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Luci puntate su uno dei più gravi disastri navali europei

Si torna ad indagare sul misterioso naufragio dell'Estonia dove morirono 989 persone. I loro corpi sono ancora in fondo al mare.
Si torna ad indagare sul misterioso naufragio dell'Estonia dove morirono 989 persone. I loro corpi sono ancora in fondo al mare.

 «Dentro sembrava di essere in trappola. Chi si faceva prendere dal panico continuava ad arrampicarsi e a ricadere indietro(...) era come un film muto. Non sentivo nulla ma vedevo tutto. C'era gente, in un angolo, che aveva rinunciato a combattere. È stato traumatizzante”» Così raccontò, tra le lacrime, Annali Konrad, ballerina a bordo della nave Estonia, ai documentaristi del canale Discovery che hanno curato, nell'autunno del 2020, il documentario 'Estonia: The Find That Changes Everything'.

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Una nave per collegare l'Estonia a Stoccolma - Costruita dall'azienda tedesca Meyer Werft, a Papenburg, la nave entrò in servizio negli anni Ottanta con il nome di Viking Sally, sulla rotta Turku,Mariehanm-Stoccolma, per poi venir assegnata, sulla stessa rotta, dalla compagnia finlandese Silja Line con il nome Silja Star. Nel 1993 la nave venne acquistata dalla compagnia estone Estline, che la utilizzò, con il nome Estonia, per collegare Tallin a Stoccolma. Il 27 settembre 1994, intorno alle 19.15, l'Estonia partì dalla capitale estone, con novecentoottantanove persone a bordo tra passeggeri e membri dell'equipaggio, diretta a Stoccolma, con arrivo previsto per le 9.30 del giorno seguente.

Un mare agitato e onde alte 4 metri - Secondo le ricostruzioni più accreditate, il traghetto navigava in condizioni di mare agitato, con onde alte quattro metri, da molti considerate però normali per il Mar Baltico, quando verso l'una di notte la celata di prua, ossia quella parte che permette ad alcuni tipi di navi di articolare su è giù, cominciò a cedere, staccandosi del tutto un quarto d'ora dopo. Il garage, quindi, fu invaso dall'acqua e ciò causò una forte inclinazione della nave che fece partire il triplice segnale di 'Mayday'. La tragedia si consumò in tempi rapidissimi: la nave continuò ad inclinarsi rapidamente, impedendo alla maggior parte dei passeggeri di mettersi in salvo e, all'una e cinquanta si inabissò nelle fredde acque del Nord, a quaranta chilometri circa dall'isola svedese di Utö. Coloro che si erano già ritirati in cabina, vennero scaraventati, dalla forza dell'acqua, da una parte all'altra della nave, e mentre si diffondeva rapidamente il panico sempre più persone si accalcarono verso le uscite per cercare di assicurarsi una scialuppa di salvataggio.

I racconti dei testimoni - I testimoni del naufragio raccontarono scene terrificanti di passeggeri sbalzati in acqua con le scialuppe mentre la maggior parte di loro, impossibilitati dal mettersi in salvo, rimasero senza via di scampo sulla nave, divenuta una trappola piena d'acqua. Anche coloro che riuscirono a fuggire dovettero però intraprendere una strenua lotta contro le raffiche di vento e le onde alte fino all'arrivo dei soccorsi che troveranno una distesa di corpi galleggianti di persone morte per ipotermia con ancora il giubbotto di salvataggio indossato. Sul luogo del peggior disastro marittimo in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale, giunsero, intorno alle due del mattino, la nave Mariella, seguita dalla Silja Europa e, intorno alle tre di mattina, dagli elicotteri di soccorso.

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Solo 137 persone si salvarono - Le operazioni di salvataggio permisero di salvare solo centotrentasette passeggeri mentre ben ottocentocinquantadue persero la vita nel naufragio, Di questi, vennero recuperati i corpi di novantaquattro passeggeri mentre gli altri, rimasero probabilmente intrappolati nel relitto. Il disastro dell'Estonia colpì moltissimo l'opinione pubblica internazionale e furono moltissime le teorie che si diffusero per spiegare le cause della tragedia.

Le cause della tragedia - Secondo le indagini ufficiali, il naufragio fu causato dalla rottura del portellone di prua dovuta alla scarsa manutenzione della nave, e la responsabilità di ciò venne attribuita alla Finlandia, Svezia ed Estonia. I parenti delle vittime intrapresero anche un contenzioso giudiziario per chiedere un risarcimento di oltre quaranta milioni di euro alla Meyer Werft, come ditta costruttrice dell'imbarcazione, e all'agenzia francese che aveva rilasciato all'Estonia la certificazione di idoneità alla navigazione.

