzazione no profit statunitense che ha cura della salute mentale dei ragazzi, «i giovani, davanti ad un video di droga potrebbero non avere la capacità di smettere di guardare e non avere adulti di supporto intorno a loro».

A un passo dalla depressione - Più tempo gli adolescenti passano sui social e più è alto il pericolo di sviluppare sintomi depressivi. Gli studi hanno riscontato un'associazione significativa tra depressione e uso dei social. E hanno fatto notare che i bambini e gli adolescenti navigano in Internet per lo più da soli, consultando con assiduità i social media, primi fra tutti Instagram, TikTok e Youtube, con inevitabili conseguenze per la propria vita sociale e interpersonale. La sindrome depressiva, non è l'unico pericolo a cui i minori, ma anche gli adulti, sono sottoposti nell'uso dei social network.

Preoccupante aumento di disturbi alimentari e di ansia - Da anni, ormai, si assiste nei minori ad un preoccupante aumento dei disturbi alimentari a causa della esposizione a dei contenuti che pubblicizzano del cibo malsano e comportamenti alimentari non sani. Se da una parte, quindi, i ragazzi sono sottoposti ad un vero e proprio bombardamento di post sul cibo spazzatura, responsabile dell'incremento dell'obesità in età giovanile, dall'altra parte proliferano i contenuti inneggianti l'anoressia. La rete facilita anche la diffusione del cyberbullismo, a causa del crescente numero di messaggi ostili e aggressivi. Ne conseguono disturbi d'ansia che conducono, in non pochi casi, anche a casi di suicidio. Il vivere quasi costantemente in una realtà virtuale ha condotto le persone ad avere esistenze virtuali, rapporti sociali virtuali e, non ultimo, una propria immagine virtuale.

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È allarme dismorfofobia - Social media come Instagram e TikTok hanno riscritto il concetto di bellezza e conoscenza di sé, e l'uso spasmodico dei filtri sta inducendo sempre più persone a sviluppare problemi di dismorfofobia, ossia la preoccupazione eccessiva e, spesso priva di fondamento, per i propri difetti fisici. Secondo studi recenti, si è appurato che l'85% delle ragazze, fin dalla più tenera età, usa i filtri per modificare il proprio aspetto fisico. Il pericolo, oltre al fatto di dare eccessiva importanza a difetti assolutamente normali, è quello di aderire ad un ideale di bellezza irreale. I filtri, che prima servivano per mitigare alcuni difetti, ora propongono dei veri e propri stravolgimenti fisici: pelle levigata, occhi grandi 'da gatta', ciglia lunghissime e zigomi alti e pronunciati sono gli standard richiesti per essere apprezzate. Il messaggio che passa dall'uso spasmodico dei filtri è che non sia accettabile mostrarsi per come si è in realtà ma, che bisogna conformarsi, per essere socialmente accettati, ad un ideale di bellezza preconfezionato. Si innesca, ancora una volta, un circolo vizioso nel quale le vite patinate degli influencer diventano la pietra di paragone con la quale giudicare la nostra, in un crescendo di ansia e depressione nel caso in cui non ci si trovasse adeguati a tale modello di bellezza.

 


Appendice 1

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Molly Russel, si è suicidata a 14 anni

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