Le donne denunciano, ma poi non si arriva a nulla. Tra insabbiamenti e archiviazioni tutte le falle del sistema giudiziario inglese.
L'allarme lo aveva già lanciato il quotidiano britannico The Guardian nel 2019: dietro l'aumento di casi di abusi sessuali rimasti impuniti negli ultimi anni in Gran Bretagna vi sarebbero denunce registrate in maniera poco accurata o a cui si è deciso di non dare seguito. Il 10% di queste sono state archiviate perché mancanti di qualche elemento essenziale per poter procedere. Secondo l'inchiesta condotta dal quotidiano, fra il 2016 e il 2019 risulta che soltanto tre dei trentaquattro comandi territoriali di polizia del Regno Unito abbiano trasmesso all'Ispettorato, in casi di sospetta violenza sessuale, dati completi e accuratamente raccolti. Questo modo di procedere negligente, secondo The Guardian, avrebbe determinato un minimo di diecimila casi di denunce per violenza sessuali cestinati a causa di inadempienze investigative.
Se a stuprare e a uccidere sono i poliziotti - Numeri impressionanti che descrivono una realtà a dir poco preoccupante. La sensazione, condivisa da migliaia di donne, gay e trans britannici di sentirsi privi di una adeguata protezione, si è materializzata nel terribile omicidio di Sarah Everard, il cui corpo è stato rinvenuto dentro un sacco nelle campagne del Kent nell'autunno del 2021. A uccidere la donna, che tornava a casa dopo una serata tra amici, fu Wayne Couzens, agente della Polizia Metropolitana di Londra, condannato all'ergastolo per aver rapito, stuprato e ucciso la donna. Dalle indagini, è emerso che l'uomo aveva abusato del proprio ruolo per fermare la giovane e usato distintivo e manette per simulare un falso arresto. L'omicidio della Everard si può definire uno shock nazionale e ha reso palese che vi è un drammatico problema all'interno delle forze dell'ordine. Il fatto che Couzens fosse soprannominato 'the rapist', lo stupratore, dai colleghi e che avesse a suo carico tre diverse accuse per atti osceni è stato volontariamente ignorato da chi poteva impedirgli di perpetrare altri crimini.
L'investigatore di Scotland Yard che stuprava le donne - In questi ultimi anni, non sono stati pochi i casi di cronaca nera che hanno visto coinvolti dei poliziotti sconvolgendo l'opinione pubblica. Sempre nel 2021, venne arrestato David Carrick, investigatore di Scotland Yard, accusato di aver stuprato decine di donne abusando del proprio ruolo istituzionale. Nel 2023, l'uomo è stato ritenuto colpevole di ben quarantanove capi di accusa: ventiquattro episodi di stupro nei confronti di almeno dodici donne, oltre a diversi episodi di aggressione sessuale e molestie. Anche in questo caso, le massime autorità di polizia non hanno fatto altro che cospargersi il capo di cenere, promettendo un'accurata opera di selezione del personale e una maggiore attenzione a cogliere i segnali di pericolo tra i propri dipendenti, ma la verità è che quelli descritti non siano rimasti comunque dei casi isolati.
Agenti in selfie davanti ai cadaveri - In occasione dell'uccisione delle sorelle Nicole Smallman e Bibaa Henry, la polizia era stata molto criticata per aver operato in modo lento e lacunose e due agenti furono arrestati e condannati per essersi scattati delle foto davanti ai cadaveri delle due donne e per aver diffuso immagini definite “inappropriate” del luogo del delitto. La principale accusa mossa alle forze dell'ordine è stata quella di aver affrontato con superficialità il caso perché vi era coinvolta una donna di colore.
La cultura dello stupro - La Gran Bretagna fa i conti con quello che viene definita “la cultura dello stupro”, la violenza che permea la società e che non permette alle categorie più indifese di sentirsi al sicuro. Il problema è esploso nelle scuole, dove una percentuale altissima di bambine e ragazze hanno dichiarato di essere state molestate o violentate in ambito scolastico, ma è diffuso a tutti i livelli della società, che si parli di donne ai margini ma anche di ragazze bianche, benestanti e “vestite in modo consono”, come nel caso della Everard. Oltre al dramma della violenza, però, si ha anche il problema della mancata denuncia della stessa da parte delle vittime, scoraggiate, nella maggior parte dei casi, dall'atteggiamento respingente e giudicante delle forze dell'ordine.
Un approccio sbagliato - Tale problema venne segnalato, quasi dieci anni fa, dal Bureau of Investigative Journalism, un'agenzia di giornalismo investigativo britannica, che aveva affermato che solo il 13% delle denunce di stupro si concludono con una condanna. Secondo l'agenzia, il 20% delle denunce viene abbandonato dopo esser state portate in giudizio mentre la polizia rinuncia all'attività investigativa nei due terzi di casi di stupro, anche se il carnefice è conosciuto dalla vittima. Come spiegato all'epoca da Betsy Stanko, criminologa della Metropolitan Police di Londra, nelle sue dichiarazioni riportate dal Fatto Quotidiano, “il problema è che la polizia si concentra sulla credibilità della vittima, fattore che è ritenuto vitale per portare avanti le indagini”, e tale atteggiamento “porta a decriminalizzare gli stupri di alcune donne, soprattutto quelle con problemi di dipendenza o mentali”. L'aver bevuto alcol prima della violenza, diminuisce la possibilità di vedere lo stupratore condannato del 45% e la stessa difficoltà a ottenere una condanna si riscontra nel caso la vittima abbia avuto con l'aggressore una precedente relazione o aver precedentemente avuto, con lo stesso, dei rapporti sessuali occasionali consenzienti.
Molestati e bullizzati anche agenti gay e poliziotte - Quanto denunciato oltre dieci anni fa, trova conferma in una recente inchiesta, pubblicata lo scorso 20 marzo, fortemente voluta dalla baronessa Louise Casey, membro della Camera dei Lord, che ha esaminato la condotta degli agenti della polizia metropolitana di Londra. È risultato che il 12% delle poliziotte abbiano subito molestie o abusi sessuali da parte dei colleghi uomini, ma il problema riguarda anche gli agenti omosessuali, presi di mira con atti di bullismo, insulti e minacce dal contenuto omofobo. Il 30% degli agenti LGBTQ+ ha raccontato di essere stato bullizzato per il proprio orientamento sessuale. Nel rapporto, lungo oltre trecento pagine, sono stati documentati anche numerosi casi di razzismo. La misoginia, l'omofobia e il razzismo dilagante tra gli agenti di polizia ha, come è facile capire, riflessi importanti anche a livello sociale, e un agente ha confessato al gruppo di ricerca che a Londra “l'identificazione di possibili soggetti incriminabili per il reato di stupro risulta talmente basso da aver quasi legalizzato il reato”.
Poco ascoltate - Nell'ambito dell'inchiesta è emerso che un numero molto alto di donne vittime di violenza abbia dichiarato di “non essersi sentite sufficientemente ascoltate dagli agenti” che, in diverse occasioni, avrebbero domandato loro “se avessero fatto qualcosa per provocare l'aggressione” o “se avessero fatto tutto il possibile per evitarla”. In molti casi, i poliziotti avrebbe scoraggiato la vittima dal denunciare l'aggressione subita o avrebbero cercato di screditare la vittima chiedendo se “soffrisse di paranoia o problemi di salute mentale”. Le persone di colore, inoltre, avrebbero maggiori probabilità di essere perquisite, ammanettate e manganellate rispetto alla popolazione bianca e di rimanere inascoltate in caso di denuncia.
Un drastico calo nella fiducia delle forze dell'ordine - Un altro grave problema, che si collega con quanto detto prima in merito alla documentazione prodotta in maniera incompleta, riguarda il modo di raccogliere le prove. Un numero rilevante di contenitori frigoriferi, infatti, sono risultati “fatiscenti, rotti e stracolmi di provette di sangue e urina” con il risultato che il materiale raccolto risultava inquinato e quindi inservibile. Secondo Louise Casey, tutti questi aspetti, hanno portato a un drastico calo della fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni con circa il 50% dei londinesi che dicono di fidarsi ancora dell'operato della polizia. Dopo la pubblicazione dell'inchiesta, il primo cittadino di Londra Sadiq Khan ha dichiarato che “oggi è uno dei più bui nei duecento anni di storia di Scotland Yard” scusandosi pubblicamente con i cittadini. Anche il primo ministro Rishi Sunak ha dovuto ammettere che la fiducia nei confronti della polizia è stata “fortemente danneggiata”. Sarà difficile, a questo punto, continuare a sostenere la tesi, portata avanti per molti anni, che si tratta solo di poche mele marce mentre, in realtà, il problema è così drammaticamente diffuso da far chiedere, da più parti, lo scioglimento di questo corpo di polizia.