Scarsa sicurezza - I passeggeri sopravvissuti al disastro marittimo confermarono, infatti, che la nave, a dispetto di come veniva presentata, aveva molte falle a livello di sicurezza come diversi giubbotti di salvataggio rotti, personale scarsamente addestrato a fronteggiare le emergenze e delle porte sbarrate che ostacolarono il deflusso delle persone.

Teorie complottiste - Nonostante la versione ufficiale, come detto, si diffusero anche delle teorie alternative che non trovarono mai conferma. La giornalista tedesca Jutta Rabe, ad esempio, così come la rivista britannica New Statesman, sostenne che lo squarcio trovato nel portellone fosse dovuto ad una esplosione e che la nave stesse trasportando del materiale militare. La commissione investigativa, però escluse tale ipotesi e, pur avendo appurato che l'Estonia avesse effettivamente trasportato tale tipo di materiale nei giorni precedenti al disastro, affermò che il 27 settembre la nave trasportava materiale non esplosivo. Nel tempo si parlò anche di un gruppo di sabotatori saliti a bordo per piazzare una carica esplosiva, o di una collisione con un sottomarino, ma tali teorie non trovarono mai alcun tipo di riscontro pratico. Nonostante il passare del tempo, il mistero che aleggia intorno al naufragio dell'Estonia ha continuato ad interessare esperti e semplici curiosi che, nella rinuncia delle autorità a recuperare il relitto, quasi a farne un sepolcro in fondo al mare, vi hanno visto la volontà di non far luce sulla vicenda. Ecco perché, tra mancate verità ed accuse dirette alla commissione d'inchiesta di non aver svolto correttamente il proprio lavoro, sono state rispolverate, di frequente, delle teorie da Guerra Fredda che parlano di misteriose spie e inconfessabili segreti militari.

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Dubbi grazie a un documentario - Nel 2020, come precedentemente detto, venne trasmesso sul canale Discovery un approfondito documentario sul disastro dell'Estonia che fece nascere seri dubbi sui risultati a cui si era giunti nel corso delle indagini ufficiali. Se queste, infatti, si erano concluse imputando al mal funzionamento del portellone il naufragio della nave, i documentaristi scoprirono invece, grazie a delle telecamere posizionate su di un sottomarino teleguidato, uno squarcio lungo circa quattro metri nello scafo della nave. Il ministro dell'Interno svedese Mikael Damberg affermò che “se ci sono nuove informazioni dobbiamo esaminarle e chiarire ogni dubbio” mentre l'ex parlamentare svedese Kent Harsedt, sopravvissuto alla tragedia, si chiese “perché lo squarcio non era stato preso in considerazione nell'indagine precedente”.

Multati due giornalisti in cerca di verità - Nonostante l'ottimo lavoro svolto, i due giornalisti svedesi, autori del documentario Henrik Evertsson e Linus Andersson furono condannati a pagare una esosa multa per aver filmato il relitto che, pur trovandosi in acque internazionali, è protetto dalla legge svedese similmente ad una tomba, dato che centinaia di corpi giacciono al suo interno. A sua discolpa, Evertsson affermò che “il relitto era veramente poco documentato e ciò ha dato spazio a teorie. Era quindi importante cercare di avere un quadro più chiaro della natura del relitto”. In effetti, la scoperta effettuata dai documentaristi venne sottoposta ad una prima indagine che ha portato ad escludere che il naufragio sia stato causato da una esplosione avvenuta a bordo o dallo scontro con un'altra nave. Lo squarcio nella fiancata venne fatto risalire all'impatto con delle rocce nella fase di inabissamento della nave ma rimaneva il fatto che, nel corso degli anni, si era potuto esaminare solo lo portellone ritenuto difettoso.

Iniziate le operazioni di recupero della nave - Invece, è proprio di questi giorni, la notizia che sono finalmente iniziate le operazioni di recupero del relitto che, come riferito dal Post, martedì 25 luglio hanno portato all'estrazione di una rampa di circa dodici tonnellate. Negli anni Novanta il portellone incriminato era stato recuperato e sottoposto ad accertamenti, ma non si era riusciti a recuperare la rampa di carico che era rimasta in fondo al mare. La recente estrazione, invece, permetterà di capire se le conclusioni a cui si era giunti fossero fondate o meno. Le operazioni di recupero, a cui stanno collaborando inquirenti estoni, svedesi e finlandesi, sono state precedute da una fase esplorativa compiuta con un sottomarino e dei robot, impiegati per scavare il fondale attorno alla rampa. Il relitto è stato poi trasportato sulla nave Viking Reach diretta verso il porto estone di Paldiski. I sopravvissuti alla tragedia e i famigliari di chi è deceduto nel naufragio sperano che questa sia la volta buona per aver giustizia e sapere realmente cosa sia successo, sull'Estonia, quella tragica notte di quasi trent'anni fa.


